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Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento: una recensione  

Giorgia Duò
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 7 Aprile 2016, n. 803
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Si è aperta in questi giorni, alle Scuderie del Quirinale, una mostra raffinata che celebra la elegante ed intellettuale arte cinquecentesca della cosiddetta “scuola di Parma”, com’è stata definita, solo alla fine del Settecento dall’abate Luigi Lanzi [1] , la fortunata parabola artistica che interessa la città emiliana grazie al sorprendente ed innovativo lavoro di Antonio Allegri, detto il “Correggio” (1489?-1534), e di Francesco Mazzola, detto il “Parmigianino” (1503-1540), e di coloro che li hanno seguiti: Michelangelo Anselmi, Giorgio Gandini del Grano, Girolamo Mazzola Bedoli e Francesco Maria Rondani (autori rappresentati in mostra). Gli artisti parmensi della generazione precedente i nostri, ancora legati ad una cultura artistica tardo-quattrocentesca, non sono stati in grado di creare una propria scuola pittorica, e si sono ispirati a modelli veneziani o comunque “forestieri”, questa circostanza spiega perché Parma non compaia, se non per qualche scarsa e sporadica citazione, nell’opera del Vasari del 1550. La straordinaria fortuna, riconosciuta tra il terzo e il quarto decennio del Cinquecento, all’arte parmense, grazie soprattutto ai due grandissimi del manierismo emiliano, pittori eccentrici, non legati ad un rapporto di alunnato come alcuni hanno proposto [2] , ma entrambi portavoce di un proprio ed autonomo linguaggio artistico, comporta un’attenzione diversa per i due pittori nella “novellata” edizione delle Vite del 1568.

Una mostra coraggiosa e degna di considerazione perché espone opere di pregio assoluto, ma non particolarmente note. L’arte italiana non è solo “Michelangelo” o “Caravaggio”, il bello dell’arte non si è avuto solo a Roma, Firenze e Venezia, il Belpaese ha dato natali a grandi artisti, meno conosciuti, vissuti un po’ ovunque, come i due maestri attualmente esposti alle Scuderie.

Attraverso un suggestivo percorso, che si sviluppa su due piani, sono presentate, in un allestimento elegante e al tempo stesso neutro, che non interferisce, cioè, con la fruizione delle “tele”, poco più di cento opere. La selezione dei quadri, a cura di David Ekserdjian, docente di storia dell’arte e del cinema all’Università di Leicester, tra i massimi esperti del Correggio e del Parmigianino [3] , prevede prestiti dai più importanti musei del mondo (Museo del Prado di Madrid ; Musèe du Louvre di Parigi; National Gallery e British Museum di Londra; Ashmolean Museum di Oxford; Fitzwilliam Museum di Cambrige; Metropolitan Museum of art e Morgan Library di New York; National Gallery of Art di Washington; Getty Museum di Los Angeles; Galleria degli Uffizi di Firenze; Museo di Capodimonte di Napoli; Galleria Nazionale di Parma; Galleria Estense di Modena …).

Si alternano sale dove sono esposti i lavori dell’Allegri, caratterizzati da una carica emotiva particolare e da una gamma di sentimenti inedita, e le opere del Mazzola, contraddistinte da un’originale ed autentica inquietudine che gli consente di ottenere risultati spettacolari nel ritratto, finanche momenti di incontro costruttivo e proficuo e di serrato confronto, sia stilistico che tematico, tra il lavoro e l’operato dei due maestri emiliani.

Al secondo piano una “mostra nella mostra”: si espone una raffinata e rilevante selezione di disegni, provenienti dalle più importanti raccolte del mondo, che evidenzia come i due artisti abbiano seguito modus operandi assolutamente diversi: il pensiero progettuale di carattere funzionale è, infatti, alla base del lavoro del Correggio, mentre il Parmigianino, particolarmente prolifico di carte [4] , esibisce un ossessivo bisogno di disegnare, schizzare e tratteggiare che pervade e caratterizza di inquietudine gran parte delle sue opere. In raccolta penombra le teche attentamente illuminate riecheggiano attraverso i disegni le imprese murali dei due pittori: gli affreschi mitologici correggeschi della Camera di San Paolo [5] , dove è evidente la lezione mantegnesca, quelli della chiesa di San Giovanni Evangelista, in cui si intravede l'influsso michelangiolesco e quelli nel Duomo parmense i cui angeli e santi sono già di gusto proto-barocco; ma anche i lavori più finiti e innovativi del più giovane collega per la chiesa di San Giovanni Evangelista e per la Rocca di Fontanellato.

