La villa e il contesto
paesaggistico:
Villa
Medici è ubicata in zona collinare, poco fuori dall’abitato di Fiesole.
Incuneata tra le due principali vie di collegamento di Firenze e Fiesole, si
estende con i propri giardini terrazzati a mezza costa sulle pendici della
collina fiesolana verso Firenze, orientata ad uno dei paesaggi più belli della
Toscana, in una splendida posizione panoramica e in un contesto di alto valore
ambientale. Incernierata sulle geometrie dei suoi giardini terrazzati si
colloca infatti in un ambito paesaggistico di notevole pregio, ben conservato,
fra analoghe residenze signorili incastonate sul pendio nel tessuto agricolo
storico degli oliveti e dei campi coltivati alternati a macchie di bosco.
La
proprietà si sviluppa verso una serie di orti sottostanti e campi di graminacee
ed oliveti che salgono nei terrazzamenti dei muri a secco verso i viali
d'ingresso, fiancheggiati da cipressi, che la connettono a via di San Domenico.
Amanda Lillie ha evidenziato le implicazioni religiose della villa suburbana di
Fiesole, che per la posizione isolata in una zona priva di reminescenze
ancestrali e le implicazioni culturali del circolo del colto committente
Giovanni de' Medici si proponeva come sito adatto agli otia letterari e
umanistici, ma anche come ritiro spirituale in cui godere la pace dei luoghi e
il conforto religioso offerto dalla vicinanza del sito di culto dell'eremo di
San Girolamo, ristrutturato intorno al 1451 proprio grazie alla generosità dei
Medici e direttamente collegato alla villa priva di cappella privata e il cui
cantiere procedette ad esso parallelo. All'eremo del nuovo ordine osservante
fondato da Fra’ Carlo di Montegranelli, patrocinato dai Medici, si aggiungevano
cappelle, tabernacoli rurali e celle di eremiti disseminate sulla collina
fiesolana accanto ad una varietà di altre case religiose, testimonianza di
vivide pratiche devote nel contesto rurale e del coinvolgimento della famiglia
padronale, implicata in una fitta rete di opere edificatorie tra gli anni ‘50 e
i primi anni ‘60 del XV secolo in quel supporto ai culti locali riverberato
anche nel progetto ideologico della nuova villa extraurbana.
Considerata
la prima villa fiorentina di tipo umanistico, impostata ex novo secondo innovativi criteri di razionalità e luminosità,
particolarmente amata da Lorenzo il Magnifico, la villa di Fiesole fu la prima
residenza di campagna costruita in planimetria simmetrica aperta su logge verso
il giardino, l'aperta campagna e i panorami della conca fiorentina, e
costituisce il diretto precedente della grandiosa villa di Poggio a Caiano
realizzata dal Magnifico sull'omonimo sito quasi tre decenni dopo. La
personalità di Giovanni di Cosimo, che ne volle la realizzazione, si manifestò
nel forte ridimensionamento della componente agricola e produttiva della villa.
Era infatti la prima volta che una residenza agreste si strutturava
circondandosi di giardini finalizzati a scopi estetici invece di organizzarsi
eminentemente come una redditizia tenuta, orientandosi dunque in favore di ozio
fisico e svaghi che favorissero la contemplazione e l'attività intellettuale.
Grande importanza veniva affidata al fattore 'vista', una percezione visuale
del panorama più ampia possibile. Il sito per l'edificazione venne scelto
proprio in questa prospettiva, perché dominante visivamente su Firenze e buona
parte della valle dell'Arno, anticipando quel risveglio di valori estetici
legati alla contemplazione del paesaggio naturale e antropico poi documentati
anche nel famoso disegno del giovane Leonardo da Vinci del 1473, dove l'artista
immagina se stesso in sommità di una collina a guardare una vallata,
riproducendone i tratti di paesaggio, dando inizio ad un proficuo filone
iconografico legato alla nuova tematica della contemplazione e rappresentazione
di bellezza paesaggistica.
In questa innovativa soluzione progettuale, per la prima volta rispetto ad
esempi precedenti di residenze extraurbane, ai valori economici fondanti
l'insediamento di villa con relativi poderi subentrano dunque valori ideologici
e puramente estetico-contemplativi in una vera e propria innovazione funzionale
ora focalizzata al godimento estetico del bel paesaggio e di un quadro
paesaggistico esaltato, in un peculiare contesto culturale, non come semplice
comprensorio naturale, ma come sostrato a valori estetici e umanistici sulla
radice dei topos letterari virgiliani e petrarcheschi nei quali
ambientare il teatro della vita quotidiana.
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Fig. 1. Vedute di Villa Medici nel paesaggio fiesolano. Sulla destra la massa arborea del lungo percorso alberato privato, fiancheggiato da un selvatico e da un viale cipressato, connesso alla strada provinciale di S. Domenico (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2010)
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Nata
dunque su esplicite priorità estetico-percettive quale oggetto e soggetto di
contemplazione visuale, peculiarità tradotta artisticamente in altrettante
modalità oggettive e soggettive di rappresentazione pittorica in funzione del
panorama e del paesaggio circostante, la villa è stata più volte artisticamente riprodotta. Nella Dormitio Virginis (1486-90), affresco di
Domenico Ghirlandaio nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella e nell'Annunciazione
attribuita a Biagio d'Antonio, pala di fine XV secolo oggi all'Accademia di San
Luca a Roma, villa Medici appare, nitido volume cubico emergente sullo sfondo,
quale evidente eppure integrato oggetto di percezione nel paesaggio. Nell'Annunciazione
di Antonio e Piero Pollaiolo (1470 ca.), presso lo Staatliche Museum di
Berlino, essa è invece presente quale soggetto percettivo: il panorama di
Firenze e della valle dell'Arno incorniciato dalla bifora in prospettiva dietro
l'angelo nunziante è infatti ritenuto da molti storici dell'arte proprio la
splendida veduta che si godeva dalla villa medicea di Fiesole, dunque è nelle
stanze della villa che si svolge la scena del dipinto. La costruzione domina
ancor oggi visivamente Firenze e lo stesso panorama, proponendo ai fruitori uno
splendido quadro paesaggistico e costituendosi protagonista della visuale verso
Fiesole.
