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Sistema-Liminal di Pierre Huyghe: quando la finzione speculativa è un nuovo mondo possibile
Edoardo Capurro
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 01 Marzo 2025, n. 976
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00976.html
Articolo presentato il 19 Febbraio 2025, accettato il 25 Febbraio 2025 e pubblicato online in data 01 Marzo 2025
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Area Artisti

Abstract

L'articolo analizza la pratica artistica di Pierre Huyghe attraverso la mostra Liminal, recentemente conclusasi a Venezia. Le opere dell'artista francese sono interpretate come finzioni speculative, mondi possibili in cui elementi umani e non-umani interagiscono in sistemi complessi e autonomi. La mostra, articolata in nove sale, esplora il confine tra realtà e finzione, incorporando installazioni, video e ambienti interattivi. L'analisi evidenzia il superamento delle estetiche sistemiche degli anni Sessanta, sottolineando l'influenza di teorie speculative e multinaturaliste. L'arte di Huyghe si configura così come un'esperienza in continua evoluzione, in cui il pubblico diviene parte integrante del processo attivo.

Introduzione

Questo articolo non si propone semplicemente di descrivere una mostra recentemente conclusa, ma tenta, attraverso essa, di analizzare la pratica artistica di Pierre Huyghe. Le sue opere possono essere considerate finzioni speculative: possibili mondi di finzione, altri dal tradizionale, che contengono le riflessioni e le spinte generate dallo stesso artista. Queste opere sono sistemi complessi in cui diversi elementi interagiscono tra loro; la curatela, gli spettatori e il contesto concorrono alla loro riuscita, diventandone parte integrante. L'obiettivo di questo testo è restituire le peculiarità della pratica di Huyghe, mettendola in rapporto con alcune tendenze emerse negli anni Settanta del Novecento e dimostrandone il superamento attraverso specifici elementi innovativi.

La mostra

Liminal è una mostra conclusasi pochi mesi fa a Venezia, presso Punta della Dogana. L'artista protagonista di questo spazio espositivo è Pierre Huyghe, figura di spicco nel panorama artistico contemporaneo. Nato in Francia, attualmente risiede a Santiago del Cile. Attivo dagli anni Ottanta, nel corso della sua carriera ha collezionato premi, partecipazioni alle principali manifestazioni internazionali e il plauso della critica.

Svoltasi dal 17 marzo al 24 novembre del 2024, Liminal suggerisce, già dal titolo, l'idea di uno spazio liminale, che supera i confini della realtà per introdurre il visitatore in un ambiente altro, fatto di percezioni diverse da quelle tradizionali, in cui le certezze sistemiche si incrinano. Lo spazio espositivo si articola in nove sale, con l'aggiunta di due stanze dedicate a opere non realizzate da Huyghe. Le opere, prodotte dal 2013 al 2024, sono disposte su due piani e presentano una varietà di media, come da consuetudine per l'artista francese: video, installazioni, audio e performance demandate. In alcuni casi i confini fisici delle opere sono evidenti, in altri risulta impossibile definirli. L'intera curatela è frutto della collaborazione tra Huyghe e Anne Stenne, curatrice svizzera con cui l'artista ha instaurato un rapporto consolidato negli ultimi dieci anni.

La prima sala ospita tre opere inedite: Estelarium, Portal e Liminal. Queste introducono immediatamente lo spettatore nell'impianto concettuale della mostra. Estelarium è un calco in basalto di un ventre umano gravido, Portal è una porta dotata di un'antenna sensoriale che riceve ed emette informazioni, apprendendo gradualmente dagli elementi che la attraversano, mentre Liminal è una simulazione video in tempo reale. Questi lavori evocano uno stato di transizione: il portale è per definizione un punto di passaggio, il ventre umano gravido rappresenta la soglia tra vita e non-vita, e il basalto richiama la nascita della Terra stessa, essendo una roccia lavica formatasi dal magma esposto all'aria. La simulazione Liminal, infine, è un complesso ambiente abitato da una figura umana senza cervello e senza volto. È rappresentato un mondo transitorio, di passaggio, tra la realtà tangibile e un'entità non umana, ovvero la simulazione stessa. Questa vita non-umana è condizionata e vincolata a ciò che succede nell'ambiente in cui è situata. La sua vita co-dipende dalle azioni che si susseguono nel contesto. Gli spettatori, i loro movimenti e persino la temperatura influenzano l'evoluzione di questa entità, modellandone l'esistenza in tempo reale.

