Non si era mai vista arte
contemporanea esposta nella Galleria Borghese. Con la mostra che si è appena
aperta, per la prima volta e fino al prossimo 24 gennaio, si potrà ammirare
Francis Bacon, pittore inglese del ‘900 che
con la sua opera nega violentemente le forme ideali regalmente esibite
all’interno del cosiddetto Parnaso dell’arte antica, affianco ad uno dei mostri
sacri della pittura secentesca: Michelangelo Merisi da Caravaggio.
Un’esposizione innovativa e
difficile, dove i due artisti, a distanza di quattro secoli, si confrontano, si
scontrano ed entrambi si misurano con l’arte del passato lato sensu, permanentemente esposta nelle sale della celeberrima
pinacoteca. Bacon, con le sue grida isteriche e blasfeme, le forme contorte e i
colori violenti, si eleva ad alter ego
artistico; la sua pittura, segnata da un’ansia tipica del XX secolo, sfida
l’immutata certezza comunicata dall’arte precedente (fig. 1). La mostra, dunque, mette in scena, in
un’ambientazione sublimata dalla storia, l’incontro di due personalità
sconvolgenti e il conseguente dualismo tra le convinzioni del passato e
l’inquietudine del nostro tempo.
Due caratteri forti ed estremi,
lontani cronologicamente quattrocento anni, che nella loro diversità hanno
saputo ergersi a protagonisti tormentati di due epoche distanti. L’interessante
accostamento è presto spiegato: i due hanno saputo interpretare in maniera
eccezionale e rivoluzionaria, per i loro tempi, nonché assolutamente
indipendente tra loro, la figura umana. Le loro visioni dell’esistenza
dell'uomo sono radicali e drammaticamente intense, entrambi hanno creato
soluzioni iconografiche inedite e sconcertanti in cui i personaggi raffigurati
sono percepiti più che per le forme esteriori, per le emozioni interiori,
immediate e carnali che sanno trasmettere. Affini nella capacità unica di
tradurre i tormenti dell’anima, Caravaggio esprime la preoccupazione di
salvezza spirituale dell’uomo, mentre Bacon il terrore verso l’ignoto che
alberga dentro l’individuo: entrambi si sono calati nelle profondità psichiche
che rendono sconosciute e misteriose le condizioni dell’esistere. Per queste attinenze
profonde, basate, però, su abissali differenze, nell’immaginario collettivo, è
stato loro attribuito il cliché di
“artista maudit”.
Accomunati da un certo travaglio
e da un realismo ricercato, che in Bacon diventa esasperato e psicologico, i
due pittori sono stati scelti per celebrare, con una mostra curata da Anna
Coliva, direttrice della Galleria, e Michael Peppiatt, biografo e amico intimo
di Bacon, insieme l’inizio dell’anno caravaggesco e i
cento anni dalla nascita dell’inglese.
L’occasionale, ma straordinaria
vicinanza è spiegata dalla Coliva: “I due condividono uno stesso respiro o
meglio un affanno”, è come se si incontrino su affinità profonde ed intime.
L’uomo, dai due artisti, è posto
al centro dell’ispirazione: nelle opere di Caravaggio, con straordinario verismo,
sguardi e gesti emergono dal buio, il disagio esistenziale del maestro si
rivela nell’abbandono della bellezza classica e dell’idealizzazione
neoplatonica del Rinascimento per l’adozione di forme assolutamente realistiche
volte ad affermare la disperazione dello spirito sofferente (fig. 4), in Bacon,
invece, le sagome sono stravolte e deformate al fine di rendere manifesto il
disagio interiore provato.
Entrambi, dunque, operano, in maniera assolutamente autonoma, per affermare un
sentimento di realismo profondo, nell’aspetto il primo, nell’animo il secondo.
Sono due personalità lontane, eppure affini; “Se c’è un artista del nostro
tempo” afferma il Professor Maurizio Calvesi, autorevole storico dell’arte e
presidente del Comitato Nazionale per il IV centenario dalla morte di
Michelangelo Merisi, “che possa essere equiparato a Caravaggio è proprio
Francis Bacon”.
