Introduzione
Questo
articolo non si propone semplicemente di descrivere una mostra
recentemente conclusa, ma tenta, attraverso essa, di analizzare la
pratica artistica di Pierre Huyghe. Le sue opere possono essere
considerate finzioni speculative: possibili mondi di finzione, altri
dal tradizionale, che contengono le riflessioni e le spinte generate
dallo stesso artista. Queste opere sono sistemi complessi in cui
diversi elementi interagiscono tra loro; la curatela, gli spettatori
e il contesto concorrono alla loro riuscita, diventandone parte
integrante. L'obiettivo di questo testo è restituire le
peculiarità della pratica di Huyghe, mettendola in rapporto con
alcune tendenze emerse negli anni Settanta del Novecento e
dimostrandone il superamento attraverso specifici elementi
innovativi.
La
mostra
Liminal
è una mostra conclusasi pochi mesi fa a Venezia, presso Punta della
Dogana. L'artista protagonista di questo spazio espositivo è
Pierre Huyghe, figura di spicco nel panorama artistico contemporaneo.
Nato in Francia, attualmente risiede a Santiago del Cile. Attivo
dagli anni Ottanta, nel corso della sua carriera ha collezionato
premi, partecipazioni alle principali manifestazioni internazionali e
il plauso della critica.
Svoltasi
dal 17 marzo al 24 novembre del 2024, Liminal
suggerisce, già dal titolo, l'idea di uno spazio liminale, che
supera i confini della realtà per introdurre il visitatore in un
ambiente altro, fatto di percezioni diverse da quelle tradizionali,
in cui le certezze sistemiche si incrinano. Lo spazio espositivo si
articola in nove sale, con l'aggiunta di due stanze dedicate a
opere non realizzate da Huyghe. Le opere, prodotte dal 2013 al 2024,
sono disposte su due piani e presentano una varietà di media, come
da consuetudine per l'artista francese: video, installazioni, audio
e performance demandate. In alcuni casi i confini fisici delle opere
sono evidenti, in altri risulta impossibile definirli. L'intera
curatela è frutto della collaborazione tra Huyghe e Anne Stenne,
curatrice svizzera con cui l'artista ha instaurato un rapporto
consolidato negli ultimi dieci anni.
La
prima sala ospita tre opere inedite: Estelarium,
Portal e
Liminal. Queste
introducono immediatamente lo spettatore nell'impianto concettuale
della mostra. Estelarium
è un calco in basalto di un ventre umano gravido, Portal
è una porta dotata di un'antenna sensoriale che riceve ed emette
informazioni, apprendendo gradualmente dagli elementi che la
attraversano, mentre Liminal
è una simulazione video in tempo reale. Questi lavori evocano uno
stato di transizione: il portale è per definizione un punto di
passaggio, il ventre umano gravido rappresenta la soglia tra vita e
non-vita, e il basalto richiama la nascita della Terra stessa,
essendo una roccia lavica formatasi dal magma esposto all'aria. La
simulazione Liminal,
infine, è un complesso ambiente abitato da una figura umana senza
cervello e senza volto. È rappresentato un mondo transitorio, di
passaggio, tra la realtà tangibile e un'entità non umana, ovvero
la simulazione stessa. Questa vita non-umana è condizionata e
vincolata a ciò che succede nell'ambiente in cui è situata. La
sua vita co-dipende dalle azioni che si susseguono nel contesto. Gli
spettatori, i loro movimenti e persino la temperatura influenzano
l'evoluzione di questa entità, modellandone l'esistenza in tempo
reale.
