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Artemisia va a Parigi. Tra capolavori e nuove attribuzioni: una recensione
Susanna Winkler
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 13 Aprile 2025, n. 979
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00979.html
Articolo presentato il 04 Aprile 2025, Accettato l'8 Aprile 2025 e pubblicato il 13 Aprile 2025
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Area Mostre

Abstract

L'articolo ha l'obiettivo di recensire la mostra Artemisia Héroïne de l'art, inaugurata lo scorso 18 marzo e aperta fino al 3 agosto dell'anno corrente, al Musée Jacquemart-André di Parigi. L'esposizione presenta opere di Artemisia Gentileschi, pittrice del Seicento romano, che contribuì alla diffusione del caravaggismo in Italia e in Europa, nella prima metà del Seicento. Ripercorre la carriera di Artemisia, dagli esordi fino agli anni Quaranta del Seicento, attraverso le sue tele e la sua biografia. Nel percorso espositivo alcuni dipinti del padre accompagnano le prime opere della pittrice, di cui è interessante il confronto proposto dai curatori, e l'Incoronazione di Spine caravaggesca, molto dibattuta dalla critica sin dal momento della sua riscoperta.

Le tele della protagonista della mostra sono di provenienza internazionale, nonché opere già in collezione privata o battute all'asta negli ultimi anni. Per questo motivo, si evidenzia un notevole incremento del corpus pittorico dell'artista, con opere presentate al pubblico per la prima volta in occasione di questa esposizione parigina. La mostra ripercorre le committenze per le grandi corti europee, passando a un confronto tra padre e figlia, che si dedicarono frequentemente a temi che presentano eroi ed eroine biblici. Come lei, donna pittrice in un mondo ancora non facilmente accessibile, le figure femminili sono protagoniste e le permettono di raccontare la drammaticità, e allo stesso tempo la potenza, della sua esistenza.

«D'Orazio Gentileschi rimase in queste nostre parti una figliuola vaghissima d'aspetto, e valente pittrice quanto mai altra femmina» 1. Così Filippo Baldinucci introduce la vita di Artemisia, ammirata artista anche nel suo secolo. E così come nel Seicento, la Gentileschi ha il potere di catturare il pubblico, con le sue sante, eroine bibliche e ritratti di illustri personaggi, ma anche con il racconto del suo trascorso travagliato, che ha reso la sua figura simbolica. Così, anche la mostra Artemisia Héroïne de l'art, inaugurata lo scorso 18 marzo e aperta fino al 3 agosto, al Musée Jacquemart-André di Parigi, propone al pubblico francese alcuni dei capolavori di Artemisia, insieme a tele del padre Orazio e a un dipinto di Caravaggio. Con la cura di Patrizia Cavazzini, Maria Cristina Terzaghi e Pierre Curie, l'esposizione presenta opere di provenienza internazionale, nonché conservate in collezione privata; tra queste, la mostra si presenta ricca di dipinti di recente attribuzione, emersi sul mercato antiquario negli ultimi anni e ancora mai visti dal pubblico 2.

L'esposizione si apre con il noto ritratto eseguito dal pittore Simon Vouet, datato tra il 1622 e il 1626 e conservato in Palazzo Blu, a Pisa. L'effigie di Artemisia è piuttosto nota agli studi, in cui si segnalano e si ipotizzano numerosi autoritratti dell'artista, in veste ora di Allegoria della Pittura ora come Santa Caterina d'Alessandria, ora come Suonatrice di liuto (quest'ultimo presente in mostra), ma c'è una rappresentazione che colpisce particolarmente ed è tuttora difficile da decifrare: si tratta del disegno di Leonaert Bramer, eseguito all'inizio degli anni Venti, quando la Gentileschi fece rientro a Roma dopo la parentesi fiorentina 3. Più avanti nel percorso espositivo, la piccola figura colpisce – non solo perché l'artista è ritratta con i baffi – ma anche perché dimostra quanto Artemisia fosse inserita in un ambiente generalmente poco accessibile alle donne: è ritratta allo stesso modo di alcuni artisti Bentvueghels, pittori principalmente olandesi residenti a Roma 4, che probabilmente la Gentileschi dovette incontrare.