Una mostra difficile da
comprendere, ma una volta intuito il meccanismo l’esperienza che ne deriva
appaga di tutto il disagio iniziale. Non ci si trova, infatti, di fronte ad un
tentativo di ricostruzione storico-filologica, ma piuttosto ad una proposta di
esperienza tutta estetica ed essenzialmente individuale, basata sulla
predisposizione personale. Un percorso insolito ed unico, non guidato dalle
teorie dei curatori, ma aperto alle sensibilità più intime e private dei
visitatori, ognuno dei quali percepisce in maniera del tutto autonoma ed
indipendente l’esposizione. Si tratta di un caso tutto particolare nell’ambito
dell’offerta culturale a cui siamo abituati: è l’opportunità assolutamente
unica, e forse irripetibile, di visitare una mostra senza alcun tipo di guida
storica, semplicemente perché ciò che conta è il rapporto specifico che nasca
tra l’osservatore e le opere d’arte. Il piano di lettura, dunque, non è quello
di ricercare eventuali influenze formali e stilistiche esercitate da Caravaggio
su Bacon, ma
piuttosto fruire liberamente l’estetica dei quadri e sentirne i contenuti che
scaturiscano dall’incontro di se stessi con il sentimento affidato alla pittura
dagli autori. Il significato della mostra è, quindi, completamente demandato
alle suggestioni profonde di chi guarda. Pertanto occasionali corrispondenze si
pongono all’attenzione e alla sensibilità del pubblico che, in questo modo,
diventa il vero protagonista. Lo spettatore è al centro della scenografia, vive
e respira in rapporto alle opere proposte e il museo, che conosciamo
tradizionalmente come luogo deputato alla funzione di comprensione
storica, diviene lo spazio per la
contemplazione estetica.
La condizione che non sia la
storia al centro dell’attenzione ma il visitatore che, nella sua disposizione, viva emozioni alla presenza di
questi due giganti dell’arte rende l’evento una mostra raffinatissima e preziosa sebbene complessa
nell’esperienza da provare.
Trenta i capolavori esposti: 14
opere di Caravaggio (di cui 6 appartenenti
alla Galleria e 8 provenienti da Firenze, Messina, New York e Napoli) e 16 di Bacon
(conservate a Londra e in collezioni private). Le opere del Merisi sono accompagnate
da schede didattiche di approfondimento redatte con cura filologica e storica,
mentre i quadri di Bacon, che sono esposti, come ha sempre voluto l’artista,
dietro grossi vetri dove si rifletta non solo lo spettatore, che entra così in
intima simbiosi con l’opera, ma anche l’ambiente della galleria, sono corredati
da frasi di commento scritte e pensate da Bacon stesso. La
scelta del vetro riflettente è certamente un modo felice per entrare in
comunicazione con le pitture che si
animano e si vivificano non solo della figura riflessa del visitatore, ma anche
delle opere d’arte che si trovano all’interno dello stesso ambiente.
Nel salone superiore si
fronteggiano magnificamente le due pale di altare realizzate dal Merisi tra il
1604 e il 1606: la Madonna dei Pellegrini
(Chiesa di S. Agostino, Cappella
Cavalletti, 1604-05 ) e a Madonna dei
Palafrenieri (Galleria Borghese,
1605-06, fig. 6), è un incontro straordinario e assolutamente unico, che merita
da solo una visita alla mostra. Al piano inferiore è esposta la giovanile Maddalena Penitente (Galleria Doria Pamphilj, 1595-97 ca). Il
commuovente particolare del silenzioso ed intimo pianto della ragazza,
abbigliata con abiti secenteschi, e illuminata da una luce laterale, è da
leggersi come il momento della penitenza e della chiarezza spirituale.
Le opere dell’inglese sono a loro
modo tutte “figurative”. L’evidente “decostruzione” fisica delle sembianze del
soggetto riprodotto sulla tela rappresenta lo strumento che consenta a chi
guarda di andare al di là dell’aspetto estetico e di percepire l’atteggiamento
morale e psicologico del raffigurato. L’attenzione di Bacon allo stato d’animo
in atto lo conduce spesso a misurarsi con ritratti e teste, sono i moti
interiori a caratterizzare realmente persone e personalità, come si evince
dalla frase del maestro, inserita anche a spiegazione delle sue pitture dai
curatori della mostra: “La maggior parte delle persone va dai pittori più
accademici quando vogliono farsi un ritratto. Perché per qualche motivo preferiscono
una specie di fotografia a colori di se stessi, invece, di pensare di vedersi
catturate ed intrappolati in un’immagine. Il modello è una persona in carne ed
ossa e quello che devi cogliere è la sua emanazione” (FB). L’espressione illustra
in maniera assolutamente completa e allo stesso tempo essenziale tutta la sua opera,
che non ha bisogno di altro per essere fruita pienamente.
IL CATALOGO
Il catalogo, stampato da 24 Ore
Motta Cultura, con marchio Federico Motta Editore, dal titolo “Caravaggio Bacon”,
è a cura di Anna Coliva e Michael Pepiatt ed è realizzato in italiano e
inglese.