Per
l'erto declivio della collina su cui sorge, il complesso villa-giardino di
Fiesole costituisce inoltre un importante esempio di villa extraurbana
edificata in realizzazione ingegneristica e architettonica attribuita
all'abilità costruttiva di Michelozzo – a lui vengono ricondotti i monumentali
terrazzamenti artificiali innalzati su enormi basamenti a regolare il pendio
della collina, con muri di contenimento che sorreggono le due balze principali
appoggiati su contrafforti ed archi di scarico sui quali siede il blocco
dell'edificio principale, ponendosi trasversalmente alle isometriche – risolvendo così ingegnosamente il problema della pendenza di ripido pendio
naturale e
distribuendo il complesso architettonico sui plurimi livelli dei giardini terrazzati specularmente ai quali furono edificati i piani
dell'edificio
che risulta in questo modo intensificato nell'effetto di rilievo e di
sospensione. La villa costituisce anche il primo esempio di realizzazione
speculare fra architettura e sistemazioni a giardino. I cantieri dell’edificio
e delle aree esterne destinate a verde procedettero infatti parallelamente, e
il sito richiese in fase di esecuzione un coordinamento totale di paesaggistica
ed edificazione architettonica, vincolando il procedere dei livelli
dell'architettura a quelli dei giardini pensili terrazzati, definiti nella
tripla trasposizione del modulo planimetrico dell’innovativa architettura
secondo precise regole geometriche.
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Fig. 2. Visuale panoramica dai terrazzamenti di Villa Medici in direzione della conca fiorentina (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2012)
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I terrazzamenti rendono il livello inferiore adibito a
cantine, stalle, tinaia e quello superiore destinato alla residenza, con camere
e saloni pubblici al piano terra e privati al primo, con i piani terreno e
primo dell'intervento ingegneristico a terrazze equivalenti a primo, secondo e
terzo della struttura architettonica, magnificamente affacciata sui giardini e
sul paesaggio. Il
forte declivio e le oggettive difficoltà che il sito comportava in termini
edificatori furono da sempre motivo di ammirazione e di chiara fama per
l'architettura fiesolana, splendida costruzione eretta sull’erto pendio
collinare - nel suo punto più ripido il seminterrato è stato addirittura
scavato nella roccia - affacciandosi mediante i porticati aperti ad arcate
lungo i lati est ed ovest, rispettivamente verso il 'salvatico' e il giardino
segreto della proprietà. Vasari elogiò esplicitamente Michelozzo che a suo dire
dispiegò nella magistrale realizzazione ingegneristica dell'architettura
fiesolana tutta la propria abilità costruttiva distribuendo sui multipli
livelli il complesso architettonico e ad esso associando le sistemazioni
pensili dei giardini. Durante i lavori del cantiere voluto da Giovanni di
Cosimo gli interventi nei giardini fra il 1455 e il 1456 testimoniavano della
collocazione di rose ‘bianche incarnate’ e di garofani bianchi e rossi, di
melograni e agrumi, presumibilmente coltivati a spalliera, 'melangoli' e
‘limoncelli’ fatti venire appositamente da Napoli, probabile nucleo iniziale di
quella collezione agrumicola che avrebbe poi tanto appassionato i Medici e
caratterizzato i loro giardini.
Cenni storici:
Costruita
sopra un'antica casa dei Bardini e precedentemente denominata villa di Belcanto,
la villa di Fiesole, una delle primitive residenze medicee, affiancata al
Trebbio, a Cafaggiolo, a Careggi quale residenza suburbana voluta dalla
politica fondiaria di Cosimo il Vecchio che l'acquistò per il figlio prediletto
Giovanni, si distingue quale prima innovativa tipologia di villa signorile di
campagna, priva dei caratteri medievaleggianti di torri e merlature. Unica fino
ad allora fra le ville di famiglia ad essere nata da un progetto e non da un
restauro, villa Medici, primo esempio di nitida geometria, un volume cubico con
distribuzione planimetrica ortogonale, presenta un aspetto completamente diverso dalle precedenti. Lo stesso Ackerman ha evidenziato come la villa di Fiesole
emerga, regolare, semplice e chiara, dal contesto naturale che la circonda nel
blocco cubico della sua volumetria differenziandosi piuttosto che immergendosi
nel paesaggio, ed aprendovisi visivamente da una posizione nettamente dominante. Assente il vincolo difensivo - militare di eventuali preesistenze,
l'edificio si apre inoltre ai giardini con due logge inglobate nel volume
dell'architettura, dischiudendosi
al panorama circostante con l'affaccio degli splendidi terrazzamenti, cerniera
fra architettura e paesaggio, verso Firenze.
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Figg. 3 e 4. Scorci panoramici verso la conca fiorentina dai giardini di Villa Medici (Fotografie © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Costruita
su una preesistente 'casa da signore' appartenuta a Niccolò Baldi, acquistata
nel 1458, come riporta Guido Carocci nella sua nota guida ai dintorni di
Firenze, da Cosimo il Vecchio de' Medici per suo figlio Giovanni - la villa
compare infatti nella portata al catasto come 'Sustanze e beni comprati per
Giovanni di Choximo' - villa Medici fu ipotizzata edificata tra gli anni 1458 e
1462, ossia tra la presunta data di acquisto della proprietà e la data di morte
di Giovanni. In realtà ricerche più recenti hanno evidenziato come l’acquisto
della proprietà, Cosimo e Giovanni acquisirono i terreni da diversi
proprietari, fra cui Niccolò Baldi, procedendo successivamente ad una
riunificazione delle varie parcelle, "tutti ridotti auno",
e i successivi imponenti lavori debbano essere avvenuti fra il 1451 ed il
1457.
Infatti
nelle portate al catasto del 1451 la villa non è menzionata, ma lo è nelle
portate successive del 1457, dove, descritta come confinante per tre lati con
la viabilità, oggi identificabile in via Bandini, viuzzo di Sant'Ansano e via
Mantellini e per il quarto con i possedimenti della canonica di Fiesole sul
tracciato di via vecchia Fiesolana, è denunciata fra le proprietà di Giovanni
di Cosimo de’ Medici come 'Chasa overo chasamento' già edificata. Dunque
nel 1457 i lavori dovevano essere conclusi almeno per quanto riguardava la
definizione volumetrica di un edificio, 'Chasa', di modeste dimensioni, poi
ingrandita nei possessi da Lorenzo il Magnifico, ne fa fede la denuncia dei
suoi eredi, con l'acquisto di nuovi terreni a viti, pascoli e uliveti. Fu
Giovanni di Cosimo, singolare personaggio dedito ai piaceri ma anche mecenate
di Mino da Fiesole, Donatello e Filippo Lippi - lo stesso Giovanni de' Medici
nel 1455 commissionerà a Donatello due immagini di Madonna in marmo per
la villa di Fiesole, incaricando nel 1456 Desiderio da Settignano per una
mostra di camino in pietra e due 'acquai' e affiderà a Bernardo Rossellino
l'incarico di un portale in arenaria, realizzato l'anno successivo -
raffinato bibliofilo, collezionista, intenditore d'arte, interlocutore e amico
di Leon Battista Alberti, che decise i lavori, rivolgendosi secondo Giorgio
Vasari all'architetto di famiglia Michelozzo di Bartolomeo: "[Michelozzo]
per Giovanni figliuolo di Cosimo de' Medici fece, a Fiesole, il medesimo un
altro magnifico ed onorato palazzo, fondato dalla parte di sotto nella scoscesa
del poggio con grandissima spesa, ma non senza grande utile: avendo in quella
parte da basso fatto volte, cantine, stalle, tinaie, ed altre belle e comode
abitazioni; di sopra poi, oltre le camere, sale ed altre stanze ordinarie, ve
ne fece alcune per libri, e alcune altre per la musica: insomma mostrò in
questa fabbrica Michelozzo quanto valesse nell'architettura; perché, oltre
quello che si è detto, fu murata di sorte, che, ancorché sia in su quel monte,
non ha mai gettato un pelo".
Del
resto la villa di Fiesole difficilmente avrebbe potuto attribuirsi a Cosimo il
Vecchio, che non avrebbe mai scelto per una propria residenza un sito così
scomodo e poco produttivo, sebbene caratterizzato da un panorama letteralmente
splendido. La particolare collocazione del complesso fiesolano impediva infatti
la creazione tutto attorno di una vasta tenuta agricola e l'attenzione costante
di Giovanni, che con il possedimento di Fiesole probabilmente ricostituiva,
sostituendola con la nuova, un'antica proprietà del nonno
per la gestione di altri averi di famiglia, suggerisce come la funzione di
questa dimora fosse principalmente orientata agli ozi letterari, allo svago e
al riposo. L'entusiastica attestazione di Vasari attribuisce una paternità,
quella michelozziana, lodandone l'opera che dopo più di un
secolo dall'edificazione si manteneva ancora in perfette condizioni.
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Figg. 5 e 6. Plurimi scorci panoramici accompagnano nel percorso verso la villa dove sucessivamente al viale cipressato e alla ‘porta’ lapidea d’ingresso la vista si dilata sui giardini davanti al prospetto orientale sul quale si apre l'ingresso principale (Fotografie © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Tuttavia,
mantenendo l'ipotesi di un intervento del Michelozzo, l'architetto potrebbe non
aver lavorato da solo, specie per quanto riguarda la conduzione del cantiere.
Un importante apporto potrebbe essere sicuramente venuto da Giovanni de'
Medici, che si dilettava di architettura, e da altri due architetti, il
Rossellino, autore di un portale della villa, e Antonio Manetti detto il
Ciaccheri, la cui presenza sul cantiere è documentata nel 1455. Vi fu dunque
probabilmente il convergere di sforzi collettivi da parte di un gruppo di
esperti costruttori prediletti dai Medici su Fiesole. Amanda Lillie a sua volta
introduce il nome di probabili capomastri, menzionati in alcune lettere, che
avrebbero anche potuto, in assenza di una documentazione comprovante
Michelozzo, esserne stati se non progettisti almeno realizzatori in situ:
Antonio Manetti Ciaccheri, Lorenzo di Antonio di Geri da San Frediano, Pagholo
Calaffi e Giovanni di Bettino. In particolare Antonio Manetti, tecnico
particolarmente esperto, uno dei più noti seguaci di Brunelleschi, avrebbe
potuto secondo Lillie anche concepire l'elegante ed innovativo progetto della
villa.
Tuttavia, permanendo l'attribuzione a Michelozzo, è comunque ipotizzabile che
questi fosse chiamato primariamente per le sue capacità ingegneristiche legate
ai problemi tecnici della realizzazione delle imponenti strutture di sostegno
su uno dei più scoscesi pendii della collina di Fiesole, risolvendosi poi il cantiere
su precise e pertinenti indicazioni del committente e la direzione e forse in
parte il progetto di Antonio Manetti Ciaccheri. Simone Martini e Donata Mazzini
attribuiscono il cantiere a Leon Battista Alberti in virtù dell'adesione ai
dettami albertiani che accordano economia, necessità e bellezza,
tradotte nella villa fiesolana in armonia delle proporzioni riconducibili a
numero, musica e geometria, e della radicale novità di concezione rispetto ai
precedenti esempi di Trebbio, Cafaggiolo e Careggi.
La
grande mole di documenti e gli accurati rilievi da loro prodotti supporta, pur mancando prove documentarie dirette, la tesi della paternità di
Leon Battista Alberti per l'innovativo progetto della villa fiesolana. Del resto
sia Giovanni che Cosimo de' Medici conoscevano personalmente Michelozzo, ma
anche Alberti, la cui presenza a Firenze è documentata negli anni 1446, 1447,
1448, 1450. Luitpold Frommel fa notare anche come in effetti ai postulati del De Re Aedificatoria corrispondessero
molti caratteri della villa, fra cui la priorità attribuita al panorama e al
clima, la rinuncia ad ogni ornamento, l'identità della villa suburbana come
variante della casa cittadina del signore - la pianta della villa fiesolana
deriva infatti più da palazzo urbano che da casa rurale - la distribuzione,
descrizione e ubicazione delle singole stanze della villa, la distribuzione
ternaria di sala, camera e anticamera, poi ripresa anche a Careggi, che
ricordano i tre ambienti di un disegno autografo dell’Alberti. Tuttavia
mancherebbero le proporzioni e le forme perfette che contraddistiguono le poche
costruzioni albertiane paragonabili, ed è ipotizzabile che Giovanni de' Medici
abbia, come del resto tanti altri committenti, discusso il progetto con
l’Alberti con il quale era in frequentazione nei soggiorni a Roma e in rapporti
di amicizia, come da documenti epistolari. Allo stato attuale degli studi non
sembrano esistere prove incontrovertibili che consentano di affermare con
certezza quale tra questi architetti, tutti attivi nell'orbita
medicea, sia da considerarsi l'autore della villa.
Dal
1451 al 1455 si procedette all'edificazione dell'architettura e fino al 1457
alla sistemazione agraria dei terreni, alla piantagione dei frutteti, alla
collocazione dei mobili e degli arredi, comprese le due Madonne commissionate a
Donatello. Come sottolineano Martini e Mazzini l'edificio a pianta
quadrangolare, originariamente di 32x32 braccia fiorentine, fu ed è a tutt'oggi
un esempio emblematico di architettura protorinascimentale, dal volume
essenziale, dalle superfici intonacate sulle quali si aprono le finestre dalle
sobrie cornici in pietra serena e con le ampie logge,
non aggettanti ma facenti parte del volume architettonico, aperte sul panorama
circostante.
La razionalità del progetto è evidenziata anche
nelle misure che lo contraddistinguono, che vedono la sovrapposizione,
probatoria di un accurato e raffinato approccio progettuale, di una griglia
modulare di 4x4 braccia fiorentine (una canna
mercantile) lungo la quale si dispongono le murature principali. Anche il
giardino originario, sorto contemporaneamente all’architettura - il sito
richiese infatti un coordinamento totale di paesaggistica ed edificazione e i
livelli dell'architettura procedevano parallelamente ai terrazzamenti dei
giardini pensili - seguiva precise regole geometriche definendosi nella tripla
trasposizione del modulo planimetrico della villa il cui corpo di fabbrica
principale non presenta il cortile centrale, sostituito invece dal salone centrale
che connette le due logge aperte sui fronti est ed ovest.
Sin dalla sua edificazione la villa medicea di
Fiesole suscitò profonda eco nei coevi ambiti letterari umanistici. Negli scritti di
molti classicisti dell'epoca frequenti sono le citazioni ed evocazioni
dell'amenità dei luoghi. Agnolo Poliziano in una lettera a Lorenzo il Magnifico
scriveva: "sed ego quoque
imitatus exemplum, seu fugitivus urbis, assidus in Fesulano sui, com Pico
Mirandola meo; cenobiumque illud ambo regularum canonicorum frequentavimus, avi
tui sumptibus extructum".
Sempre il Poliziano, frequentemente ospitato dall'amico Lorenzo nella villa di
Fiesole, nel suo poema Rusticus,
composto proprio a Fiesole attorno al 1486, celebrando gli scritti bucolici di
Virgilio ed Esiodo compilava "Talia
Fesuleo letus meditabar in antro, Rure suburbano Medicum, qua Mons sacer urbem
Maeoniam, Longique volumina despicit Arni, Qua bonus ospitium felix,
palcidamque quietem Indulget Laurens".
Come già sopra accennato, le più antiche fonti
iconografiche, nelle quali peraltro l'edificio è ritratto in sintonia con le
descrizioni tramandate da Giorgio Vasari, sono la Dormitio Virginis,
(1486-90) affresco parte del ciclo Storie della Vergine e san Giovanni Battista
che Giovanni Tornabuoni aveva commissionato nel 1487 a Domenico Ghirlandaio, a
tutt'oggi nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella, e l'Annunciazione
attribuita a Biagio d'Antonio, pala di fine XV secolo, oggi all'Accademia di
San Luca a Roma. Come attestato dai due dipinti villa Medici costituiva all'epoca un'eminenza paesaggistica nella realtà agraria del contado attorno a Firenze.
L'idea più precisa dello stato di fatto
originario del complesso fiesolano emerge proprio dalla veduta della Dormitio
Virginis del Ghirlandaio. Nel dipinto il fronte orientale del volume
cubico, di chiaro intonacato, dell'edificio su due livelli si apre verso il
giardino e il paesaggio tramite la loggia in quattro arcate. Nell'affresco il
giardino terrazzato corrispondente al piano nobile della villa prosegue in un
terrazzo inferiore dove si distingue contro il muro quella che sembra una pergola. La
facciata meridionale verso valle comprende tre aperture, delle quali probabilmente una
porta-finestra. Nel contesto dei legami parentali della società fiorentina
della fine del XV secolo non sorprende che una villa medicea venisse rappresentata
in un affresco commissionato da Giovanni Tornabuoni, zio materno di Lorenzo il
Magnifico.