È certo che dovette incontrare e vedere le opere dei colleghi, di cui si mostra all'altezza, come confermano le opere della prima sala, appartenenti alle committenze per le grandi corti europee. Sono opere di grande formato Ester e Assuero (Fig. 1),

Fig. 1 - ARTEMISIA GENTILESCHI, Esther davanti ad Assuero, 1628 ca., Olio su tela, 208,3 × 273,7 cm., New York, Metropolitan Museum of Art, Cortesia Metropolitan Museum of Art
Fig. 1 - ARTEMISIA GENTILESCHI, Esther davanti ad Assuero, 1628 ca.
Olio su tela, 208,3 × 273,7 cm., New York, Metropolitan Museum of Art
Cortesia Metropolitan Museum of Art

presumibilmente realizzata durante il periodo veneziano, e la più tarda Achille tra le figlie di Licomede, di recente attribuzione; insieme a queste tele, sul soffitto della stessa sala, si può ammirare una riproduzione dell'opera eseguita da padre e figlia per la House of Delight, in Inghilterra, intorno al 1638. Anche l'Allegoria dell'Inclinazione, esposta successivamente nella mostra, esprime l'interesse di una delle corti più nobili come quella di Toscana per il cui Granduca dipinse anche altre opere.

Uno dei punti forti della mostra è la sala Père et fillePadre e figlia, in cui si confrontano alcuni dei capisaldi della giovinezza della pittrice insieme ai lavori del padre Orazio. La prima opera della pittrice, la Susanna e i vecchioni di Pommersfelden, datata al 1610, è messa a confronto con una precedente composizione paterna, il Davide e Golia di Dublino, da cui la giovane pittrice ricalca la posizione della testa del giovane pastore divenuto eroe. La vicenda narrata nel Libro di Daniele, che ha come protagonista la bella Susanna, fu affrontata ripetutamente da Artemisia e anche l'ultima opera nel percorso espositivo rappresenta una versione tarda del tema. Ma non si tratta dell'unica storia biblica d'interesse per Artemisia e anche per il padre Orazio: la figura di Giuditta è emblematica nel percorso dei due artisti. L'eroina dell'omonimo Libro è rappresentata nei due momenti cruciali della vicenda, durante e subito dopo la decapitazione: in questa occasione i curatori hanno scelto di confrontare due quadri che rappresentano il secondo frame della vicenda. Di Orazio si presenta una versione precedente e più modesta della versione oggi conservata al Museo Nazionale di Oslo (Fig. 2);

Fig. 2 - ORAZIO GENTILESCHI, Giuditta e la serva, 1612 ca., Olio su tela, 131 x 101 cm., Bilbao, Museo de Bellas Artes Don d'Óscar Alzaga Villaamil. Fotografia di Susanna Winkler
Fig. 2 - ORAZIO GENTILESCHI, Giuditta e la serva, 1612 ca.
Olio su tela, 131 x 101 cm., Bilbao, Museo de Bellas Artes Don d'Óscar Alzaga Villaamil
Fotografia di Susanna Winkler

di Artemisia è mostrata la tela in Palazzo Pitti, elaborata durante il soggiorno fiorentino, nel 1615 per l'appartamento della Granduchessa Vittoria della Rovere: un'opera magistrale nel percorso della pittrice, che rappresenta l'eroina e la sua serva forse colte in un attimo di preoccupazione, come si vede dagli occhi della prima, diretti verso qualcosa che sta oltre il perimetro della tela 5.

