Nel Codice etico professionale dell’ICOM, adottato dall’International Council of
Museums nel 1986, revisionato per l’ultima volta nel 2004, il museo è definito
come «un’istituzione
permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo.
È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze
materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le
conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e
diletto.».
Il museo,
caratterizzato tradizionalmente dalle funzioni di conservazione, tutela,
comunicazione e ricerca scientifica individuate dall’ICOM tra i principi
generalmente accettati dalla comunità museale internazionale, è oggi chiamato
ad avvicinarsi a modelli di sviluppo economico simili a quelli delle politiche
industriali, evoluzione generale riscontrabile dall’osservazione delle maggiori
istituzioni museali, sebbene l’approccio vari da paese a paese. In Italia, dove
la legislazione in materia dei beni culturali ha affiancato alla tradizionale
funzione di tutela dei musei il precetto di valorizzazione e solo
successivamente ha previsto un’apertura verso le attività commerciali, lo
sviluppo economico dei musei è sollecitato attraverso la richiesta sempre
maggiore di personale con competenze manageriali, nonché attraverso la
diffusione per mezzo dei media di una immagine dei beni culturali come una
risorsa economica, il cosiddetto petrolio del nostro paese, con significative
ricadute nella coscienza collettiva della società.
La comunicazione
museale che persegue principalmente la valorizzazione del patrimonio culturale,
e i modelli di sviluppo economico con i quali si deve confrontare il museo, nonostante
appaiano su binari diversi, sono accomunati da una visione dinamica
dell’istituzione, opposta a quella che in passato la vedeva prevalentemente
come un luogo immutabile e stabile, chiamato principalmente a conservare le
proprie raccolte. Il fattore tempo oggi appare dunque nodo essenziale nella
vita del museo che, per assolvere tutte le sue funzioni, non può essere
concepito come un’istituzione immobile ma è chiamato a modificarsi, essere
dinamico, immersivo, multisensoriale… per definirlo con un unico termine:
“liquido”, in sintonia e specchio della società che lo produce e al tempo
stesso lo fruisce.
Con la metafora della liquidità Bauman
descrive la modernità dai legami fragili e mutevoli, individualizzata,
privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, nella quale a una libertà senza
precedenti fanno da contraltare una gioia ambigua e un desiderio impossibile da
saziare, dove le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che
i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure.
La valorizzazione, secondo le
disposizioni generali del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in
attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, consiste «nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a
promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori
condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche
da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo
della cultura.». Dal Codice risulta inoltre che la valorizzazione, ad iniziativa pubblica o privata (art. 111), è attuata in forme compatibili con la tutela (art. 6) ed è favorita da
Ministero, regioni ed altri enti pubblici territoriali, perseguendo il
coordinamento, l’armonizzazione e l’integrazione delle attività (artt. 7 e
102), anche con la partecipazione di soggetti privati (artt. 6 e 111). Lo Stato, le regioni e gli altri
enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed
obiettivi comuni di valorizzazione e per elaborare piani strategici di sviluppo
culturale, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica (art. 112),
gestiti in forma diretta o indiretta (tramite concessione a terzi delle
attività di valorizzazione) oppure in forma congiunta e integrata (art. 115). Il
Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono inoltre
stipulare, anche congiuntamente, protocolli d’intesa con fondazioni bancarie
che statutariamente perseguano scopi di utilità sociale nel settore dell’arte e
delle attività dei beni culturali, al fine di coordinare gli interventi di
valorizzazione sul patrimonio culturale (art. 121).
Come risulta nelle disposizioni generali del Codice, «La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale
concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo
territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura» (art. 1).
La gestione del patrimonio culturale pervenuto dalle generazioni precedenti, a
cui si riferisce l’articolo 9 della Costituzione, deve offrire un impulso a
creare e distribuire nuovi prodotti culturali, presupponendo un intervento
pubblico meramente suppletivo, di sostegno alle energie intellettuali che
stentano a farsi largo nella dimensione economica della vita culturale, senza
formare un’arte o una scienza “di Stato”, secondo i principi proclamati
dall’articolo 33 della Costituzione,
dove si legge «l’arte e la scienza sono libere e libero
ne è l’insegnamento». L’arte, insieme alla scienza, è
pilastro dello Stato costituzionale dei diritti per la ricerca della verità dei
fatti, al di sopra delle parti.
Il museo, inteso come istituzione stabile, benché si differenzi
dalle mostre temporanee per finalità, modalità e mezzi senza costituirne
un’alternativa, risulta in
dialettica con esse, di durata limitata
nel tempo e quindi utilizzate come strumento di marketing con un ruolo assimilabile a quello, nelle imprese
commerciali, del lancio di un nuovo prodotto avente permanenza limitata sul
mercato. Il museo di oggi, profondamente liquido, talvolta appare perdere la
sua stessa identità, inglobando le mostre di durata limitata nel tempo e
assimilandone i meccanismi.
Le esposizioni temporanee che possono
essere organizzate nei musei accanto alle esposizioni stabili, sono in grado di
richiamare masse di visitatori e fidelizzare singoli individui e ridefinire il
rapporto tra visitatori occasionali e visitatori abituali della struttura che
le accoglie, rappresentando un’occasione anche per i prestatori. Tuttavia, come
evidenzia Mottola Molfino, possono causare dei contraccolpi negativi
all’apertura dei musei poiché talvolta questi vengono in parte sgombrati per
accogliere manifestazioni effimere.
Le mostre, coinvolgendo un vastissimo pubblico indifferenziato di turisti e
residenti, maggiore di quello dei musei, possono produrre, oltre a benefici di
ordine economico-finanziario, opportunità di carattere culturale, raccordando
discorsi tematici più immediati, caratterizzati dall’eccezionalità dell’evento
che offre la possibilità di osservare opere conservate nei depositi e in
collezioni pubbliche o private non facilmente raggiungibili. Le mostre possono
quindi consistere in proposte di nuove chiavi di lettura delle opere e nuovi
percorsi con pezzi delle collezioni stabili, proposti a livello virtuale o
attraverso cambiamenti nella selezione delle opere e nei criteri espositivi (leverage), oppure sono nuovi prodotti (building).
Le iniziative si dovrebbero sempre
rapportare alla specificità del luogo che le ospita, come uno stadio di un
progetto culturale più ampio, la cui traiettoria deve essere facilmente
comprensibile anche per i non specialisti. Eventi non pertinenti alla mission del museo possono avere un
effetto controproducente, addirittura screditarne l’immagine.
Le mostre
temporanee, fenomeno
non ancora esplorato globalmente dal punto di vista storico, a partire dall’unificazione d’Italia fino a gran parte
del XX secolo sono raggruppabili, orientativamente, in due categorie che si
rapportano al museo in modo diverso fra loro: quelle dedicate agli oggetti antichi,
realizzate principalmente per far conoscere il patrimonio culturale consolidato
esistente, e quelle sulle opere d’arte contemporanea, per promuovere le
manifestazioni artistiche dell’epoca, che miravano, in forma indiretta, ad uno
sviluppo commerciale delle produzioni artistiche. A queste finalità, nel tempo,
se ne sono aggiunte o sovrapposte altre. Ad esempio, durante il Fascismo quando
gli eventi espositivi si sono caricati di significati politici,
attraverso una comunicazione visiva e verbale che rientrava nella strategia
politica e simbolica del regime, il passato è stato riletto attualizzandolo alla
luce degli obiettivi del governo. Al tempo stesso, sotto il regime, l’arte
contemporanea è stata promossa con un impegno assiduo e articolato dello Stato
per ottenere consenso, formulando un appello alla partecipazione attiva degli
artisti alla causa del Fascismo e imponendone il controllo sfociante in censura.
