Si è aperta in questi giorni, alle Scuderie del Quirinale, una mostra
raffinata che celebra la elegante ed intellettuale arte cinquecentesca della
cosiddetta “scuola di Parma”, com’è stata definita, solo alla fine del
Settecento dall’abate Luigi Lanzi [1] , la
fortunata parabola artistica che interessa la città emiliana grazie al
sorprendente ed innovativo lavoro di Antonio Allegri, detto il “Correggio”
(1489?-1534), e di Francesco Mazzola, detto il “Parmigianino” (1503-1540), e di
coloro che li hanno seguiti: Michelangelo Anselmi, Giorgio Gandini del Grano,
Girolamo Mazzola Bedoli e Francesco Maria Rondani (autori rappresentati in mostra).
Gli artisti parmensi della generazione precedente i nostri, ancora legati ad
una cultura artistica tardo-quattrocentesca, non sono stati in grado di creare
una propria scuola pittorica, e si sono ispirati a modelli veneziani o comunque
“forestieri”, questa circostanza spiega perché Parma non compaia, se non per
qualche scarsa e sporadica citazione, nell’opera del Vasari del 1550. La
straordinaria fortuna, riconosciuta tra il terzo e il quarto decennio del
Cinquecento, all’arte parmense, grazie soprattutto ai due grandissimi del manierismo
emiliano, pittori eccentrici, non legati ad un rapporto di alunnato come alcuni
hanno proposto [2] , ma
entrambi portavoce di un proprio ed autonomo linguaggio artistico, comporta
un’attenzione diversa per i due pittori nella “novellata” edizione delle Vite del 1568.
Una mostra coraggiosa e degna di
considerazione perché espone opere di pregio assoluto, ma non particolarmente
note. L’arte italiana non è solo “Michelangelo” o “Caravaggio”, il bello
dell’arte non si è avuto solo a Roma, Firenze e Venezia, il Belpaese ha dato
natali a grandi artisti, meno conosciuti, vissuti un po’ ovunque, come i due
maestri attualmente esposti alle Scuderie.
Attraverso un suggestivo percorso,
che si sviluppa su due piani, sono presentate, in un allestimento elegante e al
tempo stesso neutro, che non interferisce, cioè, con la fruizione delle “tele”,
poco più di cento opere. La selezione dei quadri, a cura di David Ekserdjian,
docente di storia dell’arte e del cinema all’Università di Leicester, tra i massimi esperti del Correggio e del
Parmigianino [3] ,
prevede prestiti dai più importanti musei del mondo (Museo del Prado di Madrid ; Musèe
du Louvre di Parigi; National Gallery
e British Museum di Londra; Ashmolean
Museum di Oxford; Fitzwilliam Museum
di Cambrige; Metropolitan Museum of art
e Morgan Library di New York; National Gallery of Art di Washington; Getty Museum di Los Angeles; Galleria degli Uffizi di Firenze; Museo di Capodimonte di Napoli; Galleria
Nazionale di Parma; Galleria Estense
di Modena …).
Si alternano sale dove sono esposti
i lavori dell’Allegri, caratterizzati da una carica emotiva particolare e da
una gamma di sentimenti inedita, e le opere del Mazzola, contraddistinte da
un’originale ed autentica inquietudine che gli consente di ottenere risultati
spettacolari nel ritratto, finanche momenti di incontro costruttivo e proficuo
e di serrato confronto, sia stilistico che tematico, tra il lavoro e l’operato
dei due maestri emiliani.
Al secondo piano una “mostra nella
mostra”: si espone una raffinata e rilevante selezione di disegni, provenienti
dalle più importanti raccolte del mondo, che evidenzia come i due artisti
abbiano seguito modus operandi
assolutamente diversi: il pensiero progettuale di carattere funzionale è,
infatti, alla base del lavoro del Correggio, mentre il Parmigianino,
particolarmente prolifico di carte [4] ,
esibisce un ossessivo bisogno di disegnare, schizzare e tratteggiare che
pervade e caratterizza di inquietudine gran parte delle sue opere. In raccolta
penombra le teche attentamente illuminate riecheggiano attraverso i disegni le
imprese murali dei due pittori: gli affreschi mitologici correggeschi della Camera di San Paolo,
dove è evidente la lezione mantegnesca, quelli della chiesa di San Giovanni Evangelista, in cui si
intravede l'influsso michelangiolesco e quelli nel Duomo parmense i cui angeli
e santi sono già di gusto proto-barocco; ma anche i lavori più finiti e
innovativi del più giovane collega per la chiesa di San Giovanni Evangelista
e per la Rocca di Fontanellato.
La mostra si apre suggestivamente
con le monumentali ante di organo, raffiguranti il David e la Santa Cecilia,
che il Parmigianino realizza, probabilmente attorno al 1523, per la basilica di
Santa Maria della Steccata (Pr),
restaurate ed ingrandite, nel 1580, da Jean Soens, che aggiunge le colonne
salomoniche, ai lati delle figure del Mazzola, e la coppia di putti in alto.