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Figg. 7. 8. 9. Villa Medici come riprodotta nella Dormitio Virginis, (destra) e nell'Annunciazione attribuita a Biagio d'Antonio (centro), dove emerge nettamente nel paesaggio, ed evocata nell'Annunciazione di Antonio e Piero Pollaiolo (sinistra), dove dalla bifora sullo sfondo appare incorniciato proprio quel panorama di Firenze e della valle dell'Arno che da essa si può godere
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Nell'Annunciazione di Biagio d'Antonio,
che lavorò in alcune occasioni con il Ghirlandaio, la villa appare sullo
sfondo, integrata nel paesaggio, con i terrazzamenti del giardino e con la
grande pietra che diede al sito il nome, testimoniato dall'inventario mediceo
del 1492, 'el Xaxo Grosso'. La facciata orientale è riportata a tre campate ed
il terrazzo inferiore è collegato da una scaletta con il terrazzamento
principale davanti al loggiato. Risulta ben evidente come l'edificio della
villa sia nettamente simile per forma e collocazione a quello dipinto
nell'affresco di Santa Maria Novella, da cui è stato probabilmente copiato,
come del resto le stesse figure della composizione dell'Annunciazione, che
derivano evidentemente dall'Annunciazione del Ghirlandaio collocata sul muro
sinistro della chiesa domenicana.
Un
dipinto in cui la villa non è visibile direttamente ma è protagonista,
svolgendovisi la scena, è l'Annunciazione di Antonio e Piero Pollaiolo
(1470 circa) conservata presso lo Staatliche Museum di Berlino, dove il
panorama di Firenze e della valle dell'Arno incorniciato dalla bifora in
prospettiva dietro l'angelo nunziante è ritenuto da molti storici dell'arte
proprio la splendida veduta che si godeva dalla villa medicea di Fiesole.
Nel
1463 Giovanni de' Medici morì senza eredi, seguito l'anno seguente dal padre
Cosimo il Vecchio. La proprietà passò dunque per asse ereditario a Piero di
Cosimo de’ Medici, detto il Gottoso, e nel 1469 a suo figlio Lorenzo il
Magnifico, che la ampliò, incrementandone considerevolmente le rendite, con
l'acquisto di vari terreni e quattro cave di pietra e la rese assieme a Careggi
centro dell'Accademia neoplatonica, consacrandola uno dei luoghi più ammirati e
citati della fine del Quattrocento. Abitualmente frequentata da Lorenzo e dai suoi familiari, la Villa di Fiesole ospitò illustri uomini di
cultura, Agnolo Poliziano, Cristoforo Landino, Pico della Mirandola, Marsilio
Ficino, Ugolino Verino, Pietro Baldi Del Riccio, Bernardo Nuti, Guido
Cavalcanti. Nel periodo laurenziano la villa accentuò quella funzione, già
emersa all'epoca di Giovanni, di ritiro spirituale e circolo culturale nello
spirito umanistico, divenendo un luogo di ritrovi letterari frequentato da
Marsilio Ficino e Agnolo Poliziano che proprio in questo isolato buen retiro
scrisse il Rusticus. Nel 1478 inoltre lo stesso Ficino in una
lettera al Poliziano descriveva, accanto alla mitezza favorevole del clima, lo
splendore e la magnifica collocazione paesaggistica della villa di Fiesole da
cui si godeva una mirabile vista sulla città di Firenze.
Un dipinto, perduto, descritto da Federigo Otone Manckenio nella biografia Vita
di Angelo Poliziano, edito a Lipsia nel 1736, rappresentava poi Marsilio
Ficino, Cristoforo Landino, Agnolo Poliziano e Demetrio Calcondila a colloquio
nella villa di Fiesole.
L’inventario
delle proprietà di Lorenzo redatto nel 1492, alla sua morte, descrive
accuratamente la villa di Fiesole tanto amata dal Magnifico, e da lui
frequentemente vissuta, rivelandone la disposizione interna, con la camera "si dice di lor[enz]o" e
la sequenza delle cantine voltate, parzialmente scavate nella roccia, al piano
interrato, lo scalone principale e a ponente la loggia, "una loggia a uso di ringhiera con muriccioli
atorno di pietra et spalliera di mattone"
che dava sul salone centrale e le camere ad esso perimetrali, le stanze per gli
ospiti, gli ambienti privati e la cucina al primo piano. Vengono accuratamente
descritti anche i tre giardini, uno più formale, murato e suddiviso in diverse
aiuole, gli ‘orticini murati e recinti
di mura’, uno con il ‘boschetto’, ‘arcipressi abeti ed altro’
destinato molto probabilmente all’uccellagione con reti, posto in
corrispondenza dell’attuale viale d’accesso, a livello inferiore un orto, l''ortaccio', adiacente agli ambienti di
servizio che erano collocati all'interno di un piano seminterrato scavato nella
roccia.
Nel
trattato De Re Aedificatoria, pubblicato nel 1485 con il patrocinio di
Lorenzo il Magnifico, nipote di Giovanni di Cosimo, ma scritto intorno alla
metà del secolo e concluso nel 1452, dunque nello stesso periodo
dell'edificazione della villa fiesolana, trattando nel V capitolo della villa
di campagna e del giardino suburbano Alberti prescriveva, abbandonando
decisamente il modello della residenza fortificata, che le residenze da signori
nel contado si dovessero caratterizzare, per collocazione, poco fuori la città,
in posizione panoramica, ad un'altezza dominante il sito, in termini di
luminosità, espansione all’esterno tramite terrazzo e loggia, filtro ai
giardini attorno, specificando per la distribuzione interna la necessità di un
salone centrale, il sinus albertiano, a sostituzione del cortile
loggiato, peraltro presente nelle precedenti residenze medicee cosimiane.
