L’opera
in analisi appartiene al genere del ritratto. L’uomo effigiato, sulla base
dell’osservazione degli abiti talari, il tipico abito corale e la berretta di
colore rosso, è riconoscibile come Cardinale.
La
posizione del prelato ritratto, che si trova in un ambiente interno connotato
da una tenda rossa e una sedia savonarola in legno dorato e dalla tappezzeria
di velluto rosso, nel quale irrompe una luce da una finestra collocata in alto
a sinistra, della quale si intravede uno degli angoli, è seduta: l’uomo, girato
di tre quarti, esegue il vezzoso gesto di tenere in mano un paio di guanti ed
ha una veste trattata pittoricamente con moltissima cura, elementi questi che
ci fanno collocare l’opera nel XVI secolo.
Dovendo
trovare delle matrici ad una tale opera, senza dubbio ci si appresta ad
osservare la ritrattistica cardinalizia, ed ecclesiastica in generale,
cinquecentesca: ciò di cui ci si accorge è che la postura dell’effigiato in
analisi è quella tipica dei ritratti ufficiali a partire dal Giulio II di Raffaello [1]
[Fig. 2], così come di sua invenzione è il gesto lezioso di tenere in mano un
oggetto di uso quotidiano, sia esso un fazzoletto, una missiva, un guanto o un
libro.
Non è raffaellesco il rapporto diretto con lo spettatore, veicolato dallo sguardo
della persona ritratta, tipico, invece, dei ritratti di Tiziano [2] ,
come, ad esempio, il Paolo III
[Fig. 3] [3] ,
di Sebastiano del Piombo [4] , come
il Reginald Pole [Fig. 4] [5]
e di Scipione Pulzone [6] , ad
esempio il suo ritratto di Alessandro
Farnese [Fig. 5] [7] .
Anche la presenza della tenda e della luce proveniente da un esterno intuibile
o appena accennato ha una sintomatica casistica negli autori già citati.
Pertanto, riconosciute le
matrici/influenze e ipotizzata una datazione, verosimilmente post 1527 (anno del Sacco di Roma ad
opera dei lanzichenecchi), sulla base del confronto con opere di genere analogo
e con un personaggio ritratto dalle medesime caratteristiche sociali e
dall’uguale incarico ecclesiastico, si arriva all’individuazione dell’opera
conservata presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna, custodito nella Gemäldegalerie
(Inv. n° GG_3380), menzionato come Ritratto
di Cardinale [8] ed
attribuito al pittore fiorentino Jacopino del Conte [9] .
La biografia e le opere del pittore
in questione, nato a Firenze intorno al 1515 e morto a Roma nel 1598, sono
ripercorribili principalmente grazie alle due voci enciclopediche del Dizionario Biografico degli Italiani
redatte da Adolfo Venturi [10]
e da Enrico Bassan [11] ,
dalla breve biografia dedicata a Jacopino dal Vasari nell’edizione
torrentiniana delle Vite e dai
contributi che Federico Zeri [12]
dedicò a questo artista, che fu oggetto della sua tesi di laurea.
Dalle notizie riportate, ci viene
presentato come allievo di Andrea del Sarto [13] ,
sebbene nelle sue opere vi siano importanti componenti riferibili a
Michelangelo [14] ,
Pontormo [15] e Ridolfo
del Ghirlandaio [16] ,
questi ultimi due proprio in relazione all’attività ritrattistica.
È a partire dagli anni '30 del XVI
secolo che Jacopino inizia ad emanciparsi dalla pittura sartesca e ad
avvicinarsi ai caratteri scultorei della pittura michelangiolesca e al vigore
muscolare delle sculture dello stesso Buonarroti, in quegli anni occupato a
Firenze nell’ultimazione dei lavori del complesso laurenziano, con particolare
riferimento alle sculture delle tombe medicee della Sagrestia Nuova [Fig. 6] e di Baccio Bandinelli [17] ,
che nel 1534 termina l’Ercole e Caco
per Piazza della Signoria [Fig. 7]: queste influenze sono ben visibili in
opere come la Madonna con Bambino e San
Giovannino degli Uffizi [Fig. 8] riconducibile a questi anni.
La prima grande opera autonoma è il
gruppo di pitture murali realizzate per l’Oratorio di San Giovanni Decollato a
Roma tra gli anni '30 e gli anni '40 del Cinquecento: nella realtà di questo
cantiere, il primo all’interno del quale sicuramente lavora, viene a contatto
con altri artisti suoi contemporanei, come Pirro Ligorio [18]
e Semolei [19] , ma,
soprattutto, con il suo futuro rivale Francesco Salviati [20] .
Analizzando anche uno solo dei
riquadri realizzati dall’artista, ad esempio l’Annuncio a Zaccaria [Fig. 9] e confrontandolo con una delle parti
realizzate dal Salviati, ad esempio la Visitazione
[Fig. 10], si possono facilmente comprendere le motivazioni della loro
competizione, rintracciabili nelle comuni matrici raffaellesche, riconoscibili
soprattutto nella quinta architettonica organizzata su delle scale, ben
visibile nella Predica di San Paolo ad
Atene [Fig. 11] per gli arazzi sistini e nei due affreschi della Stanza di Eliodoro raffiguranti la Messa di Bolsena [Fig. 12] e la Liberazione di San Pietro [Fig. 13], e nell’ambientazione spazio
– temporale contemporanea derivata dagli affreschi per le cappelle Tornabuoni
[Fig. 14] e Sassetti [Fig. 15] realizzate da Domenico Ghirlandaio [21]
e bottega, dai quali estraggono e ripropongono anche delle figure ben precise,
con l’intenzione di citarli letteralmente.