La seconda sala ospita Human Mask del 2014, uno dei lavori più noti di Huyghe negli ultimi anni. Si tratta di un video girato nei dintorni di Fukushima, che esplora ancora una volta il rapporto inestricabile tra entità umane e non-umane. La terza e quarta sala, comunicanti, accolgono quattro vasche della serie degli acquari: Zoodram 6 (fig. 1)

Fig, 1 - Pierre Huyghe, Zoodram 6, 2024, Esther Schipper, Berlin, Courtesy of the artist, Photo: Guillaume Ziccarelli © Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
Fig, 1 - Pierre Huyghe, Zoodram 6
2024, Esther Schipper, Berlin, Courtesy of the artist
Photo: Guillaume Ziccarelli ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro

esposto per la prima volta nel 2013, Circadian Dilemma (El Dia del Ojo) (fig. 2)

Fig. 2 - Pierre Huyghe, Circadian Dilemma (El Dia del Ojo), 2017, Courtesy the artist ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
Fig. 2 - Pierre Huyghe, Circadian Dilemma (El Dia del Ojo)
2017, Courtesy the artist ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro

(fig. 3) del 2017,

Fig. 3 - Pierre Huyghe, Circadian Dilemma (El Día del Ojo), 2017, Courtesy the artist ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
Fig. 3 - Pierre Huyghe, Circadian Dilemma (El Día del Ojo)
2017, Courtesy the artist ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro

Abyssal Plane del 2015 e Cambrian Explosion 19 del 2013. Questi acquari non si limitano a esporre organismi viventi, ma creano ecosistemi complessi in cui gli elementi interagiscono, modificando il proprio stato in funzione dell'ambiente. I vetri, invece di fungere da semplice barriera, diventano elementi dinamici che reagiscono alla presenza dello spettatore, oscurandosi e ridefinendo il rapporto tra chi osserva e chi è osservato.

La quinta sala presenta un'altra opera inedita: Camata; un film autogenerato e montato in tempo reale dall'IA. Il film riprende alcune macchine che sembrano eseguire una sorta di rituale nel deserto di Atacama, in Cile. Al secondo piano, nelle sale sei, sette e otto, si trovano rispettivamente: Fortuna, opera inedita composta da un ventilatore, un sensore di vento sul tetto e del profumo, con la sua struttura, apre la mostra a un sistema più grande, ovvero la città stessa e il mondo intero; Offspring del 2018, un sistema di luci e suoni basato su sensori, che reagisce in modo autonomo agli eventi, cercando di sincronizzarsi con essi; e De-extintion del 2014, cortometraggio di poco più di 12 minuti che racconta il viaggio di una pietra d'ambra attraverso il tempo, mostrando un rapporto di scala che decentra e depotenzia l'umano, materializzando lo spazio e il tempo che separano il presente da materia di un milione di anni fa.

La nona sala contiene UUmwelt-Annlee, progetto che prosegue dal 2018, Cancer Variator del 2016 e Mind's Eyes del 2024. La prima opera è la fusione di due progetti distinti: UUmwelt, che esplora il concetto tedesco di “umwelt”, ovvero l'ambiente percepito da ogni organismo in modo unico, e Annlee, personaggio virtuale acquistato nel 1999 da Huyghe e Philippe Parreno per indagare il tema dei diritti, dell'identità e del suo annullamento provocato dall'industria dello spettacolo. Il progetto presentato in mostra è un video che mostra l'immaginazione umana (umwelt) ricostruita da un'intelligenza non umana (Annlee). Cancer Variator è un incubatore di cellule tumorali che crescono e si riducono in base ai fattori ambientali, mentre Mind's Eyes è una restituzione fisica di un'immagine mentale generata da UUmwelt-Annlee, un aggregato di materiale sintetico e biologico.

Infine, Idiom è un'opera dispersa nell'intero spazio espositivo: una voce artificiale, un linguaggio incomprensibile e delle maschere dorate indossate da individui muti che si muovono nelle varie sale, dotate di sensori che modificano l'idioma in base alle informazioni raccolte in tempo reale. Idiom è una lingua che viene da una realtà altra, costruita al momento da un'intelligenza altra.

Oltre alle opere di Huyghe, la mostra include due sale con lavori di altri artisti: nella Sala delle colonne sono esposti due disegni di Anthony Nosiku Ikwueme, Fire from Eyes del 2014 e Time Length del 2024, artista neurodivergente che attraverso i suoi disegni vuole restituire la propria singolare prospettiva, che appartiene allo spettro plurale della cognizione umana, mentre nel “Torrino” si trova 3 Heads Fountain (3 Andrews) di Bruce Nauman, scelta come eco della recente mostra dedicata all'artista statunitense negli stessi spazi. Quest'ultima è una questione che ritorna più volte all'interno, non solo della mostra, ma della carriera dell'artista francese. Le opere di Huyghe creano legami con i contesti e quindi la loro riattivazione in luoghi differenti è caratteristica imprescindibile. L'eco generato per la mostra di Nauman ha la funzione di ampliare il tempo dell'esposizione Liminal; un tempo che è legato indissolubilmente allo spazio in cui si tiene.

