La villa e il contesto
paesaggistico: Emergente nella
Valdinievole fra le propaggini meridionali del Montalbano occidentale ed il
fiume Arno, sul colle confinante con i luoghi strategici del Padule di
Fucecchio, Cerreto Guidi deriva il proprio toponimo e l'arme, un albero di
cerro, dall'abbondanza di Quercus cerris che fino all'anno mille
caratterizzava le sue contrade. Dopo il più antico appellativo di Cerreto in
Greti, dalla sottoposta contrada dei Greti dell'Arno, assunse quello di Cerreto
Guidi dal nome della famiglia dei conti Guidi, che per secoli, e fino al 1273,
ebbero giurisdizione e potere sui numerosi feudi del territorio, poi ceduti
alla città di Firenze.
La villa medicea, posta al centro di un ingente complesso di proprietà unito a
quello di Montevettolini e prossimo a quello dell'Ambrogiana, evolveva il
modello di dimora privata di campagna del ricco possidente nella saltuaria
residenza, a finalità precipuamente venatoria, del granduca, per il quale
costituiva anche una tappa di rilevante peso politico nell'avanzata delle
possessioni granducali lungo il corso dell'Arno. Ergendosi all'interno dell'originaria
cinta difensiva circolare del borgo medievale, sulle mura in parte abbattute
dell'antico castello, si collocava inoltre al centro del paese di Cerreto
Guidi, proprio sul poggio, caratterizzando fortemente con la propria presenza
la morfologia dei caratteri antropici del paesaggio. Nucleo del centro storico
di Cerreto, ne definiva infatti il successivo disegno urbano a raggiera, tipico
della cinquecentesca funzione della villa come centro dell'amministrazione
rurale, orientandone lo sviluppo lungo le direttrici stradali, estese verso la
campagna ed in seguito punteggiate di oratori. La villa è posta al centro
dell’abitato; ha quindi rapporti immediatamente diretti esclusivamente con esso
mentre, per le molteplici funzioni che vi avevano luogo - amministrazione,
difesa, agricoltura, caccia, pesca, svago - a lungo è stato molto stretto il
rapporto con il territorio circostante. Il giardino rettangolare, relativamente
piccolo e dall’impianto formale, con l’ingresso in asse a quello della villa, è
collocato a suo tergo.
I dintorni di Cerreto
suscitarono da sempre l'interesse di Firenze, che vi intravvedeva le
potenzialità di un'area territorialmente strategica, importante, a confine con
la Valdinievole e con la Lucchesia, poi luogo di sosta nei lunghi viaggi della
corte medicea verso i soggiorni a Pisa e nella Maremma, risorsa di grano e vini
di pregio, nella zona paludosa di Stabbia ricco di abbondante pesca e, nelle
estese aree boschive, di numerosa selvaggina. Già nel 1500 i Medici vi avevano
intravisto possibilità di vantaggiosi raccolti, poderose cacce e proficue
pesche, e proprio a Cerreto, dove nel corso del XV e ancor più nel XVI secolo
avevano accumulato un ingente patrimonio fondiario, sia per eredità del ramo di
Cosimo il Vecchio e di Lorenzo il Magnifico, sia per nuovi copiosi incrementi
in un esteso programma di investimenti immobiliari nel contado, eressero la
maestosa villa, emblema di un preciso rapporto di autorità e dominio con il
territorio. Anche se gli acquisti cosimiani nel castello e nelle campagne della
podesteria di Cerreto Guidi e Vinci iniziarono solo nell'inverno del 1564 l'interesse del duca
Cosimo I per Cerreto era nato molto prima. Dal 1542 in poi numerose
lettere attestano infatti la sua presenza in questi luoghi per lunghe battute
di caccia e soggiorni in ospitalità, presumibilmente, presso proprietà della
famiglia Gaddi.
Fu con il bando del 7 novembre 1549 che venne bandito per la prima volta il
territorio di Cerreto, i cui confini, riconfermati anche da notificazioni
successive, rimasero invariati fino al bando generale del 1622. Le prime
disposizioni sulle privative, emanate appunto il 7 novembre 1549 e nell'anno
successivo, seguite da altre, nel 1591, nel 1593, nel 1662, nel 1720, erano
motivate dagli abusi di privati che senza licenza cacciavano nelle proprietà
medicee, e riservavano al solo duca e ad alcuni privilegiati, proprietari o
concessionari, l'uso dei fondi o dei fiumi o dei laghi messi in bandita.