Altra fondamentale attività svolta
dal del Conte nei suoi anni romani è quella di ritrattista, della quale si
hanno pochi, ma significativi, esempi certi.
Il suo modulo ritrattistico,
adottato in seguito dal suo allievo Scipione Pulzone [22] , è stigmatizzato dal suo celeberrimo ritratto di Michelangelo Buonarroti [Fig.
16], eseguito intorno al 1540 ed ora custodito presso il Metropolitan Museum of
Art di New York: lo sguardo, leggermente corrucciato, è rivolto verso lo spettatore,
la luce proviene da una probabile finestra sulla destra, intuibile dietro una
sorta di pilastro, in primo piano vi è la nodosa e stanca, ma forte, mano
dell’infaticabile scultore, posto di tre quarti rispetto al riguardante.
Entro queste caratteristiche è
collocabile il Ritratto di Cardinale
di Vienna. Sulla base dello studio di Michela Corso [23] , è possibile confermare l’identità dell’effigiato con il Cardinal Niccolò Gaddi,
appartenente ad una importante famiglia di banchieri fiorentini con, all’attivo,
uno dei più potenti banchi romani finanziatori della corte pontificia,
porporato dal 1527, fu Vescovo di Fermo. Proprio grazie ad una lettera ad
Alessandro Farnese di Paolo Giovio del 1545 [24]
apprendiamo che il Cardinale aveva portato con sé a Fermo il pittore: è
probabilmente da questa occasione che nasce il ritratto.
Così come viene commentato dal
Vannugli [25] , il
ritratto del Cardinal Gaddi è considerato «il più monumentale esempio della
ritrattistica cardinalizia dello Jacopino maturo», totalmente aderente ai
canoni della ritrattistica ufficiale sul modello pontificio raffaellesco e
confermato da quello di Tiziano. Il Gaddi è ritratto di tre quarti, seduto su
un sedile riccamente decorato, con lo sguardo intenso rivolto verso lo
spettatore, come per instaurare un rapporto empatico e psicologico; le mani, la
loro agitazione, la loro gestualità, insieme allo sguardo, esprimono la
vitalità del personaggio e rappresentano appieno il suo ruolo decisionale nella
loro retorica mimica. L’espressione, l’incarnato, i dettagli di arredamento e
dell’abbigliamento (con particolare attenzione alle piegoline della veste
bianca) sono ulteriori “documenti” a favore dell’autografia di Jacopino del
Conte, oltre ad uno studio sul solo busto del Cardinale di piccole dimensioni
(65,5 x 51,5 cm) dipinto su tavola e custodito ad Amsterdam, che presenta la
stessa intensità di sguardo ed una medesima connotazione psicologica [26] .
Quest’opera è da annoverarsi tra
quelle che il Vasari ricorda come «tavole e lavori in fresco pure assai in Roma
e fuori», non specificando le città dove si recò il pittore, ma facilmente
riconoscibile, sulla base dei documenti presentati in precedenza, con la Marca
di Fermo.
NOTE
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1948
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II (1948), pp. 181-183
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35-41
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Paolo
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dello Stato, Roma 1956-58
ZERI
1978
Federico
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WEISZ 1983
Jean S.
Weisz, Salvation through death; Jacopino del Conte's altarpiece
in the Oratory of S. Giovanni decollato in Rome, in Art
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BASSAN
1988
Enrico Bassan, Jacopino
del Conte, voce del Dizionario
Biografico degli Italiani - Volume 36, Enciclopedia Treccani, 1988
VANNUGLI
1998
Antonio
Vannugli, Jacopo del Conte, in “Allgemeines Künstler-Lexicon”, 20,
Leipzig 1998, pp. 600-602
COSTAMAGNA
2004
Philippe
Costamagna, Ritratti di esiliati fiorentini, in Alan Chong, Donatella
Pegazzano, Dimitros Zikos (catalogo della mostra a cura di), Ritratto di un
banchiere del Rinascimento: Bindo Altoviti tra Raffaello e Cellini, Electa, Milano, 2004, pp. 329-350
SPERONE – VOENA 2011
Gian Enzo Sperone e Marco Voena (cur.), Portraits/self-portraits from the 16. to the 21. century: 12 January-25
February 2012, catalogo della mostra tenuta a New York nella Galleria Sperone Westwater, New York, Sperone
Westwater, 2011, scheda relativa Portrait
of Cardinal Niccolo Gaddi
VANNUGLI
2013
Antonio
Vannugli, Scipione Pulzone ritrattista. Traccia per un catalogo ragionato,
in Scipione Pulzone. Da Gaeta a Roma alle Corti europee, catalogo della
mostra a cura di Alessandra Acconci e Alessandro Zuccari, Palombi, Roma, 2013,
pp. 25-63
CORSO
2014
Michela Corso, Jacopino
del Conte nel contesto artistico romano tra gli anni 30 e gli anni 50 del
Cinquecento, Tesi di Dottorato, ciclo XXVI, Università degli Studi “Roma
Tre”, Tutor: Silvia Ginzburg
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