L’Esposizione Quadriennale d’Arte Nazionale,
svoltasi nella sua prima edizione a Roma presso Palazzo delle Belle Arti
(Palazzo delle Esposizioni) in via Nazionale nel 1931, è
rappresentativa di tale politica nei confronti dell’arte contemporanea.
Per le mostre di
oggetti antichi è individuabile il museo quale modello di riferimento assunto
dagli eventi temporanei che, dopo la loro conclusione, hanno talvolta dato
luogo ad istituzioni stabili, come è avvenuto con la Mostra archeologica nelle
Terme di Diocleziano (1911)
che ha portato alla realizzazione del Museo dell’Impero Romano (1927)
e la Mostra Augustea della Romanità (1937)
a quello della Civiltà Romana (1952).
Le mostre
sull’arte contemporanea hanno avuto, invece, modelli assimilabili alle
esposizioni di oggetti tecnologici ed arti applicate, queste ultime sempre più
vicine ai prodotti dell’industria.
Infatti, anche la Biennale di Venezia,
istituita nel 1893 (inaugurata il 30 aprile 1895), benché rispetto alle mostre
degli stati preunitari avesse risposto a finalità diverse, non puntando
sull’artigianato regionale ma sull’arte internazionale, è stata caratterizzata
da un allestimento riconducibile a quello delle esposizioni ottocentesche di
prodotti tecnologici che può essere posto in relazione con la situazione
normativa successiva all’unità d’Italia. All’epoca, infatti, lo Statuto albertino
non aveva portato ad una maggiore tutela dei beni culturali, prevalendo,
esclusa l’architettura urbana di grande pregio artistico, il principio del
libero scambio (art. 29). Il territorio italiano era stato disciplinato in modo
diversificato con il rinnovo della legislazione disomogenea degli Stati
preunitari (art. 5 l. 28 giugno 1871, n. 286), fino all’entrata in vigore della
legge Rosadi (20 giugno 1909, n. 364)
che ha ampliato l’ambito dei beni culturali, rilanciandone politiche di tutela.
Grandi mutamenti ravvisabili nel campo
museologico e nella regolamentazione in Italia relativa ai beni culturali sono
riscontrabili a partire dagli anni ‘70, riconducibili a quei rivolgimenti
provocati dal Sessantotto. Infatti, nel 1970 si è svolto a Roma il convegno Il museo come esperienza sociale,
in cui emerge una concezione dell’istituzione museale come elemento attivo
nella società
ed il patrimonio artistico è legato alla partecipazione,
temi collegabili al precetto di valorizzazione, traducibile con un maggior
utilizzo dei beni da parte della collettività. Tuttavia, la valorizzazione,
benché ne siano rintracciabili analoghi principi anche precedentemente insieme
alla promozione, è entrata nell’ordinamento dei beni culturali con l’articolo 1
d.P.R. 3 dicembre 1975 n. 805,
affiancandosi alla tutela, affidata al Ministero dei beni culturali (istituito
con d.l. 14 dicembre 1974 n. 657, convertito nella legge 29 gennaio 1975 n.5). Nella
legge Bottai del 1°
giugno 1939 n. 1089, dedicata alle cose d’arte (in cui si può scorgere il
riflesso di una concezione estetizzante dei beni), la loro gestione era infatti
intesa come l’attività diretta a permetterne la conservazione, l’integrità e la
sicurezza.
Negli anni ‘70, parallelamente,
si sono affermate le mostre come fenomeno di massa
con le blockbuster exhibitions, in
cui è riscontrabile un legame evidente tra esposizione e utilizzo dei beni
culturali come fonte di guadagno, discostandosi da quegli ideali di
partecipazione attiva della collettività, possibile attraverso la
valorizzazione, e dalla regolamentazione italiana che prevede la subordinazione
delle attività in cui si utilizzano beni culturali ad un accrescimento
culturale della nazione. Tuttavia Ainis e Fiorillo osservano che,
accanto alla valorizzazione come incremento delle condizioni di godimento
pubblico dei beni culturali, emergerebbe un altro significato «per
cui la valorizzazione è strettamente legata all’incremento della qualità
economica del bene, mediante l’assicurazione di maggiori entrate finanziarie»,
rappresentando dunque una strategia gestionale destinata alla ricerca di
profitto, purché vincolata alla più ampia fruizione dei beni.
È inoltre
ravvisabile nella vita delle istituzioni museali un rapporto sempre più
stringente con le mostre temporanee, per sopravvivere nell’era del consumismo
culturale.
Le blockbuster
exhibitions (mostre
campioni di incassi) sono utilizzate come strumento di marketing per attirare
un vastissimo pubblico attraverso grandi campagne pubblicitarie. Lo scopo delle blockbuster exhibitions secondo West è il denaro, mascherato da
finalità educative o d’intrattenimento.
Anche se tali mostre rappresentano un’attività di massa, l’immagine delle opere
d’arte che ne viene data è quella di oggetti interpretabili solo da iniziati.
Nella maggioranza dei casi sono dedicate all’arte moderna e raccolgono da tutto
il mondo opere di un tema o di uno specifico artista oppure di una particolare
scuola e sono soprattutto retrospettive di artisti canonici di sesso maschile,
parte della mitologia modernista, benché anche alcuni degli old masters sono stati oggetto di
spettacolari mostre internazionali. Attirano un vasto pubblico facendo leva
sull’occasione di mostrare riunita una serie completa (o quasi) delle opere di
un artista o di un gruppo di artisti, come uno spettacolo imperdibile,
temporaneo e irripetibile. Le istituzioni riservano scarsa attenzione alla
definizione della tipologia di pubblico che visita questo tipo di mostre,
mostrando dunque di non riservare attenzione alla valorizzazione dei beni
culturali ma principalmente solo al profitto economico che ne può derivare.
Infatti, nel 1995 West lamentava l’assenza di statistiche in proposito,
condotte invece sui visitatori dei musei per ricostruire una panoramica del
loro profilo, e riconduceva il fascino di massa esercitato dalle blockbuster exhibitions al
soddisfacimento di un bisogno sociale, separato dalla sensibilità estetica, nel
quale il pubblico, benché numeroso, non comprendeva larga parte della
popolazione, per il crescente costo d’ingresso e la posizione delle mostre nei
centri metropolitani.
Per sostenerne gli ingenti costi di dette mostre,
vengono coinvolti sponsor commerciali, disponibili quando sono esposti famosi
artisti del passato e quando la mostra si trova in grandi città, come Londra,
Parigi o New York, nelle quali l’arte blockbuster
è attrazione supplementare e strumento di marketing. Se le mostre hanno
successo, sono molto redditizie, attraverso i proventi dei biglietti ed i
negozi di vendita ad esse collegati. Queste esposizioni sono intrinsecamente
commercializzate e la loro stessa esistenza favorisce le attività commerciali.
Tuttavia, dati gli alti costi, sono potenzialmente rischiose ed anche per le
gallerie specializzate non sempre i risultati sono ottimi. Ad esempio, la Royal
Academy di Londra fino al 2000 ha riscosso un tasso di successo del 50%,
raggiungendo il suo miglior risultato nel 1999 con la mostra Monet in the 20th Century che ha
attirato 739.324 visitatori.