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Fig. 1. Scorcio della villa di Cerreto Guidi e dei ‘ponti medicei’ dal livello stradale (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Vasta è la serie di notifiche volte a rimodellare, restringere, ampliare i confini e le regole di
caccia e di pesca sui territori del Monte Albano, ove si collocava appunto la
bandita di Cerreto Guidi, confinante con quella di Poggio a Caiano, a cui
successivamente verrà annessa la riserva di Vinci. Il 2 novembre 1556 un nuovo
bando estese a tutte le persone la facoltà, prima concessa solo ai cittadini
fiorentini, di cacciare nella bandita con ragne, paretai e frasconaie; in
seguito, col bando del 17 luglio 1568, tale prerogativa ritornò ai soli
fiorentini. Sempre nei luoghi di Cerreto, dove da tempo era stata creata la
bandita di pesca dei Berardi a Malmantile, posta fra Lastra e Montelupo, venne
successivamente creata una nuova bandita di 'pesca del lago Acquarata' di
proprietà di don Antonio Medici. Incentivo all'investimento, contributo alla
valorizzazione e modificazione di territori depressi, la presenza della villa
medicea rendeva necessari costanti lavori di consolidamento e manutenzione
ordinaria a strade, ponti, torrenti, ripe, nel territorio di Cerreto. La
costruzione del palazzo di Cosimo I riqualificò dunque i luoghi, e i soggiorni
del duca, che con i suoi spostamenti di villa in villa, a seconda delle
stagioni e dell'attività, proponeva un modello di corte itinerante che si
riallacciava a formule cavalleresche e cortesi, verificando in prima persona le
potenzialità economico-produttive dei beni della corona ed assicurando in
questo modo una costante supervisione delle proprietà e dei territori, imposero
il miglioramento della rete delle comunicazioni. Durante il XVI secolo nella
podesteria di Cerreto e Vinci e lungo la via Empolese, per alcuni tratti
costruita ex novo, si procedette
infatti a cospicui lavori alla viabilità, accanto alla costruzione di due nuovi
ponti, sul torrente Vincio, di cui vennero sistemati tutti gli argini, e sul
fiume Streda.
Cenni storici:
Possesso dei Conti
Guidi, un documento che nomina il luogo risale al 1086, fino al 1273, quando lo
alienarono a Firenze per 8000 fiorini, il sito suscitò l'interesse di Cosimo I
dei Medici fin dagli anni '40 del XVI secolo. Sembra tuttavia che i lavori di
edificazione del nucleo originario della villa, dapprima semplice casino di
caccia, cominciassero verso il 1555. Tuttavia dalle fonti documentarie l'inizio
dell'impegnativo cantiere della residenza medicea si può far risalire in prima
istanza al 4 novembre 1564 con acquisti da vari venditori nel castello e nelle
zone limitrofe, e poi al 1565, data nella quale si riscontrano continuativi
pagamenti a cadenza periodica per mezzi e materiali. Sono proprio gli acquisti
compiuti nel 1564 che consolidano, riguardando ambiti ad esso strettamente
connessi, la futura costruzione del palazzo definito dai documenti "murato
di nuovo" nel 1566, vincolandolo al sito, il poggio dell'antico castello
ormai fatiscente dei conti Guidi, e alla struttura difensiva dell'antico nucleo
originario.
Tale datazione
comporterebbe la fondata ipotesi di un intervento di Bernardo Buontalenti,
architetto militare, esperto in opere di consolidamento necessarie alla ripa
antistante il palazzo, all'epoca maturo progettista da tempo attivo presso i
committenti medicei. L'apporto buontalentiano risulterebbe evidente a molti
studiosi nelle caratteristiche architettoniche dell'austero complesso, in
particolare nella concezione spaziale e nella monumentalità che
contraddistingue le rampe d'accesso ‘a scalera’, le scalee principali
denominate ‘ponti’, o più spesso ‘ponti medicei’, per la costruzione delle
quali venne demolita buona parte delle mura castellane interne. I ponti, che
consentono l'accesso al piazzale antistante la villa, sono quattro imponenti
rampe di scale perfettamente simmetriche in mattoni faccia a vista e pietra
della Gonfolina.
Presentano alcune
aperture, un tempo di accesso alle scuderie poste al di sotto del grande
piazzale, e si pongono in rapporto dicotomico, buontalentiano, con l'intonaco
delle facciate della villa, disegnando quel basamento che a Cerreto Guidi
svolgerebbe la stessa funzione di supporto naturale del terreno, zoccolo ad un
innalzamento del piano prospettico, che si riscontra anche nelle ville di
Petraia e Artimino.
Del resto la presenza,
perlomeno occasionale, del Buontalenti nel cantiere della villa è attestata da
un documento d'archivio, un ricordo scritto su taccuino da Alfonso Parigi il
Vecchio che nel 1575 annotava di essersi recato a Cerreto con lo stesso
Buontalenti che gli avrebbe consegnato il cantiere, da lui proseguito con il
supporto di una dozzina di maestri. La mancanza di ulteriori fonti non permette
però ad oggi di esprimere una valutazione precisa sull'apporto del Buontalenti
e del Parigi alla villa.
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Fig. 2. Vedute dei ‘ponti medicei’ della villa di Cerreto Guidi (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Le attività legate
all'edificazione del palazzo si concentrano in una prima mandata, con lavori di
sterro, scavo delle fondazioni, produzione di calce, cottura dei mattoni,
apporto di rena e pietrame, utilizzando anche i resti della diruta Rocca dei
Guidi e di quanto rimaneva della seconda cerchia di mura e delle torri che
l'avevano costituita, nel biennio 1565-1567, dal gennaio 1565 al novembre dello
stesso anno, e dal novembre 1566 all'estate 1567. In questa data il palazzo
almeno nelle sue parti principali poteva considerarsi concluso. Le comandate,
lavori obbligatori del popolo prima per opere di fortificazione e di edilizia
pubblica, poi presso le proprietà del signore, e utilizzate successivamente
anche nei lavori stagionali alle coltivazioni ducali, ripresero nel 1572 fino
alla primavera del 1574, riguardando gli interni, la posa in opera dei
pavimenti, dei solai, delle opere di rifinitura, utilizzando posatori,
decoratori, scalpellini. Se l'attribuzione dell'edificio di Cerreto permane
problema ancora non risolto, una lettera di Cosimo I al provveditore della
fabbrica Tommaso Salviati nel 1565 attesta la presenza di Davitte Fortini, la
cui poliedrica attività in opere ingegneristiche militari e architettoniche si
svolse in un lungo arco di tempo, sotto Cosimo e i suoi figli Francesco e
Ferdinando, nel cantiere cerretese. Fortini avrebbe dunque operato anche a
Cerreto. Del resto la soluzione del portico con archi a tutto sesto su pilastri
con basi e capitelli lisci e l'utilizzo dell'ampia parasta che prosegue fino al
cornicione ha dei precedenti in altri edifici in cui è segnalata la sua
presenza.
Nella villa di Cerreto
Guidi trovò tragicamente la morte Isabella de' Medici che ispirò con la propria
drammatica storia biografie e racconti romanzati nel filone romantico
ottocentesco nonché drammi teatrali, fra cui l'opera di Soldani, Isabella Orsini, tragedia
lirica in 4 atti con musica di Renato Brogi. Figlia di Cosimo I e di Eleonora
di Toledo, andata a sposa a sedici anni, nel 1558, a Paolo Giordano della
potente famiglia romana degli Orsini, Isabella fu assassinata, strangolata con
l'aiuto di sicari, per lavare l'onta del tradimento dal marito offeso nella
villa di Cerreto Guidi nella notte fra il 15 e il 16 luglio 1576.
Successiva proprietà di don Giovanni de' Medici per donazione ricevuta dal padre Cosimo I,
morto questi senza eredi legittimi nel 1621, tutti i sui beni, compresa la
villa, passarono a don Lorenzo, figlio del granduca Ferdinando I. Alla morte di
lui il fratello, divenuto granduca con il titolo di Cosimo II, donò la
proprietà al figlio, il cardinale Leopoldo. Risale proprio al 1667, all'epoca
dunque del cardinale, il primo inventario conosciuto della villa di Cerreto
Guidi. Alla morte di Leopoldo, avvenuta nel 1675, la proprietà ritornò alla
corona granducale nella figura di Cosimo III e a breve furono redatti, a
distanza di pochi anni nel 1705 e nel 1728, due ulteriori inventari dettagliati
dei beni ivi custoditi, preziosi documenti che ci informano di come la villa
fosse arredata con dipinti di pregio di Alessandro Allori, Matteo Rosselli,
Andrea del Sarto, e con arazzi, alcuni dei quali identificati come eseguiti su
disegno di Giovanni Stradano. Tutti gli arredi, rimasti pressoché immutati dai
tempi del cardinale Leopoldo, subirono tuttavia l'incuria e il degrado per la
cattiva manutenzione e la sempre minore frequentazione della villa da parte
della corte medicea.