La
seconda sala ospita Human
Mask del 2014, uno dei
lavori più noti di Huyghe negli ultimi anni. Si tratta di un video
girato nei dintorni di Fukushima, che esplora ancora una volta il
rapporto inestricabile tra entità umane e non-umane. La terza e
quarta sala, comunicanti, accolgono quattro vasche della serie degli
acquari: Zoodram 6
(fig. 1)
Fig, 1 - Pierre Huyghe, Zoodram 6
2024, Esther Schipper, Berlin, Courtesy of the artist
Photo: Guillaume Ziccarelli ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
esposto per la prima volta nel 2013, Circadian
Dilemma (El Dia del Ojo)
(fig. 2)
Fig. 2 - Pierre Huyghe, Circadian Dilemma (El Dia del Ojo)
2017, Courtesy the artist ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
(fig. 3) del 2017,
Fig. 3 - Pierre Huyghe, Circadian Dilemma (El Día del Ojo)
2017, Courtesy the artist ©Pierre Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
Abyssal
Plane del 2015 e
Cambrian Explosion 19
del 2013. Questi acquari non si limitano a esporre organismi viventi,
ma creano ecosistemi complessi in cui gli elementi interagiscono,
modificando il proprio stato in funzione dell'ambiente. I vetri,
invece di fungere da semplice barriera, diventano elementi dinamici
che reagiscono alla presenza dello spettatore, oscurandosi e
ridefinendo il rapporto tra chi osserva e chi è osservato.
La
quinta sala presenta un'altra opera inedita: Camata;
un film autogenerato e montato in tempo reale dall'IA. Il film
riprende alcune macchine che sembrano eseguire una sorta di rituale
nel deserto di Atacama, in Cile. Al secondo piano, nelle sale sei,
sette e otto, si trovano rispettivamente: Fortuna,
opera inedita composta da un ventilatore, un sensore di vento sul
tetto e del profumo, con la sua struttura, apre la mostra a un
sistema più grande, ovvero la città stessa e il mondo intero;
Offspring
del 2018, un sistema di luci e suoni basato su sensori, che reagisce
in modo autonomo agli eventi, cercando di sincronizzarsi con essi; e
De-extintion
del 2014, cortometraggio di poco più di 12 minuti che racconta il
viaggio di una pietra d'ambra attraverso il tempo, mostrando un
rapporto di scala che decentra e depotenzia l'umano,
materializzando lo spazio e il tempo che separano il presente da
materia di un milione di anni fa.
La
nona sala contiene UUmwelt-Annlee,
progetto che prosegue dal 2018, Cancer
Variator del 2016 e
Mind's Eyes
del 2024. La prima opera è la fusione di due progetti distinti:
UUmwelt,
che esplora il concetto tedesco di “umwelt”, ovvero l'ambiente
percepito da ogni organismo in modo unico, e Annlee,
personaggio virtuale acquistato nel 1999 da Huyghe e Philippe Parreno
per indagare il tema dei diritti, dell'identità e del suo
annullamento provocato dall'industria dello spettacolo. Il progetto
presentato in mostra è un video che mostra l'immaginazione umana
(umwelt) ricostruita da un'intelligenza non umana (Annlee). Cancer
Variator è un
incubatore di cellule tumorali che crescono e si riducono in base ai
fattori ambientali, mentre Mind's
Eyes è una
restituzione fisica di un'immagine mentale generata da
UUmwelt-Annlee,
un aggregato di materiale sintetico e biologico.
Infine,
Idiom
è un'opera dispersa nell'intero spazio espositivo: una voce
artificiale, un linguaggio incomprensibile e delle maschere dorate
indossate da individui muti che si muovono nelle varie sale, dotate
di sensori che modificano l'idioma in base alle informazioni
raccolte in tempo reale. Idiom
è una lingua che viene da una realtà altra, costruita al momento da
un'intelligenza altra.