La popolarità delle blockbuster exhibitions ha provocato un cambiamento profondo nelle
attività dei musei, dove il legame con il mondo commerciale dipende dalle
scelte del direttore. Ad esempio, in ambito americano, Thomas Hoving al
Metropolitan Museum of Art di New York si è avventurato in imprese costose
(nuove ali museali, blockbuster
exhibitions, acquisizioni), costringendo il museo alla ricerca di nuove
fonti di reddito, trasformando l’istituzione in impresa imprenditoriale,
commercializzandola come contenitore di una successione infinita di spettacoli
di grande richiamo.
In Gran Bretagna è emersa poco più tardi la
generazione dei direttori museali imprenditori, dediti ad una
commercializzazione aggressiva, come Nicholas Serota alla Tate Gallery dal
1988, organizzatore fieristico abile nella creazione di un portafoglio di
sponsor aziendali, impegnato a rendere la Tate il più grande luogo d’arte di
divertimento in Europa.
In ambito italiano, come afferma Cosulich
Canarutto, le blockbuster exhibitions,
producendo un riscontro di pubblico immediato, pur non essendo collegate da una
coerenza d’intenti e da programmi personalizzati delle istituzioni che le
realizzano, sono state promosse da alcuni politici che vi hanno investito,
facendo la fortuna di amministrazioni politiche e casse comunali; tuttavia,
essendo esposte opere di artisti famosi prese in prestito da collezioni minori,
queste iniziative, dopo un inizio esaltante con ricavi notevoli, si sono
ridimensionate a causa della perdita di fiducia del pubblico che si è sentito
ingannato, costringendo il curatore imprenditore a emigrare da regione a
regione perché al successo iniziale segue, inevitabilmente, la necessità di
trovare altri spazi di accoglienza.
In Italia lo sviluppo delle blockbuster exhibitions è riconducibile
all’introduzione del principio della valorizzazione nell’ordinamento dei beni
culturali, previsto nell’articolo 1 d.P.R. 3 dicembre 1975 n. 805.
Successivamente il d.lgs. n. 112/1998, nell’affermare la necessità del
superamento di politiche neocentralistiche nel regime dei beni culturali, a
proposito della valorizzazione fa riferimento all’organizzazione di mostre ed
eventi culturali, riferimento poi non recepito nel t.u.b.cult. del 1999 a
vantaggio della funzione di tutela. Benché la riforma del titolo V della
Costituzione, approvata con l. cost. n. 3/2001, abbia costituzionalizzato la
valorizzazione, quest’ultima risulta subordinata alla tutela.
Il legame tra attività culturali e
commerciali, in cui si inseriscono per loro natura le blockbuster exhibitions,
è stato inoltre rafforzato con la sponsorizzazione culturale,
incoraggiata dalla legge n. 512/1982 attraverso l’introduzione della
deducibilità delle erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato o di
altre istituzioni pubbliche o private che ha imposto controlli e vincoli,
essendo subordinata ad autorizzazioni, tese ad evitare logiche estranee alla
realizzazione di operazioni culturali.
Ulteriore sviluppo
commerciale nell’ambito dei beni culturali si è verificato con la legge Ronchey (n. 4/1993),
attraverso l’introduzione dei servizi aggiuntivi, offerti al
pubblico a pagamento con regime gestionale concessorio (basato
sull’affidamento con gara di contratto quadriennale), prima assenti
negli istituti culturali pubblici, frutto
dell’esigenza di introdurre nel sistema organizzativo dei beni culturali
pubblici meccanismi gestionali idonei a generare flussi di risorse economiche,
incentrati, in alcuni casi, su iniziative di sfruttamento del patrimonio
culturale, compatibilmente alla fruizione pubblica e gratuita dei beni stessi,
oltre che per
rendere più
gradevoli le visite. La
categoria dei servizi aggiuntivi è stata ampliata con l’articolo 47-quater,
d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, conv. in legge 22 marzo 1995, n. 85, comprendendo
iniziative promozionali, utili alla migliore valorizzazione del patrimonio
culturale che rientrano nelle attività ospitate dalle istituzioni museali.
L’articolo 14 d.l. 159/2007 e d.m. 29
gennaio 2008 hanno previsto l’integrazione tra attività e tra istituti, per una
maggiore efficienza e razionalizzazione, introducendo una preferenza per la
gestione in forma integrata dei servizi aggiuntivi.
I tagli di bilancio che negli ultimi anni
hanno colpito molti settori della spesa pubblica, hanno avuto l’effetto di
sviluppare la ricerca di fonti di reddito integrative, introducendo nella vita
dei musei attività di marketing e indagini di mercato. I musei sono quindi
diventati molto più market oriented.
Il museo liquido
si presta bene a questo genere di orientamento, richiamando periodicamente
anche gli stessi visitatori perché permette loro di vivere sempre nuove
esperienze. L’incremento del numero di visitatori, collegato a benefici
economici, non costituisce di per sé un risultato negativo per la
valorizzazione della raccolta del museo, coniugabile con diverse esigenze. Il
rischio nasce dalla possibilità che per un incremento economico vengano
pianificate le attività dell’istituzione in funzione del volume di proventi che
ci si prefigge di raggiungere. È per questo che la sponsorizzazione deve essere
controllata, per non incorrere alla realizzazione di attività che in modo
subdolo siano finalizzate al soddisfacimento economico ad esempio di sponsor
che elargiscono proventi in cambio di un riscontro economico a loro vantaggio
ben misurabile, anche a costo di dare dei messaggi scorretti e fuorvianti.
Uno dei rischi
corsi dal museo attuale, sempre più liquido, è quello di diventare una sorta di
mostra temporanea, in continua evoluzione, per entrare in concorrenza con le
esposizioni di durata limitata nel tempo. La liquidità del museo già oggi
investe le sue attività, proposte in forma diversa, che si aggiungono ai
compiti di conservare ed esporre le collezioni permanenti.
La sfida del museo
di oggi è quella di rimanere fedele alla propria identità, senza diventare un
parco dei divertimenti, costituire un’alternativa valida alle mostre,
interessare i visitatori.
La liquidità che contraddistingue la società costringe
il museo ad adeguarsi ad essa per non interrompere la sua comunicazione nei
confronti della collettività, mantenendone vivo l’interesse. Potenzialmente il
museo, grazie alle nuove tecnologie, agli allestimenti coinvolgenti, ai
programmi di attività ad esso correlati, studiati per soddisfare varie
tipologie di pubblico, può rivelarsi un mezzo al servizio della società. Un
chiaro esempio in tal senso viene offerto dai mezzi tecnologici impiegati
nell’ambito museale e dalla comunicazione delle istituzioni attraverso la rete con
siti internet ufficiali e profili su social network, accessibili tramite dispositivi
fissi e mobili, nonché attraverso lo sviluppo di specifiche applicazioni mobili
- app (Fig. 1). I mezzi tecnologici possono essere impiegati per valorizzare il
patrimonio culturale, sfruttando la possibilità di fornire rapidamente
informazioni in modo semplice e in qualsiasi luogo (se c’è connessione ad
internet), di accostare opere fisicamente distanti, di tracciare percorsi
personali in cui l’utente svolge un ruolo attivo e in cui è possibile vedere
ricostruiti virtualmente contesti non più esistenti.
Nell’ambito museale, all’insegna della liquidità,
negli ultimi anni i mezzi tecnologici sono stati impiegati anche per la
realizzazione di mostre virtuali.