Finzioni speculative

«To expand is to reduce, to affirm is to negate; the problem is how not to let any of these moments crystallize into a position or a program via the fetishism that transforms relations into objects» 1


«The aquarium is a place of separation, normally a collection of different species of different places around the world that are gathered together in a system supposed to be in nature, similar to a museum. I am interested in the strange relationship and separation between the human and a world. They are not encountering each other» 2


Per affrontare l'analisi più specificamente speculativa di questo articolo, è utile partire da queste due citazioni. La prima è tratta dal testo scritto da Marina Vishmidt che accompagna Autoreduction, un progetto di Dora Budor del 2021; la seconda proviene invece da un'intervista tra Huyghe e Allard Van Hoorn del 2011. Sebbene le parole di Vishmidt non si riferiscano direttamente a Huyghe e il lavoro di Budor non venga analizzato in questo contesto, la sua affermazione sembra rispondere perfettamente agli esiti della pratica artistica di Huyghe. Vishmidt è nota per i suoi studi sulla speculazione 3, un tema particolarmente vicino alla ricerca dell'artista francese. Nell'introduzione presente sulla guida alla mostra veneziana si legge infatti:


«Pierre Huyghe si interroga da tempo sul rapporto tra l'umano e il non umano e concepisce le sue opere come finzioni speculative da cui emergono altre forme di mondo possibili. Le finzioni sono per lui «mezzi per accedere al possibile o all'impossibile—a ciò che potrebbe o non potrebbe essere»» 4


Emerge immediatamente il tentativo di Huyghe di creare mondi possibili, finzioni speculative che si configurano come sistemi complessi di elementi cooperanti. Questa pratica attraversa tutta la sua carriera, in particolare gli ultimi decenni. Nel 2008, invitato alla Biennale di Sydney, concepisce un ambiente che risponde di particolari caratteristiche: A Forest of Lines. Nella Concert Hall del Teatro dell'Opera di Sydney, un luogo consacrato a spettacoli e rappresentazioni, l'artista introduce una foresta. Più di cento specie vegetali compongono una vera e propria giungla all'interno dell'imponente sala da concerti. L'obiettivo era creare un esperimento di science fiction:


«The forest or a jungle is something you can't easily define. It is a blurry image, because it's a multitude, heterogeneous and complex that keeps changing. It is an organism. It is a place where you can lose yourself, so it has mystery. (...) The Forest of Lines is a science fiction experiment in a way. When you enter inside the Opera House you encounter an image. You are standing at the top of the space; you are looking down at a canopy covered with mist where the light is like dawn. You are above a valley obscured by clouds. There is a state of calm and confusion at the same time. This blurry image is made of a maze of paths. As you come down the paths, through the maze of trees, you enter the mist and you start to get lost in the forest that seems to have grown over night and still growing ...» 5


La propensione a creare contesti e ambienti in cui lo spettatore partecipa attivamente è una costante nella carriera dell'artista francese. Huyghe riflette sul contesto e lo dimostra chiaramente nella citazione d'apertura: nei suoi lavori inserisce elementi fisicamente e ideologicamente distanti, collocandoli in un ambiente-ecosistema in cui devono necessariamente interagire. Lo spettatore, in questo senso, è altrettanto parte integrante dell'opera. Come l'artista francese stesso afferma: “I don't want to exhibit something to someone, but rather the reverse: to exhibit someone to something” 6. L'edificio o il contesto, in senso più ampio, sono parte di queste opere. Spazi progettati per scopi specifici, come i musei, vengono messi in discussione. Huyghe ne sostiene la non-neutralità: essi narrano una finzione, un messaggio costruito attraverso la composizione degli artefatti che ne costituiscono le collezioni (fig. 4).