La mostra si apre suggestivamente con le monumentali ante di organo, raffiguranti il David e la Santa Cecilia, che il Parmigianino realizza, probabilmente attorno al 1523, per la basilica di Santa Maria della Steccata (Pr), restaurate ed ingrandite, nel 1580, da Jean Soens, che aggiunge le colonne salomoniche, ai lati delle figure del Mazzola, e la coppia di putti in alto. Sulla parete opposta in silenzioso dialogo sono le differenti composizioni del Matrimonio mistico di Santa Caterina che i due maestri danno del medesimo tema. L’impianto tradizionale, ancora Quattrocentesco, della pala dell’Allegri rimanda a Mantegna, mentre le espressioni e il “colorire” ci parlano sia di Leonardo che del colorismo veneto. Il Correggio rielabora in modo del tutto personale ed originale suggestioni del rinascimento fiorentino e romano, la sua pittura, di grande forza inventiva, attraverso una tecnica attenta, ci presenta un’inedita resa della complessità spaziale e delle modulazioni luminose. L’episodio sacro si rinnova in una scena di straordinaria articolazione prospettica e vivacità cromatica in cui i personaggi sono disposti liberamente in uno spazio che diventa scenografia.

Diversissima la versione del Mazzola il cui innovativo impianto, di natura classica, ci documenta la visita alla città eterna da parte di questi [6] , mentre le proporzioni degli abituali personaggi esprimono un’inquietudine inedita: le masse ed i corpi dei rappresentati sono innaturalmente allungati, palesemente in tensione, quasi sproporzionati e gli sguardi tradiscono trepidazione.

La sala seguente ci presenta l’attività del giovane Correggio: la dolcissima Madonna Barrymore (Washington); la Giuditta con la testa di Oloferne (Strasburgo), considerato il suo primo notturno [7] e il bellissimo Ritratto di Dama dell’Ermitage (fig.1) [8] . Non meno affascinante la sala successiva dedicata al giovane Parmigianino, enfant prodige, che conosce e studia il conterraneo (come dimostrano gli Studi da Correggio, in matita rossa, esposti in questa sala) distaccandosi subito e creando un proprio stile personalissimo, fatto di proporzioni distorte, corpi innaturalmente allungati e sguardi inquieti. Si veda il noto ed intenso Ritratto di Lorenzo Cybo (Copenaghen).

Ed ecco il Tête à tête tra i due maestri maturi, si espongono le opere degli anni Venti e Trenta, all’intima apparizione divina del Noli me tangere (fig. 2), immersa in uno dei paesaggi più incantevoli tra quelli creati dal Correggio, si contrappongono i gesti esagerati, appassionati ed impetuosi del San Paolo (fig. 3), folgorato sulla via di Damasco, su uno sfondo ricco di dettagli, del Parmigianino. L’intima ed intensa raffigurazione del Cristo redentore (fig. 4) ultima maniera del maestro più anziano è in dialogo con la differente intimità proposta dal più giovane artista nella Madonna di San Zaccaria (fig. 5); il gruppo di figure sacre si muove in un’atmosfera di sensuale intimità e spiritualità, apparentemente idealizzata, fusa ad un meticoloso realismo. L’incorporea religiosità ci giunge innervata da un verismo piuttosto crudo.

Il raffronto tra i due emiliani continua nella sala 5, dove sono esposte le favole mitologiche. Entrambi affrontano le prime mitologie in giovane età con imprese ad affresco: rispettivamente nella Camera di San Paolo il Correggio e a Fontanellato il Parmigianino. Quadri da cavalletto a tema mitologico risalgono per entrambi all’attività matura. Del Correggio si segnala la Danae della Borghese (fig. 6), facente parte di una serie di quattro tele sul tema degli Amori di Giove, commissionata dal duca Federico Gonzaga. Raffigura, in un’ambientazione intima ed essenziale, la ninfa, in piena luce, nell’atto di congiungersi a Giove sotto forma di pioggia d’oro, mentre cupido la svela. Il dipinto, permeato di grazia ed intriso di sensuale eleganza, conferma l’abilità dell’Allegri nell’usare la luce e i colori, si osservino, infatti, il morbido incarnato della fanciulla ed le pieghe delle lenzuola.

Un’intera sala, e non poteva essere altrimenti, è riservata alla cosiddetta Schiava Turca (fig. 7), un’opera intrigante, dallo sguardo inquieto e seducente, in costante dialogo con il riguardante che sente costantemente gli occhi maliziosi della giovane su di sé.

Seguono due sale dedicate ai loro seguaci: Bedoli, Gandini del Grano ed Anselmi.