Queste ultime o sono generate
da eventi reali, dando luogo a prodotti autonomi per l’uso del linguaggio web,
o sono nate direttamente per il web, svolgendosi esclusivamente in ambiente
virtuale. Sono realizzate da soggetti culturali con scarsità di risorse o di spazi
espositivi che affidano al mezzo informatico la possibilità di valorizzare e far
conoscere il proprio patrimonio, oppure sono realizzate da privati con
contenuti e oggetti digitali propri o contengono in un unico spazio virtuale
opere raccolte in diverse istituzioni che non potrebbero essere riunite
fisicamente in un unico luogo, o contengono opere born digital (nate in ambiente digitale).
Nell’ambito del
web culturale, agli inizi del XXI secolo è stato avviato il progetto MINERVA
che, tra le tematiche inerenti la digitalizzazione, ha lavorato sulla qualità
delle applicazioni web e sull’interazione con gli utenti, proponendo strumenti
pratici, raccomandazioni e linee guida agli operatori del settore, condivise a
livello europeo.
In Italia, l’Istituto centrale per il
catalogo unico delle biblioteche italiane di concerto con l’Istituto centrale
per gli archivi, ispirandosi al progetto MINERVA, ha elaborato delle linee
guida, destinate alle istituzioni culturali, per la realizzazione di mostre
virtuali online, progettate per generare percorsi virtuali diversificati e al
tempo stesso rappresentare l’identità e l’attività dell’istituto, costituenti
strumenti per il processo di transizione digitale del sistema dei beni
culturali da affrontare con apposite infrastrutture, adeguati strumenti e con
la consapevolezza della profonda modificazione di prospettive introdotta dalla
possibilità di separare la governance della conservazione dalle
strategie di valorizzazione del patrimonio culturale, spesso indirizzate al
marketing turistico-territoriale e all’esplorazione di nuove forme di turismo
culturale. L’obiettivo primario delle mostre virtuali per le quali è stato
ideato il progetto MINERVA è la valorizzazione, per avvicinare i cittadini al
patrimonio culturale e artistico nazionale e internazionale, con funzione
didattica per portare un valore aggiunto alle mostre fisiche. Dall’elaborazione delle Linee guida e dall’analisi degli strumenti
esistenti è nato MOVIO
per creare un kit open source di strumenti e servizi per la realizzazione di mostre virtuali online, destinato agli
istituti culturali italiani per valorizzare i beni meno noti o non visibili
presenti nelle proprie collezioni, oltre che per dare risalto ai capolavori.
Per MOVIO una declinazione della mostra virtuale online è il percorso tematico.
Tra le mostre
virtuali online realizzate nell’ambito di MOVIO
(che non sembrano aver sfruttato a pieno le possibilità offerte, presentandosi
graficamente vicine ai siti-vetrina degli istituti culturali benché con
maggiori contenuti multimediali), oltre a quelle
legate alle mostre fisiche, molte sono costituite da percorsi basati su una
selezione di materiale presente all’interno di uno specifico istituto
culturale. Non mancano quelle realizzate in vista di un futuro allestimento
reale o come percorsi tematici che coinvolgono più musei.
Nonostante le grandi possibilità offerte dai mezzi
tecnologici, all’insegna della liquidità, le loro stesse caratteristiche
possono diventare rischiose se portate alle estreme conseguenze, con risultati
opposti a quelli previsti dalle normative vigenti in Italia.
È rivelatrice l’associazione del museo liquido alla
dimensione digitale, in rapida evoluzione nei musei, a cui si riferiscono
Boiano e Gaia che legano al concetto di museo liquido esclusivamente
l’accelerazione tecnologica, affermando che le nuove tecnologie offrono la
possibilità di rendere il «consumatore
contemporaneo, o meglio il consum-attore… al tempo stesso creatore di
contenuti. … Raramente ha la voglia e la possibilità di focalizzarsi
completamente su un solo stimolo; se viene colpito da un’opera d’arte, vuole
immediatamente salvarla e condividerla con la sua “audience”. … Le pareti non
contengono più le opere: divenute immagini virtuali nello smartphone del
visitatore, esse fluttuano per lo spazio della rete, sempre più alterate…».
La parola “consumatore” evoca piuttosto un
consumo indiscriminato, non dettato dal soddisfacimento di bisogni e che non
porta ad un accrescimento dell’individuo. Inoltre, ponendo in evidenza la
componente -attore della parola, non emerge un quadro confortante, in quanto
evoca una condizione di finzione in cui ciascuno interpreta una parte non legata
da un racconto con una morale e la recitazione in sé non sembra portare ad una
catarsi. L’atteggiamento del consumatore culturale che si configura in tal
modo, si colloca in una posizione ben distante dalle finalità del museo secondo
la normativa italiana ed il Codice etico
dell’ICOM. Inoltre, la possibilità di personalizzare, alterare e
condividere le
immagini delle opere può rispondere principalmente al soddisfacimento
di un'affermazione dell’individuo fine a se stessa, portandolo ad una
autoreferenzialità. Anziché dare un messaggio relativo ad una specifica
cultura, alla storia di un gruppo di persone, di una nazione o
dell’umanità, il
museo liquido rischia, attraverso le tecnologie, di dividere ed isolare
gli
individui. Ciascuno dispone dei mezzi per creare il proprio museo che
si
ripiega su se stesso, senza avere necessariamente legami con la storia
delle
opere estratte dal loro contesto e modificate a piacimento, in modo
soggettivo
e unilaterale. Ciascun fruitore può dunque isolarsi dall’altro, non
riconoscendo dei valori comuni ad un gruppo di individui, ad una
cultura. La
rete, inoltre, specchio ed estensione della liquidità, offrendo la
possibilità
a chiunque di condividere pensieri e immagini, si configura come una
dimensione
mutevole, fluttuante, in cui sempre più si perde l’orientamento e dove
è
difficile distinguere il vero dal falso, dove notizie inventate vengono
diffuse
per reinventare la realtà o per avere più condivisioni. Dove il flusso
di
notizie scorre sempre più rapidamente, si annulla inoltre la dimensione
storica. Infatti, come accade per le tecnologie, tutto diventa subito
obsoleto.
Il museo, di conseguenza, rischia di divenire lo specchio di un eterno
presente
fuori dalla storia dove ogni evento, allestimento o attività ha la
durata di un
post in un social network. Inoltre, la gestione social dei musei, di cui si
occupano specifici operatori afferenti alle strutture stesse, talvolta tende a
diventare fine a se stessa, in un trionfo della tecnologia dove viene perso di
vista il fine di comunicazione museale, a vantaggio dell’esibizione del mezzo
che in casi estremi può comportare un utilizzo consistente delle risorse,
riducendo il budget destinato alla
conservazione materiale del patrimonio culturale.
Anche la dimensione fisica dei musei è
stata caratterizzata da un passaggio verso la liquidità, discostandosi da una
concezione statica e ben finita dell’istituzione. I musei razionalisti, con i
grandi spazi neutri e dalle architetture squadrate sono stati soppiantati da
allestimenti fluidi che si prestano a visioni mutevoli e molteplici, portando
ad una lettura sempre più soggettiva degli spazi e degli oggetti esposti, ad un
approccio che si basa sulle emozioni. È interessante notare, in proposito, che
in Italia, in consonanza con la didattica museale, nella scuola si sta facendo
sempre più spazio la “didattica per competenze emotive” che pone al centro
dello spazio scolastico le emozioni degli individui. Le emozioni sono immediate
e possono avere una grande forza. Tuttavia, l’individuo non è fatto solo di
emozioni ma è un essere composto anche da ragione. Dunque, qualsiasi approccio
basato sulle emozioni non può considerarsi mai esaustivo ma necessariamente
deve andare ad integrarsi con la dimensione razionale. Inoltre, le emozioni da
sole possono portare ad alimentare quell’insoddisfazione propria del consumismo,
fenomeno del tutto irrazionale.
