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Il nastro di Möbius per la morfogenesi dell'architettura liquida  

Francesca Formiglia
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 19 Maggio 2021, n. 913
http://www.bta.it/txt/a0/09/bta00913.html
Articolo presentato il 29 Marzo 2021, approvato il 29 Aprile 2021 e pubblicato il 19 Maggio 2021
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Introduzione

Cos'è l'architettura liquida? Quale è la sua essenza?

Mi ero già imbattuta inconsapevolmente in architetture che possono appartenere a questa “etichetta”, senza realizzare quanto fossero completamente frutto del proprio tempo. Ad incuriosirmi particolarmente era il senso di spaesamento, estraniamento, quasi fastidio, come un prurito interno inspiegabile che provocava in molte persone il solo trovarsi di fronte a queste architetture, dalle sembianze mostruose, costituite sulla complicata geometria frattale, composte da labirinti cervellotici e superfici riflettenti.

Già Bruno Zevi lamentava la mancanza in architettura di un linguaggio che fosse diverso da quello classico, così facilmente comprensibile e digeribile agli occhi di tutti, abituati alle regole della simmetria, della geometria e dell'ordine.

Allora quale è il linguaggio dell'architettura contemporanea, che esprime realmente qualcosa del suo tempo e non frutto del rimaneggiamento di linguaggi passati ormai arcaici e desueti? La risposta è nel “liquido”. Liquido, che come Bauman 1 insegna, è il solo vero aggettivo da abbinare all'odierna società, così incline al cambiamento, abituata all'incessante trasformazione.

Basti vedere il particolare periodo storico che stiamo attraversando, afflitti da una pandemia mondiale, in cui la parola “certezza” avanza claudicante, a fatica.

Sfogliando poi le pagine dell'Enciclopedia delle arti contemporanee 2 a cura di Achille Bonito Oliva. in particolar modo il volume che fa riferimento al tempo inclinato, ovvero il tempo della magnifica scoperta di Albert Einstein, che ha dato il via nell'arte alle più grandi sperimentazioni avanguardistiche, mi sono imbattuta in un'architettura veramente singolare di Peter Eisenmann, la Max Reinhardt Haus. Ecco, qui si faceva riferimento esplicito al nastro di Möbius. Spinta dalla curiosità ho iniziato ad “indagare”.

Il nastro di Möbius esprime perfettamente (metaforicamente) il concetto di spazio-tempo espresso da Albert Einstein nella legge della Relatività. Il dentro e il fuori sono perennemente legati, così come lo spazio e il tempo non possono essere pensati separatamente. Non solo, è anche simbolo di continua trasformazione, proprio perché essendo una superficie ad una sola faccia, percorrendo idealmente la sua superficie da un punto X, e attraversando la stessa, si ritorna sempre a quel punto X di partenza.

Mi è sembrata così una figura estremamente moderna, qualcosa di lontano dalle semplici figure geometriche che conosciamo, qualcosa che possa essere ben espresso attraverso la lavorazione tramite programmi al computer, per la creazione di un'architettura veramente contemporanea.

Il foglio di carta e la penna tipici dell'architetto hanno lasciato spazio al cyberspace, termine estremamente caro a Marcos Novak.

L'intento di questo lavoro è dunque quello di elevare il nastro di Möbius e più in generale la topologia a chiave ermeneutica (una fra le molte) dell'architettura liquida.

La ricerca è soltanto frutto di un'osservazione, così come soltanto un'osservazione è stata la scoperta del nastro di Möbius da parte di August Ferdinand Möbius.

                            
                            

Il nastro di Möbius



Fig. 1 - Il nastro di Möbius e alcuni suoi parenti con torsioni
Fig. 1 - Il nastro di Möbius e alcuni suoi parenti con torsioni



L' Enciclopedia Treccani descrive il Nastro di Möbius come «superficie rigata non orientabile, con una sola faccia e un solo bordo e, pertanto, con caratteristica di Eulero. Può essere ottenuto a partire da un foglio rettangolare ABCD: si effettua una torsione di 180° del lato AB e lo si porta a coincidere con il lato CD, in modo che il punto A si identifichi con il punto D e il punto B si identifichi con il punto C» 3.

La scoperta del nastro avvenne ad opera di August Ferdinand Möbius nel 1858 circa. Come accade spesso per i grandi lavori scientifici e matematici, Möbius scoprì il suo nastro contemporaneamente a un altro matematico tedesco, Joahn Benedict Listing. Lavorando indipendentemente Listing incontrò la superficie per la prima volta nel luglio 1858 e pubblicò le sue scoperte solo nel 1861. Tuttavia Möbius sembra aver portato più avanti l'idea di Listing studiando in maniera approfondita il concetto di orientabilità e le sue correlazioni con le superfici a una sola faccia. Möbius considerò inoltre, altre superfici a una sola faccia che, come diceva, avevano la straordinaria proprietà di dare origine a oggetti con volume zero 4.

Questa figura topologica 5 ha da sempre affascinato sia matematici, sia lettori non specializzati. Con il trascorrere degli anni la popolarità e le applicazioni del nastro sono cresciute e oggi esso è entrato a far parte a buon diritto della matematica, della magia, della letteratura, della musica e dell'arte. È divenuto una metafora del cambiamento, dell'insolito, dell'iterazione e del rinnovamento. In effetti, ai giorni nostri è utilizzato come simbolo del riciclo in quanto rappresenta il processo di trasformazione dei materiali di rifiuto in risorse utili, quasi una trasposizione grafica del «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma» 6.

Il simbolo del riciclo fu progettato nel 1970 da Gary Anderson, uno studente della Southern California University a Los Angeles, il quale partecipò con il suo logo a un concorso nazionale sponsorizzato dalla Cointaner Corporation of America 7.


Per quanto anacronistico possa sembrare la prima rappresentazione del nastro di Möbius non sarebbe del XIX secolo, bensì molto più antica. Durante una giornata di studio svoltasi a Sassoferrato il 15 luglio 2017, sarebbe emerso che la prima rappresentazione del nastro risalga al III secolo d. C. in una decorazione musiva raffigurante Aion, proveniente dalla città di Sentinum.

Aion (in greco: Αἰών) è una divinità ellenistica associata al tempo illimitato, all'eternità, in contrasto con Chronos, che rappresenta invece il tempo che scorre, diviso in passato, presente e futuro. In questo mosaico, oltre alla figura di Aion, troviamo il tempo che scorre, rappresentato dalle quattro stagioni che circondano Tellus, dea romana della terra, protettrice della fecondità e dei morti 8.



Fig. 2 - Mosaico Aìon e Lo Zodiaco, Sassoferrato, III secolo d. C, oggi Gliptoteca di Monaco di Baviera
Fig. 2 - Mosaico Aìon e Lo Zodiaco,
Sassoferrato, III secolo d. C, oggi Gliptoteca di Monaco di Baviera



Bisogna chiarire che, sebbene sembri che la costruzione del nastro sia stata voluta dall'artista, ci potrebbe essere stata una motivazione di tipo squisitamente pratico in questa scelta: se si fosse disegnato lo zodiaco in un nastro e lo si fosse chiuso in un normale cerchio intorno ad Aion, alcune delle figure dello zodiaco sarebbero rimaste nella parte posