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Santi di Tito e l'arte del ritratto. Una nuova effige e una possibile serie dei senatori fiorentini
Lara Scanu
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 Settembre 2025, n. 983
https://www.bta.it/txt/a0/09/bta00983.html
Articolo presentato il 24 Agosto 2025, accettato in data 08 Settembre 2025 e pubblicato in data 11 Settembre 2025
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Abstract

Partendo dalla ricostruzione biografica di Santi di Tito, pittore fiorentino tra i più importanti della seconda metà del Cinquecento, il breve contributo presenterà un nuovo ritratto - probabilmente di Bartolomeo Panciatichi - riemerso qualche anno fa sul mercato antiquario. Al contempo, verrà formulata l'ipotesi di una possibile serie di effigi dei senatori fiorentini realizzate dall'artista e dalla sua bottega, ora labilmente ricostruibile tra vari esemplari conservate in collezioni private e vari musei del mondo.

Secondo le teorie sostenute da Francisco de Hollanda, Giovanni Paolo Lomazzo e Gabriele Paleotti, il ritratto, primo tra i generi minori, sottintende un vero e proprio diritto all'immagine di quelle che sono ritenute delle autorità: la realizzazione di un'effige è il privilegio riservato unicamente ai personaggi la cui memoria è meritevole di essere trasmessa ai posteri per il carattere esemplare della loro vita, per le loro capacità nell'esercizio del potere, della santità o delle attività spirituali, dove tra esse si contemplano anche le arti figurative e la filosofia. Il ritratto è considerato alla stregua di uno specchio figurativo, un vetro purissimo attraverso il quale vedere le qualità della persona, l'incontro tra le virtù umane e l'idea dove non contano attributi od ornamenti. L'attinenza al realismo dell'effige è, soprattutto nel caso dei ritratti ufficiali di personaggi, quello che Pommier definisce il più alto esempio della normativa politico-giuridica che si crea intorno al ritratto a partire dall'età antica – i Romani ritenevano degni di essere rappresentati solo i nobili – fino alla letteratura artistica italiana cinquecentesca 1.
È entro questa definizione teorica che si innesta la realizzazione di un ritratto, ascrivibile alla mano di Santi di Tito, raffigurante il senatore fiorentino Bartolomeo Panciatichi (fig. 1), che verrà analizzata di seguito a partire dall'inserimento all'interno delle vicende biografiche dell'artista.

Fig. 1 - Santi di Tito (1536-1603), Ritratto di senatore fiorentino (Bartolomeo Panciatichi), collezione privata, olio su tavola, 110,5 x 85,5 cm, ottavo decennio del XVI secolo (Foto collezione privata, cortesia di Lara Scanu) width=
Fig. 1 - Santi di Tito (1536-1603), Ritratto di senatore fiorentino
(Bartolomeo Panciatichi)
, collezione privata, olio su tavola
110,5 x 85,5 cm, ottavo decennio del XVI secolo
(Foto collezione privata, cortesia di Lara Scanu)


Fonti e documenti. Annotazioni biografiche e testimonianze sulla produzione di ritratti 2

Santi di Tito nasce a Firenze il 5 dicembre 1536. Nonostante i suoi natali fiorentini, il pittore viene spesso ricordato nei documenti come «Santi di Tito dal Borgo», dal luogo originario del padre, Borgo San Sepolcro, località toscana di confine oggi in provincia di Arezzo.

Sebbene non si sappia molto della sua formazione, dalle testimonianze archivistiche si apprende che il 18 ottobre 1554 venne ammesso nella Compagnia di San Luca, gilda dei pittori di Firenze, e che l'anno successivo iniziò a redigere un proprio libro dei conti.

Di fondamentale importanza fu il soggiorno a Roma che Santi ha effettuato, secondo le attestazioni documentarie emerse, tra il 1561 e il 1564, ma che probabilmente iniziò l'anno precedente in seno alla bottega di Taddeo Zuccari, dove lavoravano anche il fratello Federico e il Barocci. Nonostante la frequentazione di questo importante atelier artistico romano, l'artista fiorentino appare assolutamente autonomo, capace di una vivacità compositiva che rielabora i modi pittorici di Bronzino e Andrea del Sarto, aggiornandoli attraverso il linguaggio delle ultime opere di Raffaello e delle interpretazioni che di questi dipinti venivano fornite dagli artisti della prima stagione del Manierismo, alle prese con le innovazioni della pittura della Controriforma 3.

Oltre all'ingrandimento in chiave monumentale, una delle caratteristiche principali dell'arte di Santi di Tito è la caratterizzazione psicologica dei personaggi raffigurati nelle sue composizioni, che avrà una significativa fortuna nella produzione ritrattistica 4, particolarmente valorizzata dalla biografia secentesca di Filippo Baldinucci 5. Nobili, borghesi e religiosi fiorentini richiesero spesso al pittore la realizzazione delle effigi dei loro avi, spesso definite con precisione anche grazie agli abiti indossati e alla presenza di oggetti, che connotano il personaggio nel suo status sociale 6. Santi eseguì un significativo numero di ritratti, che il già citato biografo ricorda con significativa enfasi come una delle sue più importanti produzioni pittoriche:


«Fu portato dal genio non meno che dal desiderio del guadagno a fare ritratti, come quegli che possedendo un'istraordinaria sicurezza nel disegno, gli conducea con gran facilità, e somigliantissimi dal vivo, e quello ch'è più, anche dal morto. Dipigneva egli per lo più teste, e forse le mani, ed a' giovani faceva dipignere l'acconciature, se erano femmine, e tutti gli abiti, e delle femmine, e de' maschi [...] De' ritratti però di tutta sua mano se ne trovano molti, e bellissimi, ma moltissimi altresì alquanto strapazzati, che poi in tempo sono venduti ad ogni prezzo più vile, a segno, che noi potremmo dubitare, s'è fossero di sua mano, o de' suoi giovani, se non ce ne rendesse moralmente certi il vedersi fuor di ritratti, altri suoi quadri in quella guisa condotti, e molto più il sapere per attestato di persona antica, e dell'arte, che bene il conobbe, e praticò, aver'egli avuto per suo famigliare questo dettato, cioè: io ho pennelli da tutti i prezzi.» (p. 113).

Santi innovò il genere fondendo il realismo fisionomico con la vitalità espressiva, capace di rendere nella stessa immagine il tono solenne dell'ufficialità del personaggio ritratto insieme alla sua dimensione più quotidiana ed emozionale. Questo consentì all'artista fiorentino di ampliare la platea della sua committenza, permettendogli di realizzare ritratti per ceti e soggetti tra i più diversi, dagli anziani ai bambini, fino alla più complessa raffigurazione familiare o all'effige di un donatore all'interno della composizione sacra della pala d'altare. Un esempio è ricordato da Baldinucci nella sua Vita dedicata al pittore, dove rammenta che «[...] si vede nella Cappella de' Gaddi in S. Domenico di Fiesole, e da un lato di detta tavola fece il ritratto al naturale del defunto Sogliani.» 7


Purtroppo, non tutti i personaggi ritratti da Santi sono identificabili, ma i tratti inconfondibili del suo ductus pittorico ne consentono un facile riconoscimento, come è già avvenuto per il Ritratto della piccola Lucrezia di Niccolò Gaddi (1577), il Ritratto di gentildonna con la figlia (entro il 1575), il Ritratto di Caterina de' Pazzi (1583), il Don Pietro de' Medici (1586 circa), il Ritratto di gentiluomo della famiglia Passerini con il figlio e il Ritratto di famiglia di un cavaliere di S. Stefano, effigi conservate nelle più importanti collezioni pubbliche e in alcune delle più prestigiose raccolte private private. La sua attività ritrattistica continuò nel corso degli anni Novanta fino alla sua morte, avvenuta il 25 luglio 1603, anche con la collaborazione della bottega e del figlio Tiberio Titi (1578–1637), il quale si specializzò in questa arte affinando le qualità del padre fin da questa prima fase di cooperazione, come è possibile vedere nel Ritratto dei figli di Virginio Orsini (1597) e nel Ritratto di Filippo, Marcantonio, Orazio e Luigi Magalotti (1601) 8. Anche in questo caso, è Baldinucci ad offrire una significativa panoramica delle più importanti effigi realizzate da Santi, significative non solo per il personaggio raffigurato ma soprattutto per l'altissima qualità raggiunta in questa tipologia pittorica:


«[...] e piacemi dare il primo luogo, non già per singularità d'eccellenza della pittura, ma per la cosa in esso rappresentata al ritratto fatto da lui di Caterina di Cammillo de' Pazzi Nobile Fiorentina, che poi vestito Abito Religioso dell'Ordine Carmelitano, mutando l'antico nome in quello di Maria Maddalena, crebbe tanto in santità, che meritamente oggi viene ascritta al catalogo de' Santi. Di questo ritratto si fa menzione nella Vita di essa Santa scritta da Vincenzio Puccini stato suo Confessore in questo modo. I suoi Genitori per l'amore, che le portavano (da che per Divin volere s'eran privati di lei) volevano almeno appresso di loro il suo ritratto, e restati d'accordo colla Madre Priora, mandarono il Pittore, il quale si chiamava Santi di Tito, a ritrarla; il che da lei udito cominciò dirottamente a piangere, e non voleva in modo alcuno: e domandata perchè faceva tanta resistenza, disse: Io son uscita dal mondo per non più tornarvi, e per non esservi più vista in quelli panni; ne fu mai possibile, che consentisse, finché dall'obbedienza della Superiora, e del P. Confessore non fu costretta; e mentre il Pittore la ritrasse non fece altro che piangere; nel che mostrò l'odio che portava al mondo, poiché né anche vi voleva stare, né esservi veduta dipinta; e per la sua umiltà lamentandoli di questo, diceva: È possibile, che d'una creatura vile, come son io, che d'un po' di polvere abbia a restar memoria nel mondo? Fin qui il Puccini. Questo ritratto in quell'abito appunto, ch'ella lasciò al mondo insìeme col mondo stesso, le cui pompe non mai avea gustate, o desiderate, conserva oggi il Cav. Alamanno de' Pazzi, ed una copia del medesimo hanno le Monache del suo Monasterio di S. Maria degli Angeli, ed ogn'anno a vista del popolo sopra la porta di lor Chiesa l'espongono il giorno della festa della stessa Santa. Seguitando ora a far menzione de' ritratti, diciamo, che uno e bellissimo d'una vecchia in abito vedovile, possìede il Marchese Francesco Riccardi. Ipolito de' Ricci Avvocato del Collegio de' Nobili, Gentiluomo, che per suo divertimento molto ha operato in pittura, conserva nella sua casa da Santa Croce alcuni ritratti d'antichi suoi ascendenti, e d'altri stati loro congiunti, fra' quali è quello di Niccolò Macchiavelli già Segretario della Repubblica Fiorentina, a cui per parer vivo altro non manca, che la voce; un altro ritratto di costui, con altri pure di quella casa tutti di mano di Santi conservano gli Eredi di Pierfrancesco della stessa nobil famiglia de' Ricci. Il Senatore Ruberto Pandolfini Avvocato pure del Collegio de' Nobili, Gentiluomo di somma integrità, prudenza, e dottrina, ha nel suo Palazzo di via di S. Gallo architettato dal gran Raffaello da Urbino, tre ritratti di mano dello stesso Santi, di persone di casa Tornabuoni stati suoi ascendenti da canto di donne; Simone, che fu Cav. Aurato, e godé la dignità di Senatore di Roma; Donato figliuolo del medesimo Simone, e finalmente Niccolò figliuolo dello stesso Donato, che fu Vescovo del Borgo a S. Sepolcro, e da' Serenissimi di Toscana fu in molte legazioni adoperato. L'eruditissimo Alessandro di Tommaso Segni Senator Fiorentino, al presente degno Segretario dell'Illustriss. Accademia della Crusca, ha pure un ritratto fatto da Santi per rappresentare Lorenzo di Bernardo antico di sua famiglia, che fu de' Signori l'anno 1513 e de' Dieci della Guerra nel 1529. Il Senator Carlo di Lionardo Ginori ha di mano del medesimo il ritratto di Bartolommeo di Lionardo Ginori suo Avolo; il quale vedesi dipinto in figura intiera armato, e della stessa straordinaria grandezza di quattro braccia della nostra misura, siccome era sua persona, ch'essendo stato fuori alle guerre, ne era perciò stato cognominato il grande Italiano, di che abbiamo noi più diffusamente fatta menzione nelle notizie della vita di Gio. Bologna Scultore ed Architetto Fiammingo. Un bellislimo ritratto fatto per mano del nostro Artefice conservano fra altre opere di rinomati Pittori, il Cav. Iacopo, e Niccolò del Cav. Lorenzo dal Borgo: rappresenta il ritratto la persona di Piero di Iacopo di Piero loro Proavo, quegli per cui fu restaurata, ed aggrandita l'antica casa di sua Nobil Famiglia in via della Scala; nella facciata della quale fece dipingnere a sgraffio Istorie del Trionfo di David, per alludere a' fatti della G. M. di Cosimo I Granduca di Toscana, bellissimo concetto di quel Gentiluomo, il quale anche volle, che venisse dichiarato nel seguente Dittico, che vi leggiamo scritto per entro un fregio, che ricorre sopra le finestre inginocchiate: En tibi qui quondam predixit Cosme triumphos, Et docuit forte/ tam superare graves. Ma giacché il ritratto di Piero, che veramente è bello a maraviglia, ci ha portato a far menzione di lui, e delle storie da lui fatte dipignere, giusto è, che facciali da noi memoria in questo luogo di cosa non punto lontana da tal proposito, e dall'assunto nostro, ch'è di ragionare di materie appartenenti alle nostre Arti; ed è che trovandosi in carica di Scalco de' forestieri del serenissimo cardinale Carlo de' Medici il soprannominato cavaliere Iacopo dal Borgo, come quegli, che ad un singularissimo talento di nobile, e spiritosissima poesia, ha congiunta la pratica in tutto ciò, che a disegno appartiene, erasi per suo diletto posto a rappresentare in cera di basso stiacciato rilievo l'effigie di quel Principe, in forma d'una bella medaglia tonda; e perchè il ritratto riuscì bello, e somigliantissimo, volle il Cardinale, che se gli facesse il rovescio, Francesco Rondinelli bibliotecario del serenissimo Granduca, gentiluomo altresì eruditissimo, a cui fu data l'incumbenza di formarne il pensiero, disse al Cavaliere voler ogni giustizia, ch'essendo quel bel ritratto uscito dalla sua mano , dalla casa pure di lui uscisse il concetto per lo rovescio, e così volle, ch'egli v'improntasse l'Arca Federis, col motto Pascit. Docet. Dirigit. Prin. Past: Prot. La medaglia poi, che dalla parte del riesatto conteneva le parole Carolus Card. Med. Sac. Col. Dec. fu incavata in Roma, e furonne improntare assai in argento, che mandate a quel Serenissimo, andarono per le mani di molti; ed alquante delle medesime furon poi dopo morte del Cardinale poste nella cassa, che coperse il suo cadavero nel darseli sepoltura. Tornando ora a Santi, egli fu per ordinario adoperato a far ritratti de' Serenissimi Principi, e dovendo una volta far quello di Madama Cristina di Lorena, allora sposa del Granduca Ferdinando I, la quale abborriva il tedio di starsene ferma al naturale, trovò modo di sbrigarsi in mezz'ora, pel qual tempo (tanta era la franchezza di suo pennello) condusse il ritratto bellissimo, che si meritò la lode del Granduca, e di tutta la corte.» 9


Una ulteriore testimonianza, stavolta documentaria, è l'inventario dei beni di Santi di Tito, stilato dopo la sua morte il 5 novembre 1603 e pubblicato da Julian Brooks nel 2002. Gran parte dell'atto notarile è occupato dall'elenco delle opere presenti nella bottega dell'artista, molte delle quali sono proprio ritratti, dove talvolta la persona raffigurata non è riconoscibile oppure la composizione si presenta ancora in stato di abbozzo:


«Un ritratto de' Sernigi, finito la testa, et il resto bozzato tutto, et ne ha hauto scudi 4 a buon conto.

Un ritratto del Marchese Malespina finito tutto intero.

Un ritratto d'uno de' Guidi finito mezzo, et a buon conto ne ha hauto scudi dieci. Un ritratto del Salviato bozzato la testa finito mezzo.

Un ritratto di Rosso de' Medici di braccia 1 1/3 alto, bozzato.

Un ritratto della cognata del Bali Cimenes di braccia 1 3/4, finito.

Un ritratto d'un huomo, et non si sa chi sia.

Dua quadri mesticati entrovi cosa nessuna.

Un ritratto del Gran Duca non finito, et non si sa di chi sia.

Un quadro con una testa del Gran Duca Cosimo, et non si sa di chi sia.

[...]

Quattro ritratti da donne, non si sa di chi sieno.

Un ritratto d'un huomo, non si sa di chi sia.

Un quadro entrovi la testa del Cardinale de' Medici, non si sa di chi sia.

Un ritratto d'una donna, non si sa di chi sia.

Un ritratto d'una donna non finito, non si sa di chi sia.

Un ritratto d'un huomo non finito non si sa di chi sia.

Un ritratto d'un putto non finito, non si sa di chi sia.

Un ritratto d'un giovane, non si sa di chi sia, non finito.

Un quadro d'un ritratto morto, non si sa di chi sia.

Un ritratto come sopra, non si sa di chi sia.

[...]

Un ritratto d'un Prete, non finito.

[...]

Un ritratto intero di Baccio del Tovaglia.

[...]

Un ritratto di Lorenzo Salviati, bozzato la testa.

Un ritratto del Nunzio, bozzato, del Canonico Dati, hauti scudi 4 a buon conto [...]

Un ritratto d'una donna non finito, non si sa di chi sia.

[...]

Un ritratto della Principessa Maria Regina di Francia, di casa, finita la testa.

Un ritratto della Sig.ra Isabella, bozzato, di braccia 1/2, di casa.

[...]

Un ritratto d'una vedova finito, non si sa di chi sia.

Un ritratto finito, non si sa di chi sia.

Un ritratto d'una donna non finito, non si sa di chi sia.

Dua ritratti d'huomini non finiti, non si sa di chi sieno.

Un ritratto d'una vedova non finito, non si sa di chi sia.

Un ritratto del S.r Alfonso Piccolomini finito, di casa.» 10



Analisi del dipinto. Effigiato, confronti stilistici e ipotesi di provenienza

Iniziando dalle informazioni fornite dalla biografia secentesca, dai documenti editi e nonostante il non eccelso stato di conservazione dell'opera che vede parte della superficie pittorica – quella delle velature – tra le meno conservate è possibile rintracciare proprio in Santi di Tito l'autore del ritratto in analisi, anche grazie al recente restauro che ha fatto emergere tutti i tratti caratteristici del pittore, restituendo al suo antico splendore questa meravigliosa e dettagliatissima effige.

La grande tavola raffigura un senatore fiorentino in un ambiente chiuso, probabilmente il suo studio privato. Alla sua destra si trova un tavolo coperto da una tovaglia verde, sopra al quale sono appoggiati un libro e un berretto nero; nella mano sinistra stringe un paio di guanti, mentre tra le dita della mano opposta sorregge una lettera che dichiara l'età dell'uomo raffigurato, riconoscibile già dalla barba e dai capelli bianchi come una persona di età matura: «Annus Aetatis suae 66 P.A.D. 1574» (fig. 2).



Fig. 2 - Santi di Tito (1536-1603), dettaglio della lettera in Ritratto di senatore fiorentino (Bartolomeo Panciatichi), collezione privata, olio su tavola, 110,5 x 85,5 cm., ottavo decennio del XVI secolo (Foto collezione privata, cortesia di Lara Scanu) width=
Fig. 2 - Santi di Tito (1536-1603), dettaglio della lettera
in Ritratto di senatore fiorentino (Bartolomeo Panciatichi)
collezione privata, olio su tavola
110,5 x 85,5 cm, ottavo decennio del XVI secolo
(Foto collezione privata, cortesia di Lara Scanu)


Nonostante un'attenta lettura dei registri dei Senatori fiorentini, al momento non si è riusciti a giungere all'identificazione del personaggio effigiato. La precisione dei tratti, la commistione del dato realistico ed ufficiale con le caratterizzazioni quotidiane ed umane, l'analisi di alcuni dettagli posti a confronto con opere inequivocabilmente attribuite a Santi di Tito confermano, come si vedrà in seguito, l'attribuzione al pittore. Tuttavia, a partire dai dati anagrafici forniti dalla Serie dei Senatori fiorentini pubblicata da Giuseppe Manni nel 1722 11 e confrontando l'effigiato con un ritratto di Bartolomeo Panciatichi, realizzato dal Bronzino nel 1540 e ora presso la Galleria degli Uffizi 12, è possibile ipotizzare che il personaggio sia da riconoscere in questo umanista e diplomatico nato in Francia nel 1507 e morto a Firenze nel 1582 13. L'epigrafe “P.A.D. 1574”, anche sulla base di questi dati, potrebbe essere sciolta con “Pictus/Pinxit Anno Domini 1574”, epoca in cui effettivamente il senatore fiorentino, che assunse tale carica nel 1567, entrava nel sessantaseiesimo anno di età.

Originario di Pistoia, Panciatichi era figlio di un commerciante e nacque in Francia, dove il padre – suo omonimo – rappresentava la più fiorente borghesia mercantile toscana operante oltralpe, in particolare a Lione. Dapprima paggio di Francesco I, studiò principalmente presso l'Ateneo di Padova e lasciando completamente le imprese paterne. Traduttore di alcune opere di matrice religiosa di Pietro Aretino, si interessò alla Riforma Protestante, facendo entrare nei più importanti circoli culturali fiorentini alcune opere iscritte nell'Indice dei Libri Proibiti, come ad esempio gli scritti di Giovanni Calvino. Bartolomeo Panciatichi fu un intellettuale di rilievo per la Firenze dell'epoca anche grazie al suo ruolo nell'Accademia degli Umidi 14; ricoprì anche, per Cosimo I, l'incarico di Cameriere, Revisore degli Statuti e di console proprio in terra francese, dove era nato e continuava ad intrattenere significativi rapporti diplomatici, culturali e commerciali. Si sposò per due volte: la prima nel 1534 con Lucrezia Pucci, immortalata da Bronzino in un celeberrimo ritratto oggi agli Uffizi 15, e nel 1567 con Eleonora degli Albizi, ex amante del Granduca.

Dopo questo sommario excursus biografico, utile a comprendere le ragioni di realizzazione di molteplici effigi di uno stesso personaggio proprio in virtù delle sue doti morali che lo rendono degno di avere delle immagini di sé da tramandare ai posteri, si può tornare al ritratto in analisi.

Partendo dal primo piano, è visibile una mano che stringe dei guanti, confrontabile con quella presente nel Ritratto di Niccolò Machiavelli e nel Ritratto di uomo con fazzoletto: i tre personaggi sono accomunati dal compimento del medesimo gesto, sebbene ruotato di novanta gradi, e la tensione dei nervi della mano rileva la stretta, delicata ma decisa, che sostiene i due accessori.

Una ulteriore prova della grandissima abilità di Santi di Tito nella descrizione dei dettagli più minuti di arredamento ed oggetti è data dalla precisione con cui descrive il libro e il berretto posti sul tavolo, che molto assomigliano al trattamento dell'arredamento presente nel Ritratto di Maria de' Medici (1600 circa).

Altro espediente molto in uso a partire dalla grande stagione del Rinascimento è proprio quello della lettera, che spesso ha il compito di dichiarare l'identità dell'effigiato o di fornire degli indizi per comprendere il nome della persona ritratta. Nel caso di Santi di Tito, vi sono alcuni interessanti confronti da attuare con il dipinto in analisi, in particolare con due opere che presentano il medesimo supporto, la tavola: si tratta del Ritratto di Guido di Francesco Guardi con i suoi figli (1570 circa), dove proprio il personaggio principale ha in mano un'epistola dove si legge «D[omi]no Guido Guardi» 16, e del Ritratto di Marcantonio Adimari in veste di Sant'Antonino (1588 circa), in cui compare anche in questo caso una lettera con su scritto «Mag[nifi]co Marchantonio Adimari / Adì [...] X [...] 1588» 17.

Il dipinto in analisi è sicuramente databile tra queste due opere, con ogni probabilità intorno all'anno 1574, citato come ulteriore termine identificativo per l'età dell'effigiato.

Proprio riguardo il nome di questo senatore fiorentino e la provenienza dell'opera si possono formulare delle ipotesi. Sulla base di quadri apparsi recentemente sul mercato antiquario o presenti in collezioni straniere, talvolta frutto del lavoro della bottega – così come è visibile dalla resa pittorica meno attenta al dettaglio e al dato psicologico – o di mano dello stesso Santi, capace di una meticolosità quasi maniacale nella realizzazione di abiti, gioielli, oggetti ed acconciature, è possibile stabilire che con ogni probabilità il dipinto in analisi appartenga ad un ciclo di ritratti dedicati a importanti personaggi fiorentini, presumibilmente tutti senatori, sovente realizzati a partire dalle maschere funerarie dei singoli personaggi, come ad esempio nel caso di Machiavelli: a questo possibile ciclo pittorico appartiene anche il Ritratto di Carlo Pitti del Philadelphia Museum of Arts (inv. 87; fig. 3) 18 e altri due ritratti di senatori fiorentini – al momento non identificabili - attribuiti al pittore e recentemente comparsi sul mercato antiquario 19. Questa ipotesi sarebbe avvalorata non solo dalle testimonianze riportate da Baldinucci, il quale in più di un caso ricorda dei piccoli gruppi di ritratti realizzati per specifici committenti, ma anche dal consistente numero di opere di questa tipologia presenti nello studio del pittore al momento della sua morte, così come ricordato dal documento notarile che censisce diverse effigi talvolta identificate, ma ancora più spesso sconosciute, forse perché prive di specifiche indicazioni a riguardo all'interno della composizione.

Si può dunque concludere che l'effige del Panciatichi sia ascrivibile alla mano di Santi di Tito e databile entro la prima metà degli anni Settanta del Cinquecento.


Fig. 3 - Santi di Tito (1536-1603), Ritratto di Carlo Pitti, Philadelphia Museum of Arts, John G. Johnson Collection, olio su tavola, 87,6 x 66,7 cm, 1586 (Foto John G. Johnson Collection, 1917, cortesia di Lara Scanu) width=
Fig. 3 - Santi di Tito (1536-1603)
Ritratto di Carlo Pitti
Philadelphia Museum of Arts, John G. Johnson Collection
olio su tavola, 87,6 x 66,7 cm, 1586
(Foto John G. Johnson Collection, 1917, cortesia di Lara Scanu)



NOTE

1  POMMIER 2003, pp. 215-217. Sulla plurivalenza del ritratto al limite tra raffigurazione reale e simbolica si veda SCANU 2025.

2 Le informazioni inserite nel paragrafo che segue prendono le mosse dai fondamentali studi sul pittore: ARNOLDS 1934; COLLARETA 1977; CIABATTINI 2014.

3 In tal senso e per una più ampia visione della Controriforma in terra fiorentina si vedano i contributi nel catalogo Il Cinquecento a Firenze 2017. Per un affondo sull'inserimento di Santi di Tito in tale contesto si veda SPALDING 1983.

4 Santi di Tito trasse sicuramente ispirazione da molti episodi quotidiani e festivi della Firenze dell'epoca, come evidenziato dagli studi di LEPRI 2016 e MATTATELLI 2013 (2014).

5 Santi di Tito viene ricordato e celebrato anche da VASARI 1550-1568 (1966-1987), V, p. 562, VI, pp. 137, 244 e BORGHINI 1584, pp. 106, 115 e ss., 187, 198, 205, 619-623. Si è qui scelto di riportare ed approfondire unicamente la testimonianza di Baldinucci in quanto maggiormente enfatica in merito alle creazioni ritrattistiche.

6 Sulla produzione ritrattistica di Santi di Tito esplicitata con precipui ed interessanti esempi si vedano BASTOGI 2009 e NESI 2020.

7 BALDINUCCI 1681, p. 111.

8 PAULUSSEN 1980.

9 BALDINUCCI 1681, pp. 114-115.

10 BROOKS 2002.

11 MANNI 1722.

12 Carlo Falciani in Bronzino 2010, cat. III.1, p. 166; Francesca de Luca in I volti della Riforma 2017, cat. 26, pp. 118-119.

13 Per delle sintetiche ma approfondite indicazioni sul cursus di Bartolomeo Panciatichi si veda CARAVALE 2014 con precedente bibliografia e spoglio documentario.

14 Si veda in particolare RILLI 1700.

15 Carlo Falciani in Bronzino 2010, cat. III.2, p. 168. Per una lettura combinata dei ritratti dei due coniugi e della Sacra famiglia Panciatichi, sempre agli Uffizi, si veda BOSCH 2014.

16 Antonio Geremicca in Il Cinquecento a Firenze 2017, cat. IV.5, pp. 156-157.

17 NESI 2020.

18 FREDERICKSEN, ZERI 1972, p. 182.

19 Uno dei dipinti in questione è passato in asta da Wannenes, Dipinti antichi e del XIX secolo, asta 271-272, 7 marzo 2019, lotto 920, Ritratto di Senatore, olio su tavola, cm 102.5 x 85.5.

BIBLIOGRAFIA

ARNOLDS 1934

Günther ARNOLDS, Santi di Tito, pittore di Sansepolcro, Arezzo, Reale Accademia Petrarca, 1934.


BALDINUCCI 1681

Filippo BALDINUCCI, Delle notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, Firenze, Per Santi Franchi, 1681.


BASTOGI 2009

Nadia BASTOGI, Due ritratti femminili di Santi di Tito, «Paragone. Arte», 60, 2009, pp. 58-66.


BORGHINI 1584

Raffaello BORGHINI, Il Riposo, Firenze, Giorgio Maresotti, 1584.


BOSCH 2014

Lynette M.F. BOSCH, Orthodoxy and heterodoxy in Agnolo Bronzino's paintings for Bartolomeo and Lucrezia Panciatichi, in Agnolo Bronzino. The Muse of Florence, a cura di Liana DE GIROLAMI CHENEY, Washington, New Academia Publishing/The Spring, 2014, pp. 35-130.