Se il confronto tra padre e figlia riesce a mostrarci la maestria della pittrice nel rappresentare il dramma, non si può prescindere dal sottolineare la presenza, nella sala successiva, di un dipinto di Caravaggio, amico di Orazio e grande influenza nelle carriere di entrambi i Gentileschi. Si presenta in mostra la dibattuta Incoronazione di Spine della Banca Popolare di Vicenza, ritenuta copia da Longhi 6, ma accettata dalla critica a seguito della proposta avanzata da Mina Gregori nel 1976 7. Recentemente, Alessandro Zuccari ha respinto l'opera ritenendo troppo rozza «l'esecuzione dei tre aguzzini e della veste di Cristo» 8. Artemisia viene confrontata con il maestro lombardo attraverso un bellissimo David con la testa di Golia, riemerso recentemente e attribuitole da Riccardo Lattuada 9: un eroe al maschile, che combatte con un gigante come la sua prediletta Giuditta fa contro Oloferne.

Non è l'unica novità nel percorso espositivo: nella sala riservata ai ritratti, si può vedere un piccolo dipinto circolato nel mercato antiquario fiorentino come opera di un artista olandese, ma attribuito in questa occasione alla pittrice romana e intitolato Tête d'héroïne Testa d'eroina (Fig. 3):

Fig. 3 - ARTEMISIA GENTILESCHI, Testa d'Eroina, Intorno al 1620, Olio su tela, 48 × 38 cm., Belgio, collezione privata, Fotografia di Susanna Winkler
Fig. 3 - ARTEMISIA GENTILESCHI, Testa d'Eroina, Intorno al 1620
Olio su tela, 48 × 38 cm., Belgio, collezione privata
Fotografia di Susanna Winkler

forse è un po' azzardato supporre che si tratti di un'eroina biblica questo volto di giovane donna abbigliata con una camicia e un manto marrone, accompagnati da una collana e un pendente, entrambi di perle. Lo sguardo è fiero e intenso, ma il ritratto deve essere più concretamente assegnato a quello di una giovane gentildonna romana vestita secondo la moda dell'epoca.

Non solo personaggi mitici, ma anche santi, come le due versioni della Maria Maddalena: quella conservata presso la Cattedrale di Siviglia, d'ispirazione caravaggesca, è stata dibattuta dalla critica in merito alla possibilità dell'esecuzione da parte di Artemisia o di un copista. Anche quest'opera viene attribuita a lei nell'occasione corrente, in quanto si suppone possa trattarsi proprio della versione commissionata dalla famiglia spagnola Afán de Rivera 10. L'altra versione, anch'essa inedita e passata in asta presso Robilant+Voena, secondo Terzaghi in catalogo, potrebbe coincidere con una delle due versioni del soggetto promesse, e poi inviate, all'amante Francesco Maria Maringhi.

L'ultimo grande capitolo della mostra è rivolto al tema di Eros e Thanatos, cui è associato un momento cruciale della sua esistenza: lo stupro di cui fu vittima all'età di diciassette anni, compiuto dall'artista romano Agostino Tassi, con le conseguenti vicende giudiziarie ormai molto note. Giustamente, si tratta di un evento così cruciale che non può essere omesso dalla trattazione e dall'esposizione, ma, contrariamente ad altri eventi recenti che hanno avuto come protagonista la pittrice, non è messo in risalto, perché, come dovrebbe essere in un'esposizione d'arte, l'attenzione è rivolta alle opere. Ancora una volta, il focus è sulle eroine femminili, ritratte a figura intera ed estremamente sensuali. Come Giaele e Sisara delle collezioni ungheresi: il racconto del Libro dei Giudici rappresenta un'iconografia nota all'inizio del Seicento, come possiamo vedere attraverso altre versioni del tema, elaborate nella Penisola e attribuite a Simon Vouet (Robilant+Voena), a Giuseppe Vermiglio (Milano, Accademia Ambrosiana) e all'artista Jacopo Vignali (Sotheby's New York, 29 gennaio 2016), che lavorava a Firenze nella cerchia di Michelangelo Buonarroti il Giovane 11, lo stesso per cui Artemisia dipinse l'Allegoria dell'Inclinazione, oggi in Casa Buonarroti. O come le tre sensuali e intense Cleopatra, appartenenti a tre altrettante fasi della sua carriera e provenienti dalla collezione Cavallini-Sgarbi, dalla Galerie G. Sarti di Parigi e di collezione privata.