Nella società liquida ha trovato spazio
anche un allestimento museale ed un’architettura liquida, termine qui non
inteso con il significato dato da Novak nell’ambito del cyberspazio ma
usato per indicare una elaborazione strutturale fisica.
Questa architettura liquida non può essere
ricondotta esclusivamente ad un effetto della mercificazione culturale ma si
nutre di una serie di condizioni che ne hanno determinato lo sviluppo. Inoltre,
storicamente non esiste una cultura monolitica perché, nel corso del tempo, si
sono registrate nello stesso periodo determinate tendenze e spinte ad esse
contrarie. Infatti, Colonna ha collegato il concetto di architettura liquida
alla dialettica di classico e anticlassico (tema sviluppato da Argan e Zevi in
chiavi diverse) in cui la contrapposizione non si risolve in un’antitesi che
esclude l’elemento opposto.
L’architettura liquida è definita da
Rugino, sulla base della logica liquida, come dinamica, implosiva, tattile,
immersiva, distribuita, digitale, convergente, integrata, multisensoriale,
virtualizzata e continua, basata sull’intelligenza anziché sulla memoria. Tuttavia,
l’intelligenza è strettamente legata alla memoria perché lo sviluppo della
capacità cognitive e tecniche umane è stato possibile nel tempo grazie alla
trasmissione della memoria e delle esperienze collettive dell’umanità.
L’architettura liquida, come il museo
liquido, è identificabile con una adeguata forma di rappresentazione del nostro
periodo storico e la risposta appropriata ai bisogni comunicativi della società
di oggi che possono essere coniugati con una maggiore valorizzazione dei beni
culturali, dalla quale possono derivare anche introiti economici con un maggior
flusso di visitatori.
L’architettura liquida, intesa come
contenitore delle raccolte museali e allestimento degli spazi espositivi, è
profondamente storicizzata come qualsiasi manifestazione artistica e può essere
letta come un'installazione che ingloba le opere, dando loro un nuovo
significato. L’allestimento museale concorre di per sé alla comunicazione di un messaggio, non contenendo opere a caso ma
secondo un criterio, ed interferendo dunque sempre con la loro percezione.
Tuttavia, rispetto a criteri all’insegna della neutralità percettiva, un’architettura
liquida crea interferenze maggiori e volute, prestandosi a stupire ed attirare
masse di fruitori. Queste sono sensibili soprattutto a grandiose scenografie
dove la funzione didattica può essere anche del tutto disattesa. Si corre
dunque il rischio che le opere si disperdano in scenografici allestimenti,
perdendo la loro autonomia originaria dal contesto che le circonda. Inoltre, un’architettura
particolarmente liquida può risultare non inclusiva, essendo, portata alle
estreme conseguenze, un elemento di disturbo per alcune tipologie di fruitori
(ad esempio per chi ha problemi di squilibrio).
Dunque, la sfida del museo oggi, chiamato ad essere
liquido per necessità, consiste nel coniugare esigenze comunicative, in una
società sempre più consumistica, attirata dal desiderio di provare emozioni
rapide e intense destinate a consumarsi in fretta, ad esigenze didattiche e di
ordine economico. La sopravvivenza del museo è subordinata al mantenimento di
un equilibrio di tutte queste esigenze.
Nella società liquida Bauman riconosce un
concetto di cultura mercificata, mantenendo sempre i bisogni insoddisfatti,
assimilata ad un reparto di un grande magazzino di cui fanno esperienza persone
trasformate in consumatori, fatta di offerte e non di divieti, di proposte e
non di norme, plasmata per adeguarsi alla libertà individuale di scelta,
impegnata ad attrarre e sedurre senza dare regolazioni normative, dove
l’individuo-cliente viene investito da un eccesso di stimoli che lo porta a
consumare senza criterio, con l’unico fine di appagare un effimero desiderio di
possesso a cui non corrisponde un arricchimento formativo.
Il museo di oggi, profondamente liquido
per aspetto e attività, ben si presta a rappresentare la società liquida
mercificatrice della cultura perché può permettere un mero sfruttamento
economico dei beni culturali e delle attività ad essi connesse. Tuttavia, al
tempo stesso, può essere impiegato per un accrescimento culturale della
società, per sviluppare un’analisi del mondo circostante, una comprensione del
periodo storico in cui si vive e lo sviluppo di uno spirito critico. Il museo
può essere flessibile, purché vincolato a punti fermi ben saldi, può plasmarsi
sugli interessi di ciascuno, purché questi possano permettere un dialogo e la
condivisione di valori comuni. La liquidità, dunque, può costituire una risorsa
se non viene sfruttata prevalentemente per trarne un beneficio economico,
secondo una impostazione che oggi appare imposta all’istituzione museale come
un impegno inderogabile e scopo prevalente.
NOTE
Codice etico
dell’ICOM per i musei, Milano/Zurigo 2009, con Introduzione di Geoffrey LEWIS,
p. 14, consultato
in ICOM International Council of Museums - Italia, <http://archives.icom.museum/codes/italy.pdf> visitato in data 27/04/2016.
Cfr. Zygmunt
BAUMAN, Liquid Life, Cambridge, Polity
Press, 2005, trad. it. Marco CUPELLARO, Vita
liquida, 4° ed., Roma, GLF Editori Laterza, 2008. ID., Liquid modernity, Cambridge, Polity Press, 2000, trad. it. Sergio
MINUCCI, Modernità liquida, 10° ed.,
Roma – Bari, Laterza, 2011.
Sull’esigenza di
valorizzare il patrimonio culturale pubblico italiano si veda anche Lorenzo
CASINI, Valorizzazione del patrimonio
culturale pubblico: il prestito e l’esportazione di beni culturali, “Aedon.
Rivista di arti e diritto on line”, n. 1-2, 2012, <www.aedon.mulino.it/archivio/2012/1_2/casini2.htm>
ISSN 1127-1345.
Cfr. Michele
AINIS - Mario FIORILLO, I beni culturali,
in Trattato di diritto amministrativo.
Diritto amministrativo speciale, a cura di Sabino CASSESE, t. 2, Milano,
Dott. A. Giuffrè Editore, 2000, pp. 1053-1101, p. 1062. ID., L’ordinamento della cultura. Manuale di
legislazione dei beni culturali, 2° ed., Milano, Dott. A. Giuffrè Editore,
2008, pp. 162-164.
Cfr. Carlo
ROSSETTI, La libertà di insegnamento e di
ricerca: scuola e università nella Costituzione, in Dialoghi sulla Costituzione. Per saper leggere e capire la nostra Carta
fondamentale, a cura di Marco IMPERATO - Michele TURAZZA, prefazione di
Valerio ONIDA, Monte Porzio Catone (RM), Effepi Libri, 2013, pp. 152-159, pp. 152-153.
Per le notizie
sul marketing delle mostre temporanee: Giacomo MAGNANI, Introduzione alla gestione dei beni culturali. L’ambiente normativo e
culturale: opportunità e vincoli per il management delle istituzioni culturali,
Milano, I.S.U. Università Cattolica, 2004, pp. 57-58. Claudio SALSI, Esperienze di marketing museale, in Marketing culturale. Valorizzazione di
istituzioni culturali. Strategie di promozione del territorio, a cura di
Silvia LURAGHI - Paola STRINGA, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 61-68, pp. 66-68.
Claudia Maria GOLINELLI, Cultura, impresa
e territorio. La valorizzazione del patrimonio culturale: verso la definizione
di un modello di governance, Milano, Giuffrè editore, 2008, p. 107.
Cfr. Alessandra
MOTTOLA MOLFINO, Il libro dei musei,
Torino, Umberto Allemandi & C., 1992, p. 153.
Per le notizie
sulla politica delle arti durante il fascismo: AINIS FIORILLO 2008, pp. 40,
52-54, 57-58, 65. ROSSETTI C. 2013, p. 153.
Per le notizie sulla
Quadriennale di Roma: Prima Quadriennale
d’Arte Nazionale sotto gli auspici di S. E. il capo del governo. Catalogo,
catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, gennaio – giugno 1931),
Roma, Edizioni Enzo Pinci, 1930. Arturo LANCELLOTTI, La prima Quadriennale d’Arte Nazionale. con 249 illustrazioni e 20
tavole. fregi di Gino Maggioni, Roma, Edizioni Enzo Pinci, 1931. Sergio
GUARINO, La Quadriennale: da mostra
periodica a struttura pubblica, in Il
Palazzo delle esposizioni. Urbanistica e architettura. L’esposizione inaugurale
del 1883. Le acquisizioni pubbliche. Le attività espositive, a cura di
Rossella SILIGATO - Maria Elisa TITTONI, catalogo della mostra (Roma, Palazzo
delle Esposizioni, 12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991), Roma, Edizioni Carte
Segrete, 1990, pp. 207-217. Francesca Romana MORELLI, Roma-Torino: artisti, collezionismo pubblico e privato alle
Quadriennali romane (1931-1943), in
Le Capitali d’Italia. Torino-Roma 1911-1946. Arti produzione spettacolo, a
cura di Marisa VESCOVO - Netta VESPIGNANI, catalogo della mostra (Torino,
Palazzo Bricherasio – Stupinigi, Palazzina di Caccia, 4 dicembre 1997 – 22
marzo 1998), Electa, Milano 1997, pp. 55-62. Claudia SALARIS, La Quadriennale. Storia della rassegna
d’arte italiana dagli anni Trenta a oggi. History of the Exhibition of Italian Art from the
Thirties to Today, Venezia,
Marsilio, 2004.
Per le notizie sulla
Mostra archeologica nelle Terme di Diocleziano: Giulio Quirino GIGLIOLI, a cura
di, Museo dell’Impero Romano. Catalogo,
Roma, Stabilimento Tipografico R. Garroni, 1929. Marianna GUCCIARDINO, Il museo della Civiltà Romana: dalle origini
ad un’ipotesi di ristrutturazione, in “Bollettino dei musei comunali di
Roma”, 2, 1988, pp. 81-93, pp. 82-85.
Per le notizie
sul Museo dell’Impero Romano: GIGLIOLI G. Q. 1929. Antonio M. COLINI, Il Museo della Civiltà Romana, in “Capitolium”,
3-4, 1952, pp. 65-80. GUCCIARDINO M. 1988, pp. 85-86.
Per le notizie
sulla Mostra Augustea della Romanità: COLINI A. M. 1952, pp. 67-68. GUCCIARDINO
M. 1988, pp. 86-88. Giuseppina PISANI SARTORIO, La Mostra Augustea della Romanità (1937 – 1938), il Palazzo delle
Esposizioni e l’ideologia della romanità, in Il Palazzo delle esposizioni. Urbanistica e architettura. L’esposizione
inaugurale del 1883. Le acquisizioni pubbliche. Le attività espositive, a
cura di Rossella SILIGATO - Maria Elisa TITTONI, catalogo della mostra (Roma,
Palazzo delle Esposizioni, 12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991), Roma, Edizioni
Carte Segrete, 1990, pp. 219-221.
Per le notizie sul
Museo della Civiltà Romana: COLINI A. M. 1952. GUCCIARDINO M. 1988, pp. 88-90.
Per le notizie
sulla Biennale di Venezia: Paolo RIZZI - Enzo DI MARTINO, Storia della Biennale 1895-1982, Milano, Electa, 1982, pp. 13-20. Enzo DI MARTINO, Biennale
di Venezia. Storia della Biennale di Venezia 1895 – 2003. Arti visive.
Architettura. Cinema. Danza. Musica. Teatro, Venezia, Papiro Arte, 2003,
pp. 7-15.
Per le notizie
sulla legge Rosadi: AINIS FIORILLO 2000, pp. 1056-1058.
Cfr. Franco RUSSOLI, Il museo come elemento attivo nella
società, in Il museo come esperienza
sociale, atti del convegno di studio sotto l’alto patronato del Presidente
della Repubblica (Roma, 4-5-6 dicembre 1971), Roma, De Luca, 1972, pp. 79-84.
Cfr. Ortensia MELE, Il patrimonio artistico e la
partecipazione, in Il museo come
esperienza sociale, atti del convegno di studio sotto l’alto patronato del
Presidente della Repubblica (Roma, 4-5-6 dicembre 1971), Roma, De Luca, 1972,
pp. 267-270.
Per il
riferimento cronologico e legislativo dell’entrata della valorizzazione
nell’ordinamento dei beni culturali: Michele AINIS – Mario FIORILLO, L’ordinamento della cultura. Manuale di
legislazione dei beni culturali, 3° ed., Milano, Dott. A. Giuffrè Editore,
2015, p. 225.
Per le notizie
sulla legge Bottai: AINIS FIORILLO 2000, pp. 1058-1059. AINIS FIORILLO 2008, p.
209.
AINIS FIORILLO
2015, p. 225.
Per le notizie sulle blockbuster exhibitions: Shearer WEST, The Devaluation of ‘Cultural Capital’: Post-Modern Democracy and the
Art Blockbuster, in Art in Museum,
edited by Susan PEACE, London, The Athlone Press, 1995, pp. 74-93, pp. 75-76. Christopher
M. LAW, Urban Tourism. The Visitor
Economy and the Growth of Large Cities, 2° ed., Trowbridge, Cromwell Press,
2002, pp. 145-146. Chin-Tao WU, Privatising
Culture: Corporate Art Intervention Since the 1980s, London, Verso, 2003,
pp. 135-137. Sarah
COSULICH CANARUTTO, Visitatoreattore,
in Arte o spettacolo? Fruitori, utenti,
attori, a cura di Danila BERTASIO, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 58-62.
COSULICH
CANARUTTO S. 2006, pp. 59-60.
Per le notizie
sulla sponsorizzazione culturale: AINIS FIORILLO 2000, pp. 1083-1084. AINIS
FIORILLO 2015, pp. 235-240.
Per le notizie
sulla legge Ronchey: Nomisma, Primo
Rapporto Nomisma sull’applicazione della Legge Ronchey, Ricerca promossa in
occasione del Salone dei Prodotti e Servizi dedicati all’Arte (Arezzo, 12-15
maggio 2000), Bologna, Nomisma Società di studi economici, 2000. Commissione incaricata di elaborare una
proposta per la definizione dei livelli minimi di qualità della valorizzazione
(d.m. 1 dicembre 2006). Sintesi dei lavori – ottobre 2007 (stralcio).
Sottocommissione 4. Programmazione e gestione delle attività di valorizzazione.
I “servizi aggiuntivi”, in “Aedon. Rivista di arti e diritto on line”, n.
2, 2008, <www.aedon.mulino.it/archivio/2008/2/servagg.htm>
ISSN 1127-1345. Giuseppe PIPERATA, La
nuova disciplina dei servizi aggiuntivi dei musei statali, in “Aedon.
Rivista di arti e diritto on line”, n. 2, 2008, <www.aedon.mulino.it/archivio/2008/2/piperata.htm>
ISSN 1127-1345. Giuliano SEGRE, Il museo a Mestre: una occasione per un
museo del Novecento della città a Venezia, in I Musei della Città, a cura di Donatella CALABI – Paola MARINI –
Carlo M. TRAVAGLINI, “Città e Storia”, III, n. 1, 2008, pp. 325-339, pp.
329-333.
Per le notizie
sulle mostre virtuali: Mostre virtuali
online. Linee guida per la realizzazione. Versione 1.0 (settembre 2011), a
cura di Tiziana FABRIS – Adriana MARTINOLI – Maria Teresa NATALE – Giuliana
ZAGRA, Roma, MiBAC – ICCU – ICAR – OTEBAC – Minerva, 2011.
Minerva
Knowledge Base. Digitising Content Together, edited
by Minerva Editorial Board, Copyright Minerva Project 2006-11, last revision
2013-03-11, <www.minervaeurope.org> visitato in data 09/08/2015.
Cfr. MOVIO Mostre Virtuali Online:
uno strumento innovativo per realizzare mostre virtuali online a uso di musei,
archivi e biblioteche, opuscolo informativo, MiBACT – ICCU – Fondazione Telecom
Italia, 2012. MOVIO Mostre Virtuali
Online, 2012-2015, pagina
creata il 01/09/2012, ultima modifica 09/11/2014, <www.movio.beniculturali.it> visitata il
12/06/2015.
Stefania BOIANO – Giuliano GAIA, Il museo liquido. Alcune best practice internazionali e qualche
suggerimento per i musei che non rinunciano a giocare un proprio ruolo anche
nella dimensione digitale in rapida evoluzione, in “Museo in-forma. Rivista
quadrimestrale della Provincia di Ravenna – Notiziario del Sistema Museale
provinciale”, 55, 2016, pp. 9-10, p. 9.
Marcos NOVAK, Architetture liquide nel ciberspazio, in
Cyberspace. Primi passi nella realtà
virtuale, a cura di Michael BENEDIKT, Padova, F. Muzzio, 1993, pp. 233-265.
Cfr. Stefano
COLONNA, La dialettica di
classico/anticlassico tra Argan, Zevi e Novak per una definizione
critico-estetica di “Architettura Liquida”, in “BTA – Bollettino Telematico
dell’Arte”, 16 Giugno 2014, n. 715, <http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00715.html>
ISSN 1127-4883
Salvatore RUGINO,
Liquid box, Roma, Aracne, 2008.
Cfr. Zygmunt
BAUMAN, Per tutti i gusti. La cultura
nell’era dei consumi, trad. it. Daniele FRANCESCONI, Roma – Bari, GLF
editori Laterza, 2016.
BIBLIOGRAFIA
AINIS FIORILLO
2000
Michele AINIS - Mario FIORILLO, I beni culturali, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto
amministrativo speciale, a cura di Sabino CASSESE, t. 2, Milano, Dott. A.
Giuffrè Editore, 2000, pp. 1053-1101.
AINIS FIORILLO
2008
ID., L’ordinamento della cultura. Manuale di
legislazione dei beni culturali, 2° ed., Milano, Dott. A. Giuffrè Editore,
2008.
AINIS FIORILLO
2015
ID., L’ordinamento della cultura. Manuale di legislazione dei beni culturali,
3° ed., Milano, Dott. A. Giuffrè Editore, 2015.
BAUMAN Z. 2008
Zygmunt
BAUMAN, Liquid Life, Cambridge, Polity
Press, 2005, trad. it. Marco CUPELLARO, Vita
liquida, 4° ed., Roma, GLF Editori Laterza, 2008.
BAUMAN Z. 2011
ID., Liquid
modernity, Cambridge, Polity Press, 2000, trad. it. Sergio MINUCCI, Modernità liquida, 10° ed., Roma – Bari,
Laterza, 2011.
BAUMAN Z. 2016
ID. Per tutti i gusti. La cultura nell’era dei
consumi, trad. it. Daniele FRANCESCONI, Roma – Bari, GLF editori Laterza,
2016.
BOIANO GAIA 2016
Stefania
BOIANO – Giuliano GAIA, Il museo liquido. Alcune best practice internazionali e qualche suggerimento
per i musei che non rinunciano a giocare un proprio ruolo anche nella
dimensione digitale in rapida evoluzione, in “Museo in-forma. Rivista
quadrimestrale della Provincia di Ravenna – Notiziario del Sistema Museale
provinciale”, 55, 2016, pp. 9-10.
CASINI
L. 2012
Lorenzo CASINI, Valorizzazione del patrimonio culturale
pubblico: il prestito e l’esportazione di beni culturali, “Aedon. Rivista
di arti e diritto on line”, n. 1-2, 2012, <www.aedon.mulino.it/archivio/2012/1_2/casini2.htm>
ISSN 1127-1345
COLINI A. M. 1952
Antonio
M. COLINI, Il Museo della Civiltà Romana,
in “Capitolium”, 3-4, 1952, pp. 65-80.
COLONNA S. 2014
Stefano
COLONNA, La dialettica di classico/anticlassico
tra Argan, Zevi e Novak per una definizione critico-estetica di “Architettura
Liquida”, in “BTA – Bollettino Telematico dell’Arte”, 16 Giugno 2014, n.
715, <http://www.bta.it/txt/a0/07/bta00715.html>
ISSN 1127-4883
COMMISSIONE
2008
Commissione
incaricata di elaborare una proposta per la definizione dei livelli minimi di
qualità della valorizzazione (d.m. 1 dicembre 2006). Sintesi dei lavori –
ottobre 2007 (stralcio). Sottocommissione 4. Programmazione e gestione delle
attività di valorizzazione. I “servizi aggiuntivi”, in “Aedon.
Rivista di arti e diritto on line”, n. 2, 2008, <www.aedon.mulino.it/archivio/2008/2/servagg.htm>
ISSN 1127-1345
COSULICH CANARUTTO
S. 2006
Sarah
COSULICH CANARUTTO, Visitatoreattore,
in Arte o spettacolo? Fruitori, utenti,
attori, a cura di Danila BERTASIO, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 58-62.
DI
MARTINO E. 2003
Enzo DI MARTINO, Biennale di Venezia. Storia della Biennale di Venezia 1895 – 2003. Arti
visive. Architettura. Cinema. Danza. Musica. Teatro, Venezia, Papiro Arte,
2003.
GIGLIOLI G. Q.
1929
Giulio
Quirino GIGLIOLI, a cura di, Museo
dell’Impero Romano. Catalogo, Roma, Stabilimento Tipografico R. Garroni,
1929.
GOLINELLI C. M.
2008
Claudia
Maria GOLINELLI, Cultura, impresa e
territorio. La valorizzazione del patrimonio culturale: verso la definizione di
un modello di governance, Milano, Giuffrè editore, 2008.
GUARINO S. 1990
Sergio
GUARINO, La Quadriennale: da mostra
periodica a struttura pubblica, in Il
Palazzo delle esposizioni. Urbanistica e architettura. L’esposizione inaugurale
del 1883. Le acquisizioni pubbliche. Le attività espositive, a cura di
Rossella SILIGATO - Maria Elisa TITTONI, catalogo della mostra (Roma, Palazzo
delle Esposizioni, 12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991), Roma, Edizioni Carte
Segrete, 1990, pp. 207-217.