Oltre
alle opere di Huyghe, la mostra include due sale con lavori di altri
artisti: nella Sala delle colonne sono esposti due disegni di Anthony
Nosiku Ikwueme, Fire
from Eyes del 2014 e
Time Length
del 2024, artista neurodivergente che attraverso i suoi disegni vuole
restituire la propria singolare prospettiva, che appartiene allo
spettro plurale della cognizione umana, mentre nel “Torrino” si
trova 3 Heads Fountain
(3 Andrews) di Bruce
Nauman, scelta come eco della recente mostra dedicata all'artista
statunitense negli stessi spazi. Quest'ultima è una questione che
ritorna più volte all'interno, non solo della mostra, ma della
carriera dell'artista francese. Le opere di Huyghe creano legami
con i contesti e quindi la loro riattivazione in luoghi differenti è
caratteristica imprescindibile. L'eco generato per la mostra di
Nauman ha la funzione di ampliare il tempo dell'esposizione
Liminal; un tempo che è legato indissolubilmente allo spazio in cui
si tiene.
Finzioni
speculative
«To
expand is to reduce, to affirm is to negate; the problem is how not
to let any of these moments crystallize into a position or a program
via the fetishism that transforms relations into objects»
«The
aquarium is a place of separation, normally a collection of different
species of different places around the world that are gathered
together in a system supposed to be in nature, similar to a museum. I
am interested in the strange relationship and separation between the
human and a world. They
are not encountering each other»
Per
affrontare l'analisi più specificamente speculativa di questo
articolo, è utile partire da queste due citazioni. La prima è
tratta dal testo scritto da Marina Vishmidt che accompagna
Autoreduction,
un progetto di Dora Budor del 2021; la seconda proviene invece da
un'intervista tra Huyghe e Allard Van Hoorn del 2011. Sebbene le
parole di Vishmidt non si riferiscano direttamente a Huyghe e il
lavoro di Budor non venga analizzato in questo contesto, la sua
affermazione sembra rispondere perfettamente agli esiti della pratica
artistica di Huyghe. Vishmidt è nota per i suoi studi sulla
speculazione ,
un tema particolarmente vicino alla ricerca dell'artista francese.
Nell'introduzione presente sulla guida alla mostra veneziana si
legge infatti:
«Pierre
Huyghe si interroga da tempo sul rapporto tra l'umano e il non
umano e concepisce le sue opere come finzioni speculative da cui
emergono altre forme di mondo possibili. Le finzioni sono per lui
«mezzi per accedere al possibile o all'impossibile—a ciò che
potrebbe o non potrebbe essere»»
Emerge
immediatamente il tentativo di Huyghe di creare mondi possibili,
finzioni speculative che si configurano come sistemi complessi di
elementi cooperanti. Questa pratica attraversa tutta la sua carriera,
in particolare gli ultimi decenni. Nel 2008, invitato alla Biennale
di Sydney, concepisce un ambiente che risponde di particolari
caratteristiche: A
Forest of Lines. Nella
Concert Hall
del Teatro dell'Opera di Sydney, un luogo consacrato a spettacoli e
rappresentazioni, l'artista introduce una foresta. Più di cento
specie vegetali compongono una vera e propria giungla all'interno
dell'imponente sala da concerti. L'obiettivo
era creare un esperimento di science
fiction:
«The
forest or a jungle is something you can't easily define. It is a
blurry image, because it's a multitude, heterogeneous and complex
that keeps changing. It is an organism. It is a place where you can
lose yourself, so it has mystery. (...) The Forest of Lines is a
science fiction experiment in a way. When you enter inside the Opera
House you encounter an image. You are standing at the top of the
space; you are looking down at a canopy covered with mist where the
light is like dawn. You are above a valley obscured by clouds. There
is a state of calm and confusion at the same time. This blurry image
is made of a maze of paths. As you come down the paths, through the
maze of trees, you enter the mist and you start to get lost in the
forest that seems to have grown over night and still growing ...»