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Fig. 3. Giuseppe Zocchi, La Real Villa di Cerreto, GDSU
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Dal 1739 il Consiglio di
Reggenza Lorenese affidò la manutenzione della proprietà di Cerreto ad imprese
private che, con contratti rinnovati ogni sei anni, garantivano i lavori
necessari alla buona conservazione dell'edificio e del piccolo giardino. La relazione
che accompagnava il primo contratto denunciava un grave stato di degrado di
tutto il complesso che evidentemente non era più da tempo ormai sede di vacanze
e soggiorni della corte granducale. Successivamente soggetta a periodiche
ispezioni da parte degli architetti dello Scrittoio delle Regie Fabbriche per
assicurarne la manutenzione, a giudicare dalle relazioni e note lasciate dai
vari amministratori dei possedimenti della Corona, la villa conservò le
strutture e gli arredi originali fino al 1781, anno in cui Pietro Leopoldo di
Lorena decise di alienare la proprietà. La villa e il giardino, all'epoca
limitato nelle dimensioni e nella ricchezza delle specie arboree e coltivato ad
alberi da frutto, furono dunque posti in vendita assieme alla "palazzina
dei cacciatori", alla vicina fattoria e a vari poderi smembrati dai
possedimenti della fattoria di Stabbia. Due aste successive andarono deserte ed
alla fine i beni furono alienati, con un atto datato 29 maggio 1780, al dottor
Antonio Tonini di Pescia. I Tonini vendettero dopo pochi anni la proprietà alla
famiglia Maggi di Livorno, cui si deve la costruzione nel 1821 di quella via
rotabile, la 'strada nuova', che girando sopra il ponte della piazza giunge al
prato della villa, nonchè l'esecuzione di piccoli lavori interni, comprese le
decorazioni in gusto neoclassico delle pareti di alcune stanze, eseguite da un
modesto pittore locale.
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Fig. 4 Veduta dei ‘ponti medicei’ (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Figg. 4 e 5. Veduta della villa di Cerreto Guidi (Fotografia © Claudia Maria Bucelli 2012)
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Nel 1885 la villa di
Cerreto e gli annessi furono acquistati da Maddalena Dotto vedova da Filicaja
che la donò al genero Giovanni Geddes. L'edificio, divenuto dei Geddes da
Filicaja di Firenze, venne riarredato in tutti gli interni e completato nelle
decorazioni di alcune stanze. Intervenne in questa occasione il pittore Ruggero
Focardi, artista toscano della fine dell'Ottocento, che dipinse quattro pareti
di una stanza a piano terreno con vedute di ville, allora possedimenti della
famiglia Geddes. In questo periodo venne creato l'impianto di cipressi che
contornano il giardino.
Durante la seconda
guerra mondiale la villa fu sede del presidio militare di zona e venne
saccheggiata. Nel 1966 l'ingegner Galliano Boldrini, nativo di Cerreto Guidi e
residente a Firenze, acquistò l'immobile da Rodolfo Geddes per donarlo, nel
1969, allo Stato Italiano, vincolandolo nella destinazione a museo nazionale.
Caratteri
tipologici e architettonici:
La villa e i
possedimenti medicei di Cerreto Guidi furono a lungo considerati marginali
nella scacchiera delle proprietà granducali sul territorio fuori Firenze,
tuttavia studi recenti ne hanno evidenziato l'importanza strategica, politica e
territoriale ed i precipui definiti caratteri architettonici, concordi a quelli
delle maggiori residenze medicee di villa, corrispondenti ad una tipologia
innovativa e successivamente riproposta. Chiusura, robustezza, fortificazione,
valore di eminenza paesistica in impianto architettonico regolare e simmetrico,
volumetria compatta, piccole aperture e sobrie decorazioni in pietra, tutti
caratteri riferibili ad un preciso modello abitativo che coniuga la morfologia
di dominio politico, tipica dell'architettura militare medievale, alle funzioni
economiche della residenza produttiva extraurbana, veicolando il simbolo del
dominio politico e territoriale della famiglia Medici.