Tipograficamente pregevole,
esibisce una apprezzabile e attenta cura editoriale. Agile la consultazione.
Dopo una corposa e densa parte iniziale, le prime 110 pagine circa, costituita
da introduzioni, doverosi ringraziamenti e considerevoli, nonché fondamentali,
scritti di approfondimento di natura critico-saggistica sui due pittori, si
svolgono i due cataloghi delle opere in mostra: 30 schede di approfondimento
corredate da bellissime immagini.
I saggi sono ad opera dei massimi
studiosi dei due pittori: storici e critici dell’arte di fama internazionale. In
ordine alfabetico incontriamo: Maurizio Calvesi (prof. emerito dell’Università
“La Sapienza”, accademico dei Lincei e esperto caravaggista) Anna Coliva (direttrice
della Galleria Borghese), Luigi Ficacci (soprintendente per il patrimonio storico
artistico di Bologna e esperto di Bacon), Michael Peppiat (biografo e amico
intimo di Bacon), Chris Stephen (studioso ed esperto di Bacon) e Claudio
Strinati (già soprintendente per il patrimonio storico artistico di Roma).
Dal punto di vista scientifico
articoli e schede rappresentano lavori preziosi e vitali alla comprensione
delle dinamiche storico-culturali che coinvolgono i due artisti.
Indichiamo di seguito, in ordine
di comparsa, i saggi:
-
Caravaggio
chiama Bacon: la bellezza del dolore di Anna Coliva, curatrice della
mostra, colei che ha pensato di affiancare in un’esposizione dal concetto
assolutamente nuovo, un artista contemporaneo ad uno dei pittori che da sempre
rappresenta un elemento di attrattiva della Galleria. Lo scritto della Coliva
ci spiega il perché di questa rassegna e la maniera più idonea per comprenderla
e, quindi, fruirla.
- Il sacro e
il profano di Michael Peppiatt, anch’egli curatore della mostra. Con questo
saggio l’autore vuole mettere meglio in luce la figura di Bacon, non solo dal
punto di vista storico-biografico, ma, soprattutto, dal punto di vista interiore.
La sua opera non può essere intesa se non si chiariscono gli aspetti mentali
che hanno indotto il maestro a creare i suoi lavori e, con questo articolo,
Peppiatt tenta di condurre il lettore sulla via della comprensione.
- Bacon e
Caravaggio: un’occasione di incontro di Claudio Strinati. Lo scritto indugia sul rapporto che esiste tra i
due maestri: non si tratta di una contrapposizione, spiega Strinati, bensì di
una sintonia vera e profonda.
- Caravaggio:
l’arte eccelsa di un pittore calunniato di Maurizio Calvesi. L’intervento
rappresenta un ulteriore occasione per parlare del Merisi, Calvesi, forse il
più importante caravaggista esistente, non perde l’opportunità per
puntualizzare alcuni elementi di natura storico-biografica relativi al maestro
secentesco.
- “Come un’ombra”:
oscurità, vita e morte nell’arte di Fancis Bacon di Chris Stephen. L’autore
si interroga sull’elemento tenebroso ed oscuro che comunica gran parte
dell’opera dell’inglese e cerca di dare una spiegazione all’onnipresenza del
tema della morte nella arte-ombra di Bacon. Vicende di natura
sentimentale-personale sono forse alla base di questa disposizione, ma lineamenti caratteriali
predispongono il maestro alla suddetta propensione.
-
Caravaggio
Bacon: lo spazio e la realtà di Luigi Ficacci. Nella prima parte il
sovrintendente porta avanti un’analisi piuttosto accurata e iconologicamente
interessante delle opere del maestro inglese.
Successivamente approfondisce il discorso legato all’ipotetico rapporto
che esista tra i due artisti: l’autore è si conscio del fatto che le corrispondenze
individuabili siano aleatorie, frutto del lavoro di storici e non effettivamente
dimostrabili, ma ritiene anche che vi siano realmente, forse accidentali, ma
lampanti.
L’impostazione delle cartelle del
catalogo è quella classica: autore, titolo, datazione, tecnica, supporto,
dimensioni, luogo di conservazione, analisi storico-attributiva dell’opera ed
esame iconografico. Circa cento pagine illustrano, in ordine cronologico, ma
senza alcun riferimento all’allestimento della mostra, i quadri esposti.
A conclusione del catalogo
un’esaurente doppia bibliografia e la fondamentale indicazione sulle referenze fotografiche.
LA MOSTRA
Galleria Borghese, Roma
Dal 2 ottobre 2009 al 24 gennaio 2010
NOTE
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