Fig. 4 - Pierre Huyghe, Rite of Passage, 2015, Courtesy the artist and The Metropolitan Museum of Art, Photo credit: Hyla Skopitz, The Photograph Studio ©Pierre Huyghe. L'opera è site-specific, realizzata per The Roof Commission del MET nel 2015, non è quindi presente in mostra a Venezia, ma è esempio calzante della pratica di Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
Fig. 4 - Pierre Huyghe, Rite of Passage
2015, Courtesy the artist and The Metropolitan Museum of Art
hoto credit: Hyla Skopitz, The Photograph Studio ©Pierre Huyghe
L'opera è site-specific, realizzata per The Roof Commission del MET nel 2015
non è quindi presente in mostra a Venezia
ma è esempio calzante della pratica di Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro

A Forest of Lines è un'opera che si inserisce in un edificio dedicato alle rappresentazioni musicali e teatrali, contribuendo alla creazione di una nuova dimensione narrativa. Le sue opere non si limitano a esporre il vivente come elemento passivo, ma lo includono come attore attivo nella costruzione del mondo-opera:


«Abbiamo creduto di vivere in un museo del quale eravamo gli unici conservatori (tra l'altro poco attenti allo stato delle collezioni): ecco che ci troviamo invece sul palcoscenico di una pièce teatrale scritta da un collettivo misterioso, ci troviamo ad essere spettatori (testimoni partecipi N.d.A) di un racconto fatto di sparizioni e apparizioni, di lente erosioni e di improvvise estinzioni» 7


Questa osservazione di Nicolas Bourriaud, critico d'arte francese, suggerisce una sorta di metonimia del museo-mondo, una finzione narrativa in cui siamo immersi. Analizzando nuovamente le opere esposte in Liminal, risulta evidente come Huyghe costruisca mondi in continua trasformazione: gli acquari, ad esempio, sono ambienti che raccontano fiction in costante evoluzione, delineate dalle relazioni tra gli elementi presenti. Le simulazioni in tempo reale sono speculazioni non-umane e autonome, che sviluppano la propria narrazione. Anche se Idiom è una lingua non direttamente interpretabile, essa racconta una storia reale.

La realtà, nelle opere dell'artista francese, è continuamente messa in discussione e al contempo valorizzata. Per quanto possa sembrare una contraddizione, Huyghe mostra l'esistenza di molteplici realtà, tutte ugualmente valide; questo perché l'umwelt è unico per ogni organismo, così la realtà. Questo concetto si ricollega alla teoria del “multinaturalismo” – o prospettivismo – dell'antropologo brasiliano Eduardo Viveiros de Castro, secondo cui: “All beings see (‘represent') the world in the same way – what changes is the world that they see8. Ogni essere percepisce la realtà secondo la propria prospettiva, ma il modo di percepire rimane universale. In questo senso, le opere di Huyghe possono essere lette anche attraverso il concetto di worlding 9 della filosofa statunitense Donna Haraway, che sottolinea la co-costruzione dei mondi in modo interdipendente con altri esseri viventi. Non è solo l'essere umano capace o responsabile di costruire la realtà, ma essa emerge dalle interazioni tra umani e non-umani. Non è un caso che Haraway in Staying with the Trouble associ la science fiction alla sua riflessione:


«And so I look for real stories that are also speculative fabulations and speculative realisms. These are stories in which multispecies players, who are enmeshed in partial and flawed translations across difference, redo ways of living and dying attuned to still possible finite flourishing, still possible recuperation. SF is a sign for science fiction, speculative feminism, science fantasy, speculative fabulation, science fact, and also, string figures» 10


Le opere di Huyghe sono quindi esempi concreti di speculative fiction, in cui emergono le sue riflessioni sulla realtà intesa come sistema di elementi cooperanti.

Questo approccio si riallaccia alle teorie di Jack Burnham, che nel 1968, con Systems Esthetics 11, aveva già evidenziato una tendenza dell'arte a spostarsi verso il coinvolgimento dello spettatore e dell'ambiente attraverso opere non-oggettuali. Tuttavia, Huyghe supera questa concezione attraverso elementi chiave: l'inclusione di esseri viventi non-umani, l'insistenza sugli elementi non visibili nel sistema opera e l'autonomia del sistema creato. Infine, come sottolinea Bourriaud:


«In the nineteenth century, Karl Marx declared that the “engine of history” was the working class, ushering in revolutions. In these early years of the twenty-first century, the climate crisis, followed by a lethal COVID pandemic, show us that the engine of contemporary history is no longer a human group, and that it partly sidesteps the order of the visible: what makes our history is the increasingly chaotic interactions between human activities and living matter. We are in fact living inside the direct and indirect effects of these interactions» 12


È la relazione tra attività umana e materia viva, invisibile, a essere il vero “motore” della contemporaneità. Ritorna quindi la citazione d'apertura di Vishmidt: le opere sono le relazioni in atto, e non sono assolutamente ridotte e sintetizzate in oggetti. Huyghe lascia totale autonomia ai mondi che crea, senza intervenire, permettendo alle dinamiche interne di svilupparsi liberamente.