Sulla parete opposta in silenzioso dialogo sono le differenti composizioni del Matrimonio mistico di Santa Caterina che
i due maestri danno del medesimo tema. L’impianto tradizionale, ancora
Quattrocentesco, della pala dell’Allegri rimanda a Mantegna, mentre le
espressioni e il “colorire” ci parlano sia di Leonardo che del colorismo
veneto. Il Correggio rielabora in modo del tutto personale ed originale
suggestioni del rinascimento fiorentino e romano, la sua pittura, di grande
forza inventiva, attraverso una tecnica attenta, ci presenta un’inedita resa
della complessità spaziale e delle modulazioni luminose. L’episodio sacro si
rinnova in una scena di straordinaria articolazione prospettica e vivacità
cromatica in cui i personaggi sono disposti liberamente in uno spazio che
diventa scenografia.
Diversissima la versione del
Mazzola il cui innovativo impianto, di natura classica, ci documenta la visita
alla città eterna da parte di questi [6] ,
mentre le proporzioni degli abituali personaggi esprimono un’inquietudine
inedita: le masse ed i corpi dei rappresentati sono innaturalmente allungati,
palesemente in tensione, quasi sproporzionati e gli sguardi tradiscono
trepidazione.
La sala seguente ci presenta
l’attività del giovane Correggio: la dolcissima Madonna Barrymore
(Washington); la Giuditta con la testa di
Oloferne (Strasburgo), considerato il suo primo notturno [7]
e il bellissimo Ritratto di Dama
dell’Ermitage (fig.1) [8] . Non
meno affascinante la sala successiva dedicata al giovane Parmigianino, enfant prodige, che conosce e studia il
conterraneo (come dimostrano gli Studi da
Correggio, in matita rossa, esposti in questa sala) distaccandosi subito e
creando un proprio stile personalissimo, fatto di proporzioni distorte, corpi
innaturalmente allungati e sguardi inquieti. Si veda il noto ed intenso Ritratto di Lorenzo Cybo (Copenaghen).
Ed ecco il Tête à tête tra i due
maestri maturi, si espongono le opere degli anni Venti e Trenta, all’intima
apparizione divina del Noli me tangere
(fig. 2), immersa in uno dei paesaggi più incantevoli tra quelli creati dal
Correggio, si contrappongono i gesti esagerati, appassionati ed impetuosi del San Paolo (fig. 3), folgorato sulla via
di Damasco, su uno sfondo ricco di dettagli, del Parmigianino. L’intima ed
intensa raffigurazione del Cristo
redentore (fig. 4) ultima maniera del maestro più anziano è in dialogo con
la differente intimità proposta dal più giovane artista nella Madonna di San Zaccaria (fig. 5); il
gruppo di figure sacre si muove in un’atmosfera di sensuale intimità e spiritualità,
apparentemente idealizzata, fusa ad un meticoloso realismo. L’incorporea
religiosità ci giunge innervata da un verismo piuttosto crudo.
Il raffronto tra i due emiliani
continua nella sala 5, dove sono esposte le favole mitologiche. Entrambi
affrontano le prime mitologie in giovane età con imprese ad affresco:
rispettivamente nella Camera di San Paolo
il Correggio e a Fontanellato il
Parmigianino. Quadri da cavalletto a tema mitologico risalgono per entrambi
all’attività matura. Del Correggio si segnala la Danae della Borghese (fig. 6), facente parte di una serie di
quattro tele sul tema degli Amori di
Giove, commissionata dal duca Federico Gonzaga. Raffigura, in
un’ambientazione intima ed essenziale, la ninfa, in piena luce, nell’atto di
congiungersi a Giove sotto forma di pioggia d’oro, mentre cupido la svela. Il
dipinto, permeato di grazia ed intriso di sensuale eleganza, conferma l’abilità
dell’Allegri nell’usare la luce e i colori, si osservino, infatti, il morbido
incarnato della fanciulla ed le pieghe delle lenzuola.
Un’intera sala, e non poteva essere
altrimenti, è riservata alla cosiddetta Schiava
Turca (fig. 7), un’opera intrigante, dallo sguardo inquieto e seducente, in
costante dialogo con il riguardante che sente costantemente gli occhi maliziosi
della giovane su di sé.
Seguono due sale dedicate ai loro
seguaci: Bedoli, Gandini del Grano ed Anselmi.