GUCCIARDINO M. 1988
Marianna
GUCCIARDINO, Il museo della Civiltà
Romana: dalle origini ad un’ipotesi di ristrutturazione, in “Bollettino dei
musei comunali di Roma”, 2, 1988, pp. 81-93.
LANCELLOTTI A.
1931
Arturo
LANCELLOTTI, La prima Quadriennale d’Arte
Nazionale. con 249 illustrazioni e 20 tavole. fregi di Gino Maggioni, Roma,
Edizioni Enzo Pinci, 1931.
LAW C. M. 2002
Christopher M. LAW, Urban Tourism. The Visitor Economy and the
Growth of Large Cities, 2° ed., Trowbridge, Cromwell Press, 2002.
MAGNANI G. 2004
Giacomo
MAGNANI, Introduzione alla gestione dei
beni culturali. L’ambiente normativo e culturale: opportunità e vincoli per il
management delle istituzioni culturali, Milano, I.S.U. Università
Cattolica, 2004.
MELE
O. 1972
Ortensia MELE, Il patrimonio artistico e la
partecipazione, in Il museo come
esperienza sociale, atti del convegno di studio sotto l’alto patronato del
Presidente della Repubblica (Roma, 4-5-6 dicembre 1971), Roma, De Luca, 1972,
pp. 267-270.
MORELLI F. R. 1997
Francesca
Romana MORELLI, Roma-Torino: artisti,
collezionismo pubblico e privato alle Quadriennali romane (1931-1943), in Le Capitali d’Italia. Torino-Roma
1911-1946. Arti produzione spettacolo, a cura di Marisa VESCOVO - Netta
VESPIGNANI, catalogo della mostra (Torino, Palazzo Bricherasio – Stupinigi,
Palazzina di Caccia, 4 dicembre 1997 – 22 marzo 1998), Electa, Milano 1997, pp.
55-62.
MOSTRE 2011
Mostre virtuali
online. Linee guida per la realizzazione. Versione 1.0 (settembre 2011), a cura di
Tiziana FABRIS – Adriana MARTINOLI – Maria Teresa NATALE – Giuliana ZAGRA,
Roma, MiBAC – ICCU – ICAR – OTEBAC – Minerva, 2011.
MOTTOLA MOLFINO A.
1992
Alessandra
MOTTOLA MOLFINO, Il libro dei musei,
Torino, Umberto Allemandi & C., 1992.
MOVIO 2012
MOVIO Mostre
Virtuali Online: uno strumento innovativo per realizzare mostre virtuali online
a uso di musei, archivi e biblioteche, opuscolo
informativo, MiBACT – ICCU – Fondazione Telecom Italia, 2012.
NOMISMA 2000
Nomisma,
Primo Rapporto Nomisma sull’applicazione
della Legge Ronchey, Ricerca promossa in occasione del Salone dei Prodotti
e Servizi dedicati all’Arte (Arezzo, 12-15 maggio 2000), Bologna, Nomisma
Società di studi economici, 2000.
NOVAK M. 1993
Marcos
NOVAK, Architetture liquide nel
ciberspazio, in Cyberspace. Primi
passi nella realtà virtuale, a cura di Michael BENEDIKT, Padova, F. Muzzio,
1993, pp. 233-265.
PIPERATA G. 2008
Giuseppe PIPERATA, La nuova disciplina dei servizi aggiuntivi
dei musei statali, in “Aedon. Rivista di arti e diritto on line”, n. 2,
2008, <www.aedon.mulino.it/archivio/2008/2/piperata.htm>
ISSN 1127-1345
PISANI SARTORIO G. 1990
Giuseppina
PISANI SARTORIO, La Mostra Augustea della
Romanità (1937 – 1938), il Palazzo delle Esposizioni e l’ideologia della
romanità, in Il Palazzo delle
esposizioni. Urbanistica e architettura. L’esposizione inaugurale del 1883. Le
acquisizioni pubbliche. Le attività espositive, a cura di Rossella SILIGATO
- Maria Elisa TITTONI, catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni,
12 dicembre 1990 - 14 gennaio 1991), Roma, Edizioni Carte Segrete, 1990, pp.
219-221.
PRIMA QUADRIENNALE 1930
Prima Quadriennale
d’Arte Nazionale sotto gli auspici di S. E. il capo del governo. Catalogo, catalogo della
mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, gennaio – giugno 1931), Roma, Edizioni
Enzo Pinci, 1930.
RIZZI DI MARTINO 1982
Paolo
RIZZI - Enzo DI MARTINO, Storia della
Biennale 1895-1982, Milano, Electa, 1982.
ROSSETTI C. 2013
Carlo
ROSSETTI, La libertà di insegnamento e di
ricerca: scuola e università nella Costituzione, in Dialoghi sulla Costituzione. Per saper leggere e capire la nostra Carta
fondamentale, a cura di Marco IMPERATO - Michele TURAZZA, prefazione di
Valerio ONIDA, Monte Porzio Catone (RM), Effepi Libri, 2013, pp. 152-159.
RUGINO S. 2008
Salvatore
RUGINO, Liquid box, Roma, Aracne,
2008.
RUSSOLI
F. 1972
Franco RUSSOLI, Il museo come elemento attivo nella
società, in Il museo come esperienza
sociale, atti del convegno di studio sotto l’alto patronato del Presidente
della Repubblica (Roma, 4-5-6 dicembre 1971), Roma, De Luca, 1972, pp. 79-84.
SALARIS C. 2004
Claudia
SALARIS, La Quadriennale. Storia della
rassegna d’arte italiana dagli anni Trenta a oggi. History of the
Exhibition of Italian Art from the Thirties to Today, Venezia, Marsilio, 2004.
SALSI C. 2006
Claudio
SALSI, Esperienze di marketing museale,
in Marketing culturale. Valorizzazione di
istituzioni culturali. Strategie di promozione del territorio, a cura di
Silvia LURAGHI - Paola STRINGA, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 61-68.
SEGRE G. 2008
Giuliano SEGRE, Il museo a Mestre: una occasione per un museo del Novecento della città
a Venezia, in I Musei della Città,
a cura di Donatella CALABI – Paola MARINI – Carlo M. TRAVAGLINI, “Città e
Storia”, III, n. 1, 2008, pp. 325-339.
WEST S. 1995
Shearer WEST, The Devaluation of ‘Cultural Capital’:
Post-Modern Democracy and the Art Blockbuster, in Art in Museum, edited by Susan PEACE, London, The Athlone Press,
1995, pp. 74-93.
WU C.-T. 2003
Chin-Tao WU, Privatising Culture: Corporate Art
Intervention Since the 1980s, London, Verso, 2003.
SITOGRAFIA
ICOM
ICOM International Council of Museums - Italia, <http://www.icom-italia.org/> visitato in data 27/04/2016.
MINERVA
Minerva
Knowledge Base. Digitising Content Together, edited by Minerva Editorial Board, Copyright Minerva Project 2006-11,
last revision 2013-03-11, <www.minervaeurope.org> visitato in data 09/08/2015.
MOVIO 2015 a
MOVIO Mostre
Virtuali Online, 2012-2015, pagina creata il 01/09/2012, ultima
modifica 09/11/2014, <www.movio.beniculturali.it> visitata il
12/06/2015.
MOVIO 2015 b
MOVIO Mostre
Virtuali Online, 2012-2015, Home > Mostre
realizzate, pagina
creata il 21/10/2013, ultima modifica 24/07/2015, <www.movio.beniculturali.it/index.php?it/68/mostre-realizzate>
visitata il 28/08/2015.
Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA
|