La mostra è, in conclusione, interessante soprattutto per la quantità di dipinti inediti di cui è corredata: la luce di Artemisia si scopre proseguendo nel percorso, la storia dell'artista è ben raccontata. Si passa dal periodo fiorentino, alla maturità romana, verso il primo soggiorno napoletano e le committenze prestigiose. Manca una maggior attenzione alla fase più tarda, quella che precede la morte dell'artista, ma forse la scelta dei curatori è stata dettata dalla volontà di non ripetere quanto esposto a Napoli nel 2023.

Insieme alla mostra, accessibile al pubblico fino al 3 agosto 2025, è possibile visitare anche la collezione permanente del Musée Jacquemart-André, aperto dal lunedì al giovedì dalle 10 alle 18, il venerdì dalle 10 alle 22, il sabato e la domenica dalle 10 alle 19.



           

NOTE

1 BALDINUCCI 1681, p. 713.

2 Artemisia 2025.

3 Artemisia 2020, p. 57; Artemisia 2023, p. 21.

4 VALENTIN 2016, p. 17.

5 Artemisia 2025, p. 106.

6 LONGHI 1928.

7 GREGORI 1976, p. 671-680.

8 ZUCCARI 2022, p. 367.

9 LATTUADA 2017, p. 187; p. 190, fig. 6; p. 193.

10 Artemisia 2025, p. 154.

11 FABBRI 2020.


           

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Artemisia 2020

Artemisia (Catalogo della Mostra, Londra, 3 ottobre 2020 – 24 gennaio 2021) a cura di L. Treves, Londra, National Gallery Company, 2020

Artemisia 2023

Artemisia Gentileschi tra Roma, Firenze e Napoli (Catalogo della Mostra, Napoli, 29 aprile – 3 luglio 2023) a cura di R. Lattuada, P. L. De Castris, Roma, Elio de Rosa, 2023

Artemisia 2025

Artemisia: héroïne de l'art (Catalogo della Mostra, Parigi, 19 marzo - 3 agosto 2025), a cura di P. Cavazzini, M. C. Terzaghi, P. Curie, Bruxelles, Parigi, Fonds Mercator, 2025

BALDINUCCI 1681

Filippo BALDINUCCI, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, vol. III, a cura di F. Ranalli, Firenze, per V. Batelli e Compagni, 1846, pp. 713-716

Dentro Caravaggio 2017

Dentro Caravaggio (Catalogo della Mostra, Milano, 29 settembre 2017 – 28 gennaio 2018), a cura di R. Vodret, Milano, Skira, 2017

FABBRI 2020

Maria Cecilia FABBRI, Vignali, Jacopo, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 99, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 2020

GREGORI 1976

Mina GREGORI, Addendum to Caravaggio. The Cecconi “Crowning with Thorns” Reconsidered, in “The Burlington Magazine”, vol. 118, Londra, Burlington Magazine Publ., 1976, pp. 671-680

LATTUADA 2017

Riccardo LATTUADA, Unknown Paintings by Artemisia in Naples and New Points Regarding her Daily Life and Bottega, in “Artemisia Gentileschi in a Changing Light”, Turnhout, Harvey Miller Publishers, 2017, pp. 187-216

Valentin 2016

Valentin de Boulogne - beyond Caravaggio (Catalogo della Mostra, New York, 7 ottobre 2016 - 16 gennaio 2017), a cura di A. Lemoine, K. Christiansen, New York, The Metropolitan Museum of Art, 2016

ZUCCARI 2020

Alessandro ZUCCARI, Cantiere Caravaggio, questioni aperte, indagini, interpretazioni, Roma, De Luca editori d'arte, 2022, p. 367




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