Conclusioni

Alla luce delle speculazioni fatte nel precedente paragrafo, è utile tirare le fila e ricollegarle direttamente alla mostra Liminal. L'evoluzione nella pratica artistica è costante: nessun artista rimane immobile nelle proprie convinzioni e nei risultati raggiunti. L'arte è un continuo moto, un processo di modificazione e dinamismo. Huyghe non fa eccezione: la sua carriera è segnata da momenti in cui il percorso intrapreso ha subito variazioni, senza però stravolgere le idee e le scelte alla base della sua produzione. Al contrario, le ha invece affinate.

Liminal contiene, in qualche modo, quasi tutte le traiettorie che Huyghe ha percorso sia artisticamente sia ideologicamente, rappresentandone una sublimazione, il suo stato dell'arte attuale. Gli acquari, presenti nelle sale 3 e 4, costituiscono una delle serie più celebri e, per loro stessa natura, sono opere senza confini fisici e temporali: vengono riattivate più volte e senza dubbio lo saranno ancora. Il medium video è, sin dagli esordi della sua carriera, uno degli strumenti con cui Huyghe si trova più a suo agio per sperimentare. La mostra raccoglie alcuni tra gli esempi più potenti del suo recente percorso, come Human Musk e De-extinction, ma anche lavori meno recenti, come Annlee, una delle sue prime opere di successo internazionale. L'utilizzo di media differenti, anche all'interno dello stesso lavoro, è caratteristica distintiva di Huyghe, così come la messa in discussione dello spazio espositivo. Le sue opere dialogano tra loro, creando sistemi comunicanti che si espandono e si trasformano continuamente.

Gli aspetti ideologici più significativi della sua ricerca sono altrettanto presenti nell'impianto della mostra. L'intersezione e la relazione tra l'essere umano ed esseri non-umani costituiscono un punto cardine della sua produzione, così come la creazione di ambienti in cui lo spettatore è parte attiva. Centrale è anche l'interesse per lo spazio invisibile all'occhio umano, inteso come forza che muove questi sistemi. Questo concetto, sollevato da Bourriaud, consente il superamento, in campo storico artistico, delle tendenze degli anni Sessanta e Settanta e risuona con alcune ricerche sviluppate in altri campi, convergendo verso un tema comune: la relazione. Mi riferisco, in particolare, alle speculazioni di studiose come Karen Barad e Vandana Singh. La prima, filosofa, teorica e fisica femminista, è nota per la sua teoria del realismo agenziale, secondo cui le entità – umane o non-umane – non sono entità individuali e separate, ma il risultato di intra-azioni, ovvero di relazioni costanti con l'altro. Vandana Singh, fisica e professoressa presso la Framingham State University del Massachusetts, ha scritto nel 2014 Entanglement, un racconto di speculative fiction ispirato al concetto di entanglement quantistico, secondo il quale due particelle microscopiche o due sistemi macroscopici inizialmente interagenti, anche una volta separati, continuano a influenzarsi istantaneamente. In entrambe queste visioni – così come nelle opere di Huyghe – la relazione tra elementi diversi, anche concettualmente distanti, è una forza costante e fondamentale, che genera nuovi risultati e mondi possibili.

L'autonomia che Huyghe concede ai mondi che crea è una caratteristica maturata nel corso della sua carriera e che si manifesta in maniera evidente nella mostra. Gli acquari ne sono di nuovo un chiaro esempio, così come le opere inedite, che insistono sulla possibilità di una vita autonoma non-umana, ma sempre legata alle relazioni con l'altro da sé.

Con Liminal, Huyghe ci mostra i suoi risultati più interessanti, che non sono oggetti fisici finiti, ma ambienti vivi. La mostra rappresenta, dunque, non solo uno spazio liminale da attraversare per poi uscirne, ma anche un luogo capace di estendersi e contaminare altri mondi.


NOTE

1 VISHMIDT, BARKER 2021, p. 1.

2 VAN HOORN 2011.

3 È utile consultare: VISHMIDT 2022. Oppure: VISHMIDT 2019.

4 STENNE 2024.

5 DOUGLAS 2008, p. 2.

6 BOURRIAUD 2019.

7 BOURRIAUD 2020, p. 26.

8 DE CASTRO 1998, p. 477.

9 Concetto contenuto in: HARAWAY 2016.

10 HARAWAY 2016, p. 10.

11 BURNHAM 1968, p. 30.

12 BOURRIAUD 2021.

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