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Fig. 10. Ricostruzione della pianta del piano terra della villa medicea di Fiesole sulla base dell'inventariodei beni di Lorenzo il Magnifico del 1492 con:
1. Ringhiera tutta di pietra e trafori e chompassi et dinnanzi alla porta principale del Palagio
2. Andito a l'entrare della porta
3. Sala grande terrena in suddetto andito
4. Maghazzino di detta sala
5. Chamera riscontro l'uscio della sala
6. Altra chamera in suddetta sala
7. Chamera ch'è su l'andito detta dele due letta ovvero de forestieri
8. Antichamera di detta camera
9. Loggia dell'orto che è a detto piano
10. Pianerottolo della scala da ire su di sopra
da MAZZINI D., MARTINI S., Villa Medici a Fiesole. Leon Battista Alberti e il prototipo di Villa Rinascimentale, a cura di D. Mazzini, Firenze, Centro Di, 2004
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La
villa di Fiesole sembra riproporre tutte queste indicazioni, prospettandosi
chiaramente come emerito prototipo di villa rinascimentale e straordinaria
innovazione nella forma e nella funzione, supplendo i valori economici con
valori ideologici e puramente estetico-contemplativi. Essa costituì dunque
sotto molti aspetti una novità assoluta, una decisiva svolta rispetto
all'architettura rurale nella Toscana del XV secolo nel totale rinnovamento di
quei tradizionali concetti architettonici che la proposero ad unicum,
più volte ripreso quale esempio e modello di residenze signorili nel corso del
Rinascimento.
Nel
1566 Cosimo I, a breve granduca, che aveva riunito in sé i due rami della
famiglia Medici, risultava il proprietario del complesso fiesolano, iscritto
nei beni immobili dello Scrittoio delle Regie Possessioni con dettagliate
descrizioni della villa, dei giardini, numerati in tre, e gli annessi dei
poderi e delle loro coltivazioni. Durante il periodo del governo di suo figlio
Ferdinando I la villa risultava proprietà del fratello minore Pietro per poi
comparire nel 1611 tra i beni del cardinal Carlo, fratello di Cosimo II, che
alla sua morte la lascerà in eredità al nipote Cosimo III, penultimo granduca,
il quale nel 1671, considerandola inadeguata alle esigenze della corte, decise
di venderla all'amico e consigliere di stato Cosimo Del Sera che subito iniziò
un'importante opera di restauro dell'intera proprietà. La stima per l'acquisto
menzionava espressamente e descriveva i tre giardini, i due terrazzati sul lato
est e quello trapezoidale sul fronte ovest. Per asse ereditario la villa passò
poi al di lui figlio Paolo Alessandro Del Sera e nel 1721 alla famiglia
Durazzini, cui apparteneva Diacinta, la vedova dell'ultimo Del Sera.
Posta
dai Durazzini a pubblico incanto nel 1722, villa Medici venne acquistata dai
Borgherini, che la abitarono stabilmente fino al 1768 e a seguito
dell'estinzione della famiglia nel 1771 fu per breve tempo del Tenente
Colonnello Albergotto degli Albergotti, che la rivendette nel 1772 a Margaret
Rolle d’Ayton, vedova di Lord Walpole conte di Orford, fratello del più celebre
Horace, contessa di Orford, nonchè vedova del secondo marito, Sewallis Shirley,
trasferita dall'Inghilterra in Italia. Accanto al contratto di vendita si stese
un preciso inventario degli arredi della villa aggiungendovi anche una nota di
spese, di circa 1260 ducati, per lavori di manutenzione dei muretti a secco e
delle decorazioni alle vasche eseguiti nello stesso anno alla villa e ai giardini.
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Fig. 11. Veduta verso il Gazebo di Lady Orford nel giardino superiore e, in basso, la soluzione di dislivello fiancheggiata dal pergolato del giardino inferiore (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2010)
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Lady
Orford ampliò l'architettura del palazzo portandolo alle attuali proporzioni di
grosso cubo a eguale sviluppo longitudinale per tutti i lati con l'aggiunta di
una fetta muraria annessa al lato nord. Sappiamo dai contatti epistolari fra
Sir Horace Mann, console della corona britannica a Firenze, ed Horace Walpole,
che tra il 1776 e il 1777 la contessa intraprese lavori per aprire una via
carrozzabile ai fini di rendere più comodo l'accesso alla villa sul fronte est,
che con il giardino a fianco divenne poi l'accesso principale e lo spazio
ufficiale di accoglienza delle vetture. I documenti epistolari lasciano anche
intendere che il cantiere, i cui esiti venivano giudicati convenienti e felici,
essendo citato per l'ultima volta nel 1777 dovesse essere terminato poco tempo
dopo. A Lady Orford, che incaricò l’architetto Niccolò Gasparo Paoletti, sono
state riferite le più consistenti trasformazioni della villa, concentrate nella
realizzazione dell'ingresso a est, ricostruito con il tamponamento dell'arco
destro della loggia, e nella costruzione del citato viale carrozzabile,
arricchito da un piccolo belvedere e da un'edicola sul margine opposto, che
immetteva nel giardino superiore. Secondo alcune interpretazioni in questa fase
sarebbe stata aggiunta all'edificio l'intera ala nord fino ad interessare il
confine con l'attuale via Vecchia Fiesolana, determinando quindi il rialzamento
dell'impianto di copertura e la conseguente modifica delle proporzioni
volumetriche della costruzione.
Al
pittore Paolo Piantini, già attivo in precedenza nella proprietà, venne
affidato il nuovo assetto decorativo degli interni concordando una serie di
bozzetti con sfondi di archi, nicchie, colonne e soffitti affrescati di vago
sapore barocco che però vennero disattesi nella traduzione operativa, con la
conseguente citazione in giudizio. Lady Orford soggiornò alla villa per brevi
periodi, viaggiando con il suo accompagnatore Giulio Mozzi fra Firenze, Napoli,
Roma e Parigi, come testimonia la documentazione epistolare del Mozzi. Nel
1781, in seguito alla morte della nobildonna inglese, il Mozzi ricevette in
eredità sia la villa di Fiesole che numerose altre proprietà a Firenze, Roma e
Napoli. Nel 1782 Giulio Mozzi diede inizio ad una ulteriore fase di ampliamenti
con la ristrutturazione, nell'anno seguente, della Cappella, ‘indotta nuovamente ad uso sacro’.
