Insolita e preziosa, la mostra dedicata alla
dinastia dei pittori fiamminghi Brughel sorprende come un’opera d’arte nordica.
Già esposta a Como e a Tel Aviv, la rassegna, ospitata nel Chiostro del
Bramante fino al 2 giugno, offre anche a Roma la possibilità di conoscere la straordinaria
produzione di quattro generazioni di artisti del XVI e XVII secolo,
rappresentati da oltre cento opere, famose o inedite, provenienti da collezioni
pubbliche e private di tutto il mondo. Ai curatori Sergio Gaddi e Doron J. Lurie spetta
il merito di aver garantito, oltre all’elevata qualità dei pezzi esposti, una
notevole varietà di temi e generi raffigurati (soggetti religiosi, scene
contadine, paesaggi, nature morte e allegorie) nonché di tecniche e supporti
(dai disegni a penna e inchiostro su carta ai dipinti ad olio su tela, tavola,
rame e marmo). La sezione iniziale offre un’efficace panoramica
sulle tendenze stilistiche del cosiddetto “Manierismo di Anversa”, da cui
Pieter Brueghel il Vecchio (1520-1569) prende le distanze, recuperando invece
il repertorio figurativo onirico e irrazionale di Hieronymus Bosch. Malgrado
l’interesse suscitato dalla Resurrezione
(Belgio, coll. priv.), si avverte la mancanza dei capolavori maturi
dell’artista (si pensi alla triade formata dal Trionfo della Morte, Margherita
la Pazza e La caduta degli angeli
ribelli), che certo avrebbero spiegato la sua fama di “secondo Bosch”. Il percorso prosegue con l’attività dei figli
Pieter il Giovane (1564-1638) e Jan il Vecchio (1568-1625), evidenziando la
contiguità stilistica e tematica rispetto alla produzione paterna del primo e,
per contro, il raffinato sperimentalismo tecnico e compositivo del secondo.
L’allestimento propone la giustapposizione tra le sei gustose scenette del Matrimonio di Contadini di Maarten van
Cleve e la Danza nuziale all’aperto
di Pieter il Giovane, nonché l’intelligente accostamento delle due versioni del
Paesaggio invernale con trappola per
uccelli di quest’ultimo (Ginevra, collezione Torsten Kreuger e Napoli,
Museo di Capodimonte), che vanno a formare, con il Paesaggio invernale con la Strage degli Innocenti (Belgio, coll.
priv.), un trittico altamente rappresentativo di questa declinazione “nordica”
di scene allegoriche e religiose. Tra le opere di Jan il Vecchio spiccano, accanto
agli eleganti disegni dal tratto sciolto e sicuro, Le tentazioni di Sant’Antonio nel bosco (Torino, Galleria Luigi
Caretto, fig. 1), dove la maestria esecutiva dell’olio su rame moltiplica la
lucentezza dei colori e amplifica lo stupore creato dal brulichio di figurine
fantastiche, e la Madonna col Bambino in
una ghirlanda di fiori (U.S.A., Michael Leifer), nata dalla proficua
collaborazione con Pieter Paul Rubens. Il fulcro della mostra è rappresentato
dall’ampio corpus di opere di Jan il
Giovane (1601-1678), divulgatore prolifico dello “stile Brueghel”, di cui sono
meritoriamente esposti i dipinti realizzati con il pittore caravaggesco
Bartolomeo Cavarozzi e con i fiamminghi Frans Francken il Giovane e Joos de
Momper. Prendendo le mosse dalle nature morte floreali, in cui contenuti
religiosi e significati simbolici sono quasi dissimulati dalla descrizione
lenticolare dei dettagli, la sezione culmina con le grandi Allegorie (fig. 2) da Wunderkammer
(“Stanza delle Meraviglie”), che riproducono in pittura le curiosità
scientifiche e le rarità esotiche collezionate avidamente dagli eruditi di
tutta Europa. Anche l’attività di Jan Pieter (1628-1680 ca.) e di Ambrosius
Brueghel (1617-1675) si colloca nel solco dell’ormai consolidata tradizione
familiare. Grande merito della mostra è quello di includere
nel percorso espositivo le personalità di Jan van Kessel il Vecchio (1626-1679)
e di David Teniers il Giovane (1610-1690), legati da vincoli di parentela alla
dinastia e forieri di un linguaggio vitale e innovativo. Il primo, formatosi
sulla trattatistica scientifica dell’epoca, realizza opere che sembrano tavole
zoologiche, “classificando” specie di farfalle e di insetti, come nella
straordinaria coppia di dipinti ad olio su marmo di collezione privata
statunitense. Il secondo torna invece a rappresentare usi e costumi contadini,
variamente ambientati in composizioni prospettiche di ampio respiro (La raccolta
delle mele, Tel Aviv, Museum of Art) o negli spazi angusti del vivere
quotidiano (Contadini in una taverna,
coll. priv., fig. 3). Chiudono la rassegna le splendide Nature morte con frutta di Abraham
Brueghel (1631-1697), che, inseritosi nell’ambiente accademico romano, sceglie
di “italianizzare” questo genere di pittura, optando per una pennellata più
libera e pastosa e per una luce calda e mediterranea.
LA MOSTRA Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga Roma, Chiostro del
Bramante, 18 dicembre 2012 – 2 giugno 2013.
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