Ed ecco il gioiello grafico della mostra i disegni preparatori e finiti eseguiti dai due maestri, ma anche dai seguaci. Correggio si dimostra un disegnatore straordinario, il medium prediletto è la matita rossa, ma il Parmigianino, in questo campo, non ha eguali, il Mazzola, straordinariamente prolifico, è un “grafico” nato; è abilissimo con tutto dalla penna ad inchiostro all’acquarello, dalla matita rossa al carboncino e all’uso della biacca. L’insolita e prodigiosa quantità di fogli ci illumina sul modus operandi del maestro che utilizza la penna per ideare e meditare, passando alla matita per rifinire e completare il progetto. Il disegno non è solo un modo per riflettere e studiare, ma è anche un metodo per evadere e svagarsi: ne consegue che è giunta a noi un’ampia gamma di studi preparatori, incredibilmente spontanei, freschi e al tempo stesso compiuti, nonché carte disparate raffiguranti scene di vita quotidiana di grande vivacità, evocazioni poetiche della bellezza del paesaggio e persino scandalose immagini erotiche.

 Le ultime due sale tematiche, sono dedicate al ritratto. Attraverso il confronto tra i due ritratti di uomo con libro realizzati dai due maestri si comprende la diversa concezione dei due emiliani: il Correggio (fig. 8) immerge il personaggio, incurante di chi osserva, in un tipico paesaggio lussureggiante caratterizzato da un’atmosfera offuscata, la resa è intima, familiare ed intensamente emozionale; il Parmigianino (fig. 9), invece, enigmatico ritrattista, rappresenta con orgoglio un individuo che sbircia l’osservatore con fierezza e in modo penetrante, la testa è resa in maniera ardita, illuminata da sinistra, con il lato opposto completamente in ombra .

La mostra termina con l’algida ed inquieta rappresentazione di Antea (fig. 10), in posa stante, non ancora identificata con precisione, ostenta uno sguardo, particolarmente penetrante, fisso con insistenza verso coloro l’osservano.

 

Il catalogo

A cura di David Ekserdjian , il volume in brossura,  pubblicato da SilvanaEditoriale,  mostra un’accorta cura editoriale.

Alla tradizionale parte introduttiva di ringraziamenti di coloro che hanno reso possibile questa impresa espositiva  (istituzioni, partner ed organizzatori), segue un’apprezzabile unità saggistica, di circa 70 pagine, con testi, importanti e di aggiornamento, non solo sugli artisti, ma anche sulla pittura emiliana in generale, del curatore e di storici esperti dei due emiliani: “Correggio e Parmigianino: il Cinquecento a Parma” di Ekserdjian; “Correggio o l’invenzione incessante” di Mary Vaccaro ( docente di storia dell’arte all’universita di Arlington Texas); “Parmigianino, “mio Amicissimo”, a Roma” di Elisabetta Fadda (docente di storia dell’arte moderna all’Università di Parma)  e “Città di “eccellenti artefici e begl’ingegni”: pittori del Cinquecento a Parma fra letteratura e geografia artistica” di Maddalena Spagnolo (Ricercatore di museologia e critica artistica e del restauro all’Università di Napoli).  Segue, quindi, per circa 10 pagine il catalogo sticto sensu, la presentazione delle opere esposte, accorpate per autore, non segue, dunque, il criterio espositivo adottato in mostra. Nelle successive 60 pagine le schede relative ai dipinti.  L’impostazione delle cartelle è piuttosto classica: autore, titolo, supporto/tecnica, dimensioni, luogo di conservazione, provenienza, numero di inventario, numero di riferimento e data di acquisizione (questi ultimi solo se in possesso), analisi storico-critica del quadro e relativa bibliografia, manca, sorprendentemente, la datazione, per altro ricavabile dall’analisi storica dell’opera.

Infine, per una quindicina di pagine si svolgono i cosiddetti apparati fondamentali strumenti di studio a completamento del volume: note biografiche dei due maestri, un’aggiornata bibliografia, e le indispensabili referenze fotografiche.





NOTE

[1] Luigi Antonio Lanzi (1732-1804) abate appassionato d’arte, autodefinitosi antiquario della regia corte di Toscana, scrive tra il 1795 e il 1796 la sua storia dell’arte (Storia pittorica d’Italia) “novellando” radicalmente l’impostazione della tradizionale “storiografia per medaglioni biografici” a vantaggio di una ricostruzione per “scuole pittoriche regionali”. Così operando il Lanzi inaugura un nuovo disegno storico dell’arte italiana (cfr. Dizionario biografico degli Italiani, Vol LXIII, 2004, ad vocem).

[2] Vasari, infatti, nell’edizione del 1550 definisce il Correggio maestro del Parmigianino (cfr. Vasari, Le vite….., 1550, ed. acd L. Bellosi, A. Rossi, Torino, 1986, p. 794), ma si tratta di un errore che l’Aretino corregge già nell’edizione del ’68, in cui nella biografia del Mazzola il più anziano maestro non è neanche citato.

