Mario Paganini esercita la sua
fantasia ricomponendo con una logica talvolta surreale gli oggetti più comuni
che la società dei consumi destina generalmente alla distruzione. Una delle caratteristiche
salienti del suo modus operandi
consiste nel lasciare spesso le opere quasi completamente prive di leganti, quindi
senza viti, rivetti e colle, motivo per il quale molte delle sue creazioni si
sono più o meno parzialmente disassemblate, ritornando rapidamente nel caos
primordiale da dove erano nate. Le stesse opere presentate in questo articolo,
fotografate da Alessandro Lisci nel 2006, oggi sono meno “coese”.
Personaggio dal carattere
fortemente emotivo, ricco di un'accentuata sensibilità e spirito critico,
Mario Paganini ha esercitato la sua attività artistica con una capacità
evocativa fuori dal comune. Paganini aveva infatti la capacità di
cogliere gli aspetti più metamorfici degli oggetti e sapeva quale effetto essi
avrebbero avuto una volta riattivati sensorialmente grazie al paziente lavoro
di incastro e modellazione plastica a cui lui li sottoponeva.
Il punto di partenza è sempre un'arte letteralmente “povera”, riciclata e solo leggermente nobilitata da elementari verniciature e semplici lavorazioni delle superfici. Nel Don Chischiotte (fig. 1) c'è un lavoro di attorcigliamento dei fili metallici più elaborato, ma sempre giocato sulla
ricomposizione di rifiuti industriali, a significare che anche la società
postmoderna può vivere della fantasia di Miguel Cervantes, a patto di sapere
innescare i meccanismi di attivazione delle risorse nascoste all'interno della
materia.
Spesso si tratta di indagare le
proprietà metamorfiche ed umanizzanti delle componenti tecniche del processo
industriale, evidenziandone le affinità con l'umano, sino a suscitare
compassione ed affetti (fig. 3).
Talvolta la poetica degli oggetti
lascia il passo a quella del collage,
sia pure ad altorilievo, dove convivono leggere tendenze al kitsch e spirito surrealista (fig. 4).
Il fascino perenne dell'arte
primitiva, con la semplicità e povertà delle sue regole espressive si ritrova
in altre opere particolarmente significative cariche del feticismo povero dell'arte primitiva (fig. 5).
Più rari i casi di presenza di
interventi pittorici, sempre molto discreti e aniconici (fig. 6).
Un leit motiv del Paganini consiste nella messa a confronto della
materia bruta, come la pietra (fig. 11) con gli oggetti lavorati della società
dei consumi.
Il ferro da stiro che diventa
viso di donna e si impianta sul cerchio di un'automobile (fig. 12) ha evidenti
ascendenze surrealiste.
Grazie a questa innata capacità
di trasfigurazione dei prodotti della società post-industriale in oggetti
destinati a produrre pensieri la figura di Mario Paganini merita dunque una
considerazione speciale e appare tutta ancora da valutare da un punto di vista
critico e storico-artistico.
Mario Paganini
Nota biografica
Nato a Reggio Calabria il 1 giugno 1930 e morto a Roma il 28
maggio 2005
Il padre Luigi, ingegnere civile, era pugliese di Laterza,
la madre Rosa Fiorentino, pittrice, era originaria di Fiesso d'Artico sulla
Riviera del Brenta.
Mario ha studiato a Padova in un
Collegio Salesiano, mentre a Frosinone ha frequentato le medie. Poi ha seguito
i corsi dell'Istituto Tecnico di Via Cavour a Roma, dove la famiglia si era
trasferita nel 1945.
In gioventù Mario ha studiato
canto lirico come basso baritono con la figlia di Beniamino Gigli. Tali studi
servivano ad impostare la voce e migliorare un difetto congenito di pronuncia.
Dall'età di 21 anni ha lavorato
alla Birra Peroni prima come impiegato e poi, dopo aver frequentato un corso di
aggiornamento interno di informatica, ha fatto parte del neo istituito centro
meccanografico della Peroni prima come operatore, poi come programmatore e
infine come direttore dello stesso. É stato insignito di medaglia d'oro dalla
Peroni per meriti sul lavoro.
Nel 1952 ha sposato Antonietta
Colonna, insegnante di materie letterarie nella scuola media superiore.
Aveva una fede cattolica, ma era
animato anche da una vena critica che lo faceva rimanere a una certa distanza
dallo spirito chiesastico.
Con una forte sensibilità per lo
spirituale, si era molto interessato della parapsicologia, salvo essersene
distaccato quando si era accorto di esserne troppo coinvolto emotivamente.
Il suo rapporto con l'arte può essere letto come una sublimazione profonda degli interessi parapsicologici.
Ha scritto alcune poesie rimaste
però ancora inedite.
É stato molto legato da
sentimenti di amicizia e stima al pittore Gildo D'Annunzio che aveva sposato
Liliana, sorella della moglie Antonietta.
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