Bronzino 2010

Bronzino. Pittore e poeta alla corte dei Medici, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 24 settembre 2010 – 23 gennaio 2011) a cura di Carlo FALCIANI e Antonio NATALI, Firenze, Mandragora, 2010.


BROOKS 2002

Julian BROOKS, Santi di Tito's studio: the contents of his house and workshop in 1603, «The Burlington Magazine», 144, 2002, pp. 279-288.


CARAVALE 2014

Giorgio CARAVALE, Panciatichi, Bartolomeo, in DBI, LXXX, 2014, ad vocem.


CASCIU 1994

Stefano CASCIU, a cura di, Dal Rosso a Santi di Tito: guida alle opere: la maniera moderna nell'Aretino, Provincia di Arezzo, Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Arezzo, Giunta Regionale Toscana, Venezia, Marsilio, 1994.


CIABATTINI 2014

Roberto CIABATTINI, Santi di Tito (Sansepolcro 1536 - Firenze 1603) e i suoi allievi, Firenze, s.n. [Toscana Nuova], 2014.


COLLARETA 1977

Marco COLLARETA, Tre note su Santi di Tito, «Annali Scuola Normale Superiore - Classe di Lettere e Filosofia»: III, VII/1, 1977, pp. 351-369.


FREDERICKSEN, ZERI 1972

Burton B. FREDERICKSEN, Federico ZERI, Census of Pre-nineteenth-century Italian Paintings in North American Public Collections, Harvard, Harvard University Press, 1972.


Il Cinquecento a Firenze 2017

Il Cinquecento a Firenze. “Maniera moderna” e Controriforma, catalogo della mostra (Firenze, 21 settembre 2017-21 gennaio 2018) a cura di Carlo Falciani e Antonio Natali, Firenze, Mandragora, 2017.


I volti della Riforma 2017

I volti della Riforma. Lutero e Cranach nelle collezioni medicee, catalogo della mostra (Firenze, Galleria degli Uffizi, 30 ottobre 2017 – 3 febbraio 2018) a cura di Francesca DE LUCA e Giovanni Maria FARA, Firenze, Mandragora, 2017.


LEPRI 2016

Nicoletta LEPRI, Vincenzo De' Rossi e Santi di Tito: teatri di piazza e di strada nelle feste fiorentine del 1565, «Hvmanistica», 11, 1-2, 2016, pp. 203-220, 309.


MANNI 1722

Giuseppe MANNI, Serie de' Senatori Fiorentini, Firenze, Stamperia Giuseppe Manni, 1722.


MATTATELLI 2013 (2014)

Rosy MATTATELLI, La casa di Santi di Tito in via delle Ruote: dimensione abitativa, arte e vita quotidiana di un artista a Firenze tra XVI e XVII secolo, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», 22, 2013 (2014), pp. 344-355.


NESI 2020

Alessandro NESI, Santi di Tito: Ritratto di Marcantonio Adimari in veste di Sant'Antonino Pierozzi, Firenze, Nuova Maniera, 2020.


PAULUSSEN 1980

Isabelle M. J. PAULUSSEN, Tiberio Titi. Ritrattista dei Medici, «Mededelingen van het Nederlands Instituut te Rome», 42, 1980, pp. 101-128.


POMMIER 2003

Edouard POMMIER, Il ritratto. Storia e teorie dal Rinascimento all'Età dei Lumi, Torino, Einaudi, 2003.


RILLI 1700

Iacopo RILLI, Notizie letterarie ed istoriche intorno agli uomini illustri dell'Accademia Fiorentina, Firenze, Piero Matini, 1700.


SCANU 2025

Lara SCANU, Un'assenza presente. Il ritratto: un mito al limite diviso tra arte letteratura e caratterizzazione psicologica nel Rinascimento italiano, in Il limite. Percorsi interdisciplinari di ricerca, a cura di Mario LUPOLI, Andrea BIZZOZERO, Caltanissetta-Roma, Sciascia Editore, 2025, pp. 59-73.


SPALDING 1983

Jack SPALDING, Santi di Tito and the Reform of Florentine Mannerism, «Storia dell'Arte», 47/49, 1983, pp. 41-52.


VASARI 1550-1568 (1966-1987)

Giorgio VASARI, Vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori, 1550 e 1568, a cura di Rosanna BETTARINI, Paola BAROCCHI, 8 voll., Firenze, Sansoni, 1966-1987.


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