Ed ecco il gioiello grafico della
mostra i disegni preparatori e finiti eseguiti dai due maestri, ma anche dai
seguaci. Correggio si dimostra un disegnatore straordinario, il medium prediletto è la matita rossa, ma
il Parmigianino, in questo campo, non ha eguali, il Mazzola, straordinariamente
prolifico, è un “grafico” nato; è abilissimo con tutto dalla penna ad
inchiostro all’acquarello, dalla matita rossa al carboncino e all’uso della
biacca. L’insolita e prodigiosa quantità di fogli ci illumina sul modus operandi del maestro che utilizza
la penna per ideare e meditare, passando alla matita per rifinire e completare
il progetto. Il disegno non è solo un modo per riflettere e studiare, ma è
anche un metodo per evadere e svagarsi: ne consegue che è giunta a noi un’ampia
gamma di studi preparatori, incredibilmente spontanei, freschi e al tempo
stesso compiuti, nonché carte disparate raffiguranti scene di vita quotidiana
di grande vivacità, evocazioni poetiche della bellezza del paesaggio e persino
scandalose immagini erotiche.
Le
ultime due sale tematiche, sono dedicate al ritratto. Attraverso il confronto
tra i due ritratti di uomo con libro
realizzati dai due maestri si comprende la diversa concezione dei due emiliani:
il Correggio (fig. 8) immerge il personaggio, incurante di chi osserva, in un
tipico paesaggio lussureggiante caratterizzato da un’atmosfera offuscata, la
resa è intima, familiare ed intensamente emozionale; il Parmigianino (fig. 9),
invece, enigmatico ritrattista, rappresenta con orgoglio un individuo che
sbircia l’osservatore con fierezza e in modo penetrante, la testa è resa in
maniera ardita, illuminata da sinistra, con il lato opposto completamente in
ombra .
La mostra termina con l’algida ed
inquieta rappresentazione di Antea
(fig. 10), in posa stante, non ancora identificata con precisione, ostenta uno
sguardo, particolarmente penetrante, fisso con insistenza verso coloro
l’osservano.
Il
catalogo
A cura di David Ekserdjian , il volume in brossura, pubblicato da SilvanaEditoriale, mostra un’accorta cura editoriale.
Alla tradizionale parte introduttiva di ringraziamenti di coloro
che hanno reso possibile questa impresa espositiva (istituzioni, partner ed organizzatori),
segue un’apprezzabile unità saggistica, di circa 70 pagine, con testi,
importanti e di aggiornamento, non solo sugli artisti, ma anche sulla pittura
emiliana in generale, del curatore e di storici esperti dei due emiliani: “Correggio e Parmigianino: il
Cinquecento a Parma” di Ekserdjian; “Correggio o l’invenzione incessante” di
Mary Vaccaro ( docente di storia dell’arte all’universita di Arlington Texas);
“Parmigianino, “mio Amicissimo”, a Roma” di Elisabetta Fadda (docente di storia
dell’arte moderna all’Università di Parma)
e “Città di “eccellenti artefici e begl’ingegni”: pittori del
Cinquecento a Parma fra letteratura e geografia artistica” di Maddalena
Spagnolo (Ricercatore di museologia e critica artistica e del restauro
all’Università di Napoli). Segue, quindi,
per circa 10 pagine il catalogo sticto
sensu, la presentazione delle opere
esposte, accorpate per autore, non segue, dunque, il criterio espositivo
adottato in mostra. Nelle successive 60 pagine le schede relative ai
dipinti. L’impostazione delle cartelle è
piuttosto classica: autore, titolo, supporto/tecnica, dimensioni, luogo di
conservazione, provenienza, numero di inventario, numero di riferimento e data
di acquisizione (questi ultimi solo se in possesso), analisi storico-critica
del quadro e relativa bibliografia, manca, sorprendentemente, la datazione, per
altro ricavabile dall’analisi storica dell’opera.
Infine, per una quindicina di pagine si svolgono i cosiddetti
apparati fondamentali strumenti di studio a completamento del volume: note
biografiche dei due maestri, un’aggiornata bibliografia, e le indispensabili
referenze fotografiche.
NOTE
DOVE
Scuderie del Quirinale, Roma
Quando: 12 marzo - 26 giugno 2016
BIBLIOGRAFIA
B.
Agosti, Per una geografia e storia della prima edizione delle Vite vasariane,
in E. March – C. Narvàez, Vidas de artistas y otras narrativas biogràficas,
Barcellona, 2013, pp. 57-86
D. Ekserdjian, Parmigianino, Yale University Press, 2006
M.
Vaccaro, Parmigianino. Dipinti, Torino, 2002
AA.VV, Parmigianino
e il Manierismo europeo, atti del convegno, Parma, 2002
D. Ekserdjian, Correggio, Yale University Press, 1997;
G.
Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori,
(1968), a cura di G. Milanesi, Firenze, 1865-79
A.
Coliva, Parmigianino, Giunti dossier, 1993
M.
Fagiolo Dell’Arco, Il Parmigianino, un saggio sull’ermetismo del
Cinquecento, Roma, 1970
G.
Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, scultori italiani,
da Cimabue insino a’ tempi nostri, 1550, ed. (a.c.d.) L. Bellosi, A. Rossi,
Torino, 1986
G.
Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, scultori italiani,
da Cimabue insino a’ tempi nostri, 1568, ed. (a.c.d.) G. Milanesi, Firenze
1906.
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