Fra le due grandi
tipologie di distribuzione planimetrica con un cortile interno più o meno ampio
e regolare, o a blocco compatto, la villa di Cerreto rientra, prima fra tutte
le architetture suburbane cosimiane, nella seconda innovativa modalità
distributiva. Con la sua planimetria organizzata attorno ad un salone centrale,
invece del cortile, a cui si accede direttamente dal portone d'ingresso, sopra
il quale in esterno si colloca lo stemma mediceo in pietra, la villa raccoglie
gli ambienti di vita raggruppandoli ai lati dello spazio distributivo
principale su cui si aprono le porte degli appartamenti disposti
simmetricamente, riuscendo in questo modo a rispondere in pieno al problema del
disimpegno dei vani interni e a quello di una superficie coperta più contenuta.
In fondo al salone di ingresso è collocata una semplice scala a due rampe,
accesso al piano superiore, dove la distribuzione degli ambienti rimane la
medesima. Qui il disimpegno immette ai due loggiati simmetrici del piano nobile
che corrispondono a quelli terreni, anch'essi a triplice fornice,
caratterizzanti la facciata posteriore aperta su un piazzale quadrato oggi in
parte a giardino ed un tempo adibito a punto di raccolta di cavalieri, mute di
cani e carriaggi del seguito.
La novità di Cerreto non
è solo nella planimetria, rigidamente ripartita secondo una chiara tipologia
distributiva, ma anche nelle soluzioni volumetriche ed in alcuni particolari
formali delle facciate, caratterizzati dalla sobrietà degli aspetti decorativi,
ridotti a pochi elementi, il bugnato intorno al portone, le cornici e mensoline
delle finestre, e dal valore di codici evocativi di riconoscibilità del disegno
della committenza principesca, che insisteva sulla sobria semplicità e sulle
soluzioni tradizionali. Il tetto a padiglione, le volte a botte o a crociera
intonacate, i solai in legno, i pavimenti in cotto, tutti elementi affiancati
alla regolarità e ripetitività del disegno delle facciate.
Solo nel 1742 Giuseppe
Ruggeri, delineando la pianta del giardino, di impianto non certamente mediceo,
fornisce la prima testimonianza sulla sua esistenza, rappresentando uno spazio
verde situato ad una quota superiore al piano delle villa, diviso in tre grandi
aiuole una delle quali, estesa fino al loggiato terreno, è situata al fianco
della pieve, mentre le altre due, più arretrate, sono separate da un muro e si
raggiungono da piccoli accessi. Nel 1780 anche l'architetto Paoletti menziona
il giardino, descrivendolo come quasi quadrato, recinto di mura, con frutti e
viti ed una cisterna e una conserva.
L'attuale arredo
interno della villa è stato ricostituito seguendo, per quanto possibile, le
descrizioni degli inventari storici. Una parte degli arredi antichi, risalenti
al XVII, XVIII, XIX secolo, proviene dai depositi della Soprintendenza
fiorentina, mente un'altra è parte dei lasciti di Antonio Conti e Stefano
Bardini, acquisiti dallo Stato Italiano nel 1996. In alcune sale, soprattutto
al piano terreno, sono sopravvissuti affreschi di periodo prevalentemente
neoclassico come la veduta con rovine che si trova nella loggia settentrionale,
ed anche alcune raffigurazioni di dimore extraurbane proprietà della famiglia
Filicaja eseguiti dal pittore Ruggero Focardi verso la fine del XIX secolo. Vi
è conservato un ritratto a figura intera di Isabella de’ Medici collocato nella
stanza dove presumibilmente venne assassinata, e fino al saccheggio avvenuto
alla fine della seconda guerra, vi si conservava anche quello che era ritenuto
il cappio usato per l'assassinio. La villa di Cerreto Guidi è tra le poche
ville medicee ad essere stabilmente aperta come museo e
ospita il Museo Storico della Caccia e del Territorio, inaugurato il 28
settembre del 2002 e dedicato soprattutto alle armi da caccia e da tiro, in
parte provenienti dall'eredità Bardini, in parte dismesse dalle autorità di
polizia, in parte provenienti da depositi, donazioni e prestiti temporanei.
Bibliografia
essenziale di riferimento:
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e politica da Cosimo I a Ferdinando I, a cura di Giorgio Spini, Firenze, Olschki,
1976.