La
propensione a creare contesti e ambienti in cui lo spettatore
partecipa attivamente è una costante nella carriera dell'artista
francese. Huyghe riflette sul contesto e lo dimostra chiaramente
nella citazione d'apertura: nei suoi lavori inserisce elementi
fisicamente e ideologicamente distanti, collocandoli in un
ambiente-ecosistema in cui devono necessariamente interagire. Lo
spettatore, in questo senso, è altrettanto parte integrante
dell'opera. Come
l'artista francese stesso afferma: “I
don't want to exhibit something to someone, but rather the reverse:
to exhibit someone to something” .
L'edificio o il
contesto, in senso più ampio, sono parte di queste opere. Spazi
progettati per scopi specifici, come i musei, vengono messi in
discussione. Huyghe ne sostiene la non-neutralità: essi narrano una
finzione, un messaggio costruito attraverso la composizione degli
artefatti che ne costituiscono le collezioni (fig. 4).
Fig. 4 - Pierre Huyghe, Rite of Passage
2015, Courtesy the artist and The Metropolitan Museum of Art
hoto credit: Hyla Skopitz, The Photograph Studio ©Pierre Huyghe
L'opera è site-specific, realizzata per The Roof Commission del MET nel 2015
non è quindi presente in mostra a Venezia
ma è esempio calzante della pratica di Huyghe. Cortesia di Edoardo Capurro
A
Forest of Lines è
un'opera che si inserisce in un edificio dedicato alle
rappresentazioni musicali e teatrali, contribuendo alla creazione di
una nuova dimensione narrativa. Le sue opere non si limitano a
esporre il vivente come elemento passivo, ma lo includono come attore
attivo nella costruzione del mondo-opera:
«Abbiamo
creduto di vivere in un museo del quale eravamo gli unici
conservatori (tra l'altro poco attenti allo stato delle
collezioni): ecco che ci troviamo invece sul palcoscenico di una
pièce teatrale scritta da un collettivo misterioso, ci troviamo ad
essere spettatori (testimoni partecipi N.d.A) di un racconto fatto di
sparizioni e apparizioni, di lente erosioni e di improvvise
estinzioni»
Questa
osservazione di Nicolas Bourriaud, critico d'arte francese,
suggerisce una sorta di metonimia del museo-mondo, una finzione
narrativa in cui siamo immersi. Analizzando nuovamente le opere
esposte in Liminal,
risulta evidente come Huyghe costruisca mondi in continua
trasformazione: gli acquari, ad esempio, sono ambienti che raccontano
fiction in costante evoluzione, delineate dalle relazioni tra gli
elementi presenti. Le simulazioni in tempo reale sono speculazioni
non-umane e autonome, che sviluppano la propria narrazione. Anche se
Idiom
è una lingua non direttamente interpretabile, essa racconta una
storia reale.
La
realtà, nelle opere dell'artista francese, è continuamente messa
in discussione e al contempo valorizzata. Per quanto possa sembrare
una contraddizione, Huyghe mostra l'esistenza di molteplici realtà,
tutte ugualmente valide; questo perché l'umwelt
è unico per ogni organismo, così la realtà. Questo concetto si
ricollega alla teoria del “multinaturalismo” – o prospettivismo
– dell'antropologo brasiliano Eduardo Viveiros de Castro, secondo
cui: “All beings see
(‘represent') the world in the same way – what changes is the
world that they see”
.
Ogni essere percepisce la realtà secondo la propria prospettiva, ma
il modo di percepire rimane universale. In questo senso, le opere di
Huyghe possono essere lette anche attraverso il concetto di worlding
della filosofa statunitense Donna Haraway, che sottolinea la
co-costruzione dei mondi in modo interdipendente con altri esseri
viventi. Non è solo l'essere umano capace o responsabile di
costruire la realtà, ma essa emerge dalle interazioni tra umani e
non-umani. Non è un caso che Haraway in Staying
with the Trouble
associ la science
fiction alla sua
riflessione:
«And
so I look for real stories that are also speculative fabulations and
speculative realisms. These are stories in which multispecies
players, who are enmeshed in partial and flawed translations across
difference, redo ways of living and dying attuned to still possible
finite flourishing, still possible recuperation. SF is a sign for
science fiction, speculative feminism, science fantasy, speculative
fabulation, science fact, and also, string figures»
Le
opere di Huyghe sono quindi esempi concreti di speculative
fiction, in cui
emergono le sue riflessioni sulla realtà intesa come sistema di
elementi cooperanti.