Risale probabilmente a questo periodo l'originale decorazione geometrica a
riquadri, dipinta sulle facciate, illustrata da Telemaco Buonaiuti nel 1826 ed
ancora esistente nei primi anni del Novecento.
Dal
1813 al 1862 la villa risulta di proprietà di Pier Giannozzo Mozzi del Garbo, e
nel 1862 viene acquistata dal pittore e mercante d’arte inglese William
Blundell Spence che nel 1865 ne fece restaurare i muri esterni e allargare il
viale carrozzabile ritrovando tracce di antiche mura etrusche, come da lapide
apposta conseguentemente nel 1865 sul lato del viale d'accesso in prossimità
del giardino superiore.
Fra
l'Ottocento e il Novecento villa Medici visse il suo periodo anglo-americano,
con proprietari come l'artista Blundell Spence fino al 1897, Harry Mac Calman
dal 1909 al 1911 e Lady Sybil Cutting dal 1911 al 1959. Lady Cutting, che
frequentava il salotto culturale di Bernard Berenson e proteggeva giovani
artisti e scrittori, renderà Villa Medici un secondo ritrovo, con villa I
Tatti, per l’intellighenzia angloamericana dell’epoca. Fu Lady Cutting
ad incaricare dei lavori di trasformazione della sua proprietà l'architetto
inglese Cecil Pinsent, coadiuvato dall’amico Geoffrey Scott che nel 1918
sposerà la nobildonna inglese trasferendosi con lei nella proprietà fiesolana.
Nel
1915 iniziarono i lavori di ristrutturazione del giardino, in particolare nel
terrazzamento inferiore, dove venne ricreato un disegno quattrocentesco con due
parterres articolati intorno ad una fontana circolare con un sobrio
percorso coperto da un pergolato, e nel giardino sul lato ovest della
proprietà. La cappella venne trasformata in biblioteca, e una stanza del piano
nobile fu arredata con una libreria laccata in rosso e oro in stile
cinese.
Percy
Lubbock, secondo marito di Lady Cutting, affiancato dall'architetto paesaggista Cecil Pinsent intervenne, nel 1915, nel giardino inferiore
con un disegno geometrico neorinascimentale. Al posto della grande serra con
piante esotiche furono disegnati due vialetti a croce che dividevano lo spazio in
quattro spartimenti a siepi di bosso con vasca al centro. Pinsent e Scott
intervennero, sempre su disegno pseudoquattrocentesco, anche nel giardino a
ovest con il tracciato tuttora conservato di quattro percorsi con all'incrocio
una vasca di forma ellittica, delimitanti altrettanti spartimenti perimetrati
da bosso piantumati al centro da quattro magnolie.
Pinsent
disegnò anche la pergola con pilastri in pietra e orditura in legno che
protegge il camminamento fra il dislivello dei due terrazzamenti principali.
Nel 1938 lady Cutting donò la proprietà di Fiesole alla figlia Iris Cutting
Origo, che nel 1959 la vendette a un industriale pratese ai cui eredi
appartiene tuttora.
Caratteri
tipologici e architettonici:
La
villa medicea di Fiesole, una delle più antiche residenze, con Trebbio,
Cafaggiolo e Careggi, di proprietà della famiglia Medici, si colloca sulle
ripide pendici del fianco meridionale della collina fiesolana. Costituì da
subito una novità assoluta, una decisiva svolta rispetto all'architettura
rurale nella Toscana del XV secolo nel superamento dei tradizionali concetti
architettonici, un unicum postosi ad esempio e modello più volte ripreso
nell'edificazione di dimore signorili nel corso del Rinascimento.
Per
la sua posizione dominante l'intera valle dell'Arno e per l'emergere netto del
suo volume incastonato sui magnifici terrazzamenti a giardino costituisce ad
oggi un elemento caratterizzante il paesaggio nei dintorni di Firenze.
L'immobile,
primo esempio di traduzione architettonica di istanze culturali umanistiche,
impostato ex novo in impianto
modulare quadrato secondo i dettami albertiani dei criteri di simmetria,
razionalità distributiva, luminosità, si presenta come un volume
approssimativamente cubico, aperto su logge, per la prima volta inglobate
nell'architettura, verso il giardino, verso l'aperta campagna e verso i
panorami della conca fiorentina, sorretto da un complesso gioco di
terrazzamenti che regolarizzano il forte declivio della collina. Vi si accede
da un lungo percorso alberato privato, fiancheggiato da un selvatico di lecci e
da un viale di cipressi, connesso alla strada provinciale di S. Domenico.
Superato un annesso rurale la vista si apre su plurimi scorci panoramici per
approdare all'ingresso e alla vista dei giardini davanti il prospetto orientale
sul quale si apre l'ingresso principale. Locus
amoenus di matrice virgiliana secondo l'ideale umanistico e la nuova
sensibilità estetica del bel paesaggio, proprio con la villa di Fiesole si
fondarono, per la prima volta, i valori dell'insediamento sulla percezione
visiva e sulla nuova ideologia contemplativa della bella veduta in declinazione
naturale e antropica. Altri ingressi si trovano lungo il fianco nord, sulla via
Vecchia Fiesolana e lungo la strada vicinale di S. Ansano, fiancheggiata da
campi e uliveti digradanti.