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Rinascimento toscano, in "Storia dell'arte", 29/31, 1977.
Fara A., Notizie documentarie su ville buontalentiane, in
"Bollettino Ingegneri", 26, 1978.
Franchetti Pardo V., Le ville medicee nel contado fiorentino
(sec. XV-XVI): ideologia di un investimento patrimoniale, in "Storia della Città", n. 6, 1978.
Zocchi
G., Vedute di Firenze e della Toscana a cura di Raine Michael Mason, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1981.
Micheli G., Cerreto Guidi tra cronaca e storia,
Pisa, Edizioni del Cerro,1985.
Fara A., L'architettura delle ville buontalentiane nei
documenti, in Città, ville e fortezze nella Toscana del XVIII secolo,
Firenze, Giunti, 1989.
Grifoni P. Mignani D. Nannelli F., La Villa medicea di Cerreto Guidi, Antella (FI), Becocci Scala,
1993. Cascio Pratilli G. Zangheri L., La legislazione
medicea sull'ambiente, Firenze, Olschki, 1994.
Fara A., Bernardo Buontalenti, Milano, Electa, 1995.
Ferretti E. Micheli
G., Il palazzo di Cosimo I a Cerreto, in "Erba d'Arno",
64/65, 1996.
Ferretti E. Micheli
G., Il Palazzo di Cosimo I a Cerreto Guidi. La villa Medicea dalla
fabbrica di Davitte Fortini alla corte di Isabella, Firenze, Polistampa,
1998.
La
villa medicea di Cerreto Guidi a cura di Patrizia Vezzosi, Fucecchio, Edizioni
Dell'Erba, 2005.
GDSU =
Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze.
*Architetto,
Paesaggista, Dottore in Progettazione Paesistica, studiosa di paesaggio e di
storia e simbologia dei giardini.
©
Copyright dell’autore. Ne è consentito l’uso purché sia correttamente citata la
fonte.
NOTE
La villa medicea di
Cerreto Guidi a cura di Patrizia Vezzosi, Fucecchio, Edizioni Dell'Erba,
2005, pp. 24-25.
Ferretti
E. Micheli G.,
Il Palazzo di Cosimo I a Cerreto Guidi. La villa Medicea dalla fabbrica di
Davitte Fortini alla corte di Isabella, Firenze, Polistampa, 1998, p. 22.
Grifoni P. Mignani D. Nannelli F., La villa medicea…cit., p. 17.
Cerreto Guidi è tra le
poche ville medicee ad essere stabilmente aperta, in ben 18 delle sue sale e in
quattro logge, assieme all'adiacente giardino, a visite guidate gratuite,
nonchè a manifestazioni e convegni di vario tipo, ad eventi culturali, giornate
di studio, rappresentazioni liriche e teatrali, presentazioni di libri, e ad
eventi a carattere culturale locale, prevalentemente enologici e religiosi. Dal
2007 ha ospitato mostre, organizzate dalla direzione o su richiesta di soggetti
esterni, pubblici e privati, ed esposizioni di archeologia e di arte
contemporanea, accanto a convegni biomedici, storici, artistici, ed eventi
lirici e teatrali. Come museo la villa di Cerreto Guidi ospita a tutt'oggi il Museo
Storico della Caccia e del Territorio, inaugurato il 28 settembre del 2002 che
occupa dieci sale ed è dedicato soprattutto alle armi da caccia e da tiro e
loro pertinenze, nell'arco temporale che va dal medioevo all'età moderna. Ve ne
sono conservati oltre 300 esemplari, in parte provenienti dall'eredità Bardini,
in parte dismesse dalle autorità di polizia, in parte provenienti da depositi,
donazioni e prestiti temporanei, oltre ad ospitare dal 2004 una importante
quadreria, dipinti di origine medicea, oltre ad un'ampia selezione di opere
provenienti dall'eredità Bardini ed esposte, nei pezzi lapidei, anche nelle
logge esterne e sulle scale buontalentiane. Tutte le opere d'arte e gli oggetti
conservati nella villa e nel museo sono stati inventariati e fotografati. I
documenti sono attualmente conservati negli archivi della Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico, Etnoantropologico e per il Polo
Museale della Città di Firenze, e per 219 opere sono state redatte le relative
schede museali. Negli uffici della villa è inoltre ospitato un nucleo
bibliografico relativo alla caccia.
continua
nei numeri precedenti:
nei prossimi numeri:
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