Questo
approccio si riallaccia alle teorie di Jack Burnham, che nel 1968,
con Systems Esthetics
,
aveva già evidenziato una tendenza dell'arte a spostarsi verso il
coinvolgimento dello spettatore e dell'ambiente attraverso opere
non-oggettuali. Tuttavia, Huyghe supera questa concezione attraverso
elementi chiave: l'inclusione di esseri viventi non-umani,
l'insistenza sugli elementi non visibili nel sistema opera e
l'autonomia del sistema creato. Infine,
come sottolinea Bourriaud:
«In
the nineteenth century, Karl Marx declared that the “engine of
history” was the working class, ushering in revolutions. In these
early years of the twenty-first century, the climate crisis, followed
by a lethal COVID pandemic, show us that the engine of contemporary
history is no longer a human group, and that it partly sidesteps the
order of the visible: what makes our history is the increasingly
chaotic interactions between human activities and living matter. We
are in fact living inside the direct and indirect effects of these
interactions»
È
la relazione tra attività umana e materia viva, invisibile, a essere
il vero “motore” della contemporaneità. Ritorna quindi la
citazione d'apertura di Vishmidt: le opere sono le relazioni in
atto, e non sono assolutamente ridotte e sintetizzate in oggetti.
Huyghe lascia totale autonomia ai mondi che crea, senza intervenire,
permettendo alle dinamiche interne di svilupparsi liberamente.
Conclusioni
Alla
luce delle speculazioni fatte nel precedente paragrafo, è utile
tirare le fila e ricollegarle direttamente alla mostra Liminal.
L'evoluzione nella pratica artistica è costante: nessun artista
rimane immobile nelle proprie convinzioni e nei risultati raggiunti.
L'arte è un continuo moto, un processo di modificazione e
dinamismo. Huyghe non fa eccezione: la sua carriera è segnata da
momenti in cui il percorso intrapreso ha subito variazioni, senza
però stravolgere le idee e le scelte alla base della sua produzione.
Al contrario, le ha invece affinate.
Liminal
contiene, in qualche modo, quasi tutte le traiettorie che Huyghe ha
percorso sia artisticamente sia ideologicamente, rappresentandone una
sublimazione, il suo stato dell'arte attuale. Gli acquari, presenti
nelle sale 3 e 4, costituiscono una delle serie più celebri e, per
loro stessa natura, sono opere senza confini fisici e temporali:
vengono riattivate più volte e senza dubbio lo saranno ancora. Il
medium video è, sin dagli esordi della sua carriera, uno degli
strumenti con cui Huyghe si trova più a suo agio per sperimentare.
La mostra raccoglie alcuni tra gli esempi più potenti del suo
recente percorso, come Human
Musk e De-extinction,
ma anche lavori meno recenti, come Annlee,
una delle sue prime opere di successo internazionale. L'utilizzo di
media differenti, anche all'interno dello stesso lavoro, è
caratteristica distintiva di Huyghe, così come la messa in
discussione dello spazio espositivo. Le sue opere dialogano tra loro,
creando sistemi comunicanti che si espandono e si trasformano
continuamente.