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Figg. 12. 13. Particolari del lungo pergolato nel giardino inferiore che raccorda volumetricamente i due livelli dei giardini terrazzati superiore e inferiore in direzione sud, verso il panorama della conca fiorentina (Fotografie © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Il
complesso architettonico, splendidamente conservato, si articola su tre piani
complessivi, collegati ai terrazzamenti a giardino sui quali prospettano le
facciate intonacate con aperture contornate in pietra serena a mostra piatta e
copertura a falde in coppi. Due i piani superiori, il primo con salone centrale
a vela unghiata e stanze perimetrali voltate a vela e a botte in cui si
collocano il salotto con carte cinesi raffiguranti elementi floreali stilizzati
ed uccelli e la biblioteca con arredi lignei laccati in rosso e oro realizzati
su disegno di Cecil Pinsent. Allo stesso piano afferiscono le due logge voltate
a crociera sui fronti est ed ovest. Il secondo piano ospita camere a soffitto
ligneo a cassettoni. Il piano basamentale, in parte scavato nella roccia, per
cantine e spazi di servizio con volte a crociera, è collegato con il lato
terrazzato sul fronte sud.
La
facciata principale ad est è pressoché simmetrica, con loggia a tre arcate a
tutto sesto su pilastri quadrati e lesene, volte a crociera decorate con motivi
a grottesche, due porte ai lati e aperture finestrate regolari al primo piano,
come il corrispondente prospetto a ovest, con loggia a quattro archi a tutto
sesto su pilastri e, sopra, cinque finestre. Il fronte nord, su via Vecchia
Fiesolana, presenta varie aperture finestrate sui due livelli e una porta, e
il fronte sud, che si affaccia sul panorama della valle verso Firenze, due file
di finestre, quattro a piano terra e sei al primo, nonchè aperture di accesso e
illuminazione a livello dei locali di servizio seminterrati.
La
proprietà comprende anche un secondo edificio, la 'fabbrica di moderna
struttura', un tempo adibito a scuderia, nel corso del XIX secolo trasformato
in villino, una rimessa per piante ristrutturata in abitativo e un altro
edificio, vicino all'ingresso, ampio annesso abitativo per i lavoratori del
podere, nonchè un gruppo di case al livello più basso con l'ingresso sulla via
Bandini.
Attualmente
la disposizione degli spazi a giardino, cui si aggiunge il percorso d'accesso -
dove a metà si colloca l'ingresso all'acquedotto mediceo con grande voltone e
una fontana con decorazione a mosaico - e con duplice fila di cipressi
adiacenti ad un selvatico e ad un altro percorso cipressato, probabile
testimonianza di un'antica ragnaia, ricalca quella originaria.
Il
giardino della villa medicea di Fiesole è nel complesso distribuito su un
sistema di tre terrazzamenti, di cui due aperti verso sud, raccordati tra loro tramite un lungo pergolato coperto con Rosa banksiae, e uno verso ovest.
Nel corso dei secoli il giardino ha mantenuto un assetto formale senza
risentire ne’ delle mode paesaggistiche ottocentesche ne’, tanto meno,
dell’eclettismo successivo. L’aspetto attuale è ancora, nelle linee essenziali,
quello progettato a cavallo della guerra 1914-18 da Cecil Pinsent e da Geoffrey
Scott su incarico di Lady Cutting secondo i geometrisimi di uno stile
neo-rinascimentale. L’intervento volle recuperare la stessa distribuzione
spaziale che esisteva nel XVI secolo e, sia pure nella necessaria diversità
morfologica e botanica fra il giardino quattro-cinquecentesco e quello attuale,
si riscontra una stretta continuità.
Il
giardino superiore, posto allo stesso livello del piano nobile della villa
davanti all'ingresso principale, si apre a sud sul panorama della conca
fiorentina ed è perimetrato sul lato lungo da una limonaia con cornici e fregi
in stucco, rampicanti e spalliere di agrumi dopo la quale, lungo il lato a
monte, un sistema triassiale di aiole parallele di rose, le prime due
interrotte al centro da una piccola vasca, invita verso l’edificio. E’
suddiviso da tre pratelli delimitati da cordoli, lungo i quali prendono posto
nei mesi caldi numerosi vasi con limoni e aranci, che ospitano olivi centenari,
con al centro una Magnolia grandiflora, due Paulonia tormentosa e
una siepe emiesagionale di alloro, aiuole di rose e fiori stagionali, una vasca
decorata a mosaico e un belvedere a mosaici in pietra e conchiglie, di epoca
settecentesca.
Il
giardino inferiore, alla base dell'importante muro di contenimento che chiude a
nord il terrazzamento soprastante a cui è incernierato da un lungo pergolato a
rose rampicanti al di sotto del quale per tutta la lunghezza corre una
piattabanda rialzata che risolve il dislivello, piantumata con erbacee da fiore
disposte secondo uno schema geometrico, è ugualmente aperto a sud sullo
splendido panorama di Firenze. Spartito in quattro quadrati delimitati da
cordoli disposti ortogonalmente all’asse maggiore e separati da una piccola
vasca centrale, ospita quattro Magnolia grandiflora e due tassi topiati
a cupola contornati da geometrie in siepi di bosso, aiuole fiorite e limoni in
vaso. Da un confronto con il rilievo di Geoffrey Jellicoe (1925) emerge
nettamente come la sistemazione attuale sia ancora quella progettata da Cecil
Pinsent.
Il
cosiddetto giardino 'nascosto' o ‘segreto’, sul versante occidentale della
villa, al quale si può accedere da un cancello su via Vecchia Fiesolana o
tramite una scala interna al pergolato direttamente dall'edificio, è di forma
trapezoidale ed impianto formale. Delineato su due lati da un parapetto in
pietra, si suddivide in quattro aiuole a prato, contornate da siepi in bosso con quattro magnolie, una fila di cipressi e aranci lungo
il muro nord ed una vasca ellittica al centro.
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ASFi
= Archivio di Stato di Firenze.
*
Architetto, Paesaggista, Dottore in Progettazione Paesistica, studiosa di
paesaggio e di storia e simbologia dei giardini.
©
Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la
fonte.
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