[3] A lui si devono le due più recenti monografie: D. Ekserdjian, Correggio, Yale University Press, 1997; D. Ekserdjian, Parmigianino, Yale University Press, 2006.

[4] La sua produzione grafica, infatti, è eccezionale sia per ricchezza di disegni che per qualità.

[5] Per approfondimenti cfr. R. Longhi, Il Correggio nella Camera di San Paolo a Parma, Genova 1956.

[6] Vasari nella biografia del Parmigianino ci racconta del suo viaggio nell’Urbe e di come egli sia stato accolto come il nuovo Raffaello: “…lo spirito del qual Raffaello si diceva poi esser passato nel corpo di Francesco, per vedersi quel giovane nell’arte raro e ne’ costumi gentile e grazioso, come fu Raffaello, e, che è più, sentendosi quanto egli s’ingegnava d’immitarlo in tutte le cose, ma sopra tutto nella pittura …” (cfr. Vasari, le vite….., 1568, ad vocem)

[7] La bellissima tela ci mostra le due donne in primissimo piano, a stento l’ancella entra nella rappresentazione che è caratterizzata da una luce dorata diffusa, il bagliore, che  irrompe improvvisamente nella scena dal basso, travolge i busti dei personaggi  causando effetti di chiaroscuro intensi e vibranti.

[8] L’effigiata, immersa in una tersa e violacea atmosfera mattutina e posizionata in continuità spaziale con chi guarda, occupa tutto l’area virtuale della tela e sembra quasi invadere quella dello spettatore con l’ingombrante veste che ricade abbondantemente sulle ginocchia sacrificate in uno spazio troppo ridotto.




DOVE

Scuderie del Quirinale, Roma

Quando: 12 marzo - 26 giugno 2016





BIBLIOGRAFIA

B. Agosti, Per una geografia e storia della prima edizione delle Vite vasariane, in E. March – C. Narvàez, Vidas de artistas y otras narrativas biogràficas, Barcellona, 2013, pp. 57-86

D. Ekserdjian, Parmigianino, Yale University Press, 2006

M. Vaccaro, Parmigianino. Dipinti, Torino, 2002

AA.VV, Parmigianino e il Manierismo europeo, atti del convegno, Parma, 2002

D. Ekserdjian, Correggio, Yale University Press, 1997;

G. Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori scultori e architettori, (1968), a cura di G. Milanesi, Firenze, 1865-79

A. Coliva, Parmigianino, Giunti dossier, 1993

M. Fagiolo Dell’Arco, Il Parmigianino, un saggio sull’ermetismo del Cinquecento, Roma, 1970

G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, 1550, ed. (a.c.d.) L. Bellosi, A. Rossi, Torino, 1986

R. Longhi, Il Correggio nella Camera di San Paolo a Parma, Genova 1956.

G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, 1568, ed. (a.c.d.) G. Milanesi, Firenze 1906.







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Fig. 1
Correggio (Antonio Allegri, detto il), Ritratto di Dama
olio su tavola, 103 x 87,5 cm
San Pietroburgo, The State Hermitage Museum

Fig. 2
Correggio (Antonio Allegri, detto il), Noli me tangere
olio su tavola (trasportata su tela), 130 x 103 cm
Madrid, Museo Nacional del Prado

Fig. 3
Parmigianino (Francesco Mazzola, detto il), Conversione di Saulo
olio su tela, 177,5 x 128,5 cm
Vienna, Kunsthistorisches Museum

Fig. 4
Correggio (Antonio Allegri, detto il), Volto di Cristo
olio su tavola, 28,6 x 23,5 cm
Los Angeles, J. Paul Getty Museum

Fig. 5
Parmigianino (Francesco Mazzola, detto il), Madonna di San Zaccaria
olio su tavola, 74 x 60 cm
Firenze, Galleria degli Uffizi

Fig. 6
Correggio (Antonio Allegri, detto il), Danae
olio su tela
Roma, Galleria Borghese

Fig. 7
Parmigianino (Francesco Mazzola, detto il), Ritratto di giovane donna detta "Schiava turca"
1532, 68 x 53 cm
Parma, Galleria Nazionale

Fig. 8
Correggio (Antonio Allegri, detto il), Ritratto di uomo leggente
olio su carta incollato su tela, 60,2 x 42,5 cm
Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco

Fig. 9
Parmigianino (Francesco Mazzola, detto il), Ritratto d'uomo con un libro
olio su tela, 70 x 52 cm
York Museums Trust (York Art Gallery)

Fig. 10
Parmigianino (Francesco Mazzola, detto il), Antea
1465-72, olio su tela, 135 x 88 cm
Napoli, Museo di Capodimonte




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