Gli
aspetti ideologici più significativi della sua ricerca sono
altrettanto presenti nell'impianto della mostra. L'intersezione e
la relazione tra l'essere umano ed esseri non-umani costituiscono
un punto cardine della sua produzione, così come la creazione di
ambienti in cui lo spettatore è parte attiva. Centrale è anche
l'interesse per lo spazio invisibile all'occhio umano, inteso
come forza che muove questi sistemi. Questo concetto, sollevato da
Bourriaud, consente il superamento, in campo storico artistico, delle
tendenze degli anni Sessanta e Settanta e risuona con alcune ricerche
sviluppate in altri campi, convergendo verso un tema comune: la
relazione. Mi riferisco, in particolare, alle speculazioni di
studiose come Karen Barad e Vandana Singh. La prima, filosofa,
teorica e fisica femminista, è nota per la sua teoria del realismo
agenziale, secondo cui
le entità – umane o non-umane – non sono entità individuali e
separate, ma il risultato di intra-azioni,
ovvero di relazioni costanti con l'altro.
Vandana Singh, fisica e professoressa presso la Framingham State
University del Massachusetts, ha scritto nel 2014 Entanglement,
un racconto di speculative
fiction ispirato al
concetto di entanglement quantistico, secondo il quale due particelle
microscopiche o due sistemi macroscopici inizialmente interagenti,
anche una volta separati, continuano a influenzarsi istantaneamente.
In entrambe queste visioni – così come nelle opere di Huyghe –
la relazione tra elementi diversi, anche concettualmente distanti, è
una forza costante e fondamentale, che genera nuovi risultati e mondi
possibili.
L'autonomia
che Huyghe concede ai mondi che crea è una caratteristica maturata
nel corso della sua carriera e che si manifesta in maniera evidente
nella mostra. Gli acquari ne sono di nuovo un chiaro esempio, così
come le opere inedite, che insistono sulla possibilità di una vita
autonoma non-umana, ma sempre legata alle relazioni con l'altro da
sé.
Con
Liminal,
Huyghe ci mostra i suoi risultati più interessanti, che non sono
oggetti fisici finiti, ma ambienti vivi. La mostra rappresenta,
dunque, non solo uno spazio liminale da attraversare per poi uscirne,
ma anche un luogo capace di estendersi e contaminare altri mondi.
NOTE
BIBLIOGRAFIA
BOURRIAUD
2019
Nicolas
BOURRIAUD, Coactivity:
Between Human and Non-human,
in “Flash Art”, 9 September 2019.
BOURRIAUD
2020
ID.,
Inclusioni.
Estetica del Capitalocene,
Milano, postmedia books, 2020.
BOURRIAUD
2021
ID.,
Materialist
Invisibility: Art As Organic Development In Pamela Rosenkranz's
Work,
in “Flash Art”, 14 September 2021.
BURNHAM
1968
Jack
BURNHAM, Systems
Esthetics,
Artforum 7, no.1, September 1968, pp 30-35.
DE
CASTRO 1998
Eduardo
Viveiros DE CASTRO Cosmological Deixis and Amerindian Perspectivism,
in “The Journal of the Royal Anthropological Institute”,
Settembre 1998, Vol. 4, No. 3, pp. 469-488.
DOUGLAS
2008
Amilia
DOUGLAS, A
Forest of Lines: An Interview with Pierre Huyghe,
Sydney, Electronic Melbourne Art Journal, 2008.
HARAWAY
2016
Donna
HARAWAY, Staying
with the Trouble: Making Kin in the Chthulucene,
Durham and London, Duke University Press, 2016.
STENNE
2024
Anne
STENNE, Pierre
Huyghe. Liminal,
Venezia, Marsilio Arte, 2024.
VAN
HOORN 2011
Allard
VAN HOORN, Pierre
Huyghe: the moment of suspension,
domus web, 2011.
VISHMIDT
2019
Marina
VISHMIDT, Speculation
as a Mode of Production: Forms of Value Subjectivity in Art and
Capital,
Leiden & Boston, Brill, 2019.
VISHMIDT,
BARKER 2021
ID.,
Noah BARKER, Autoreduction,
Milano, Mousse Publishing, 2021.
VISHMIDT
2022
ID.,
Documents
of Contemporary Art. Speculation,
London & Cambridge, Whitechapel Gallery & The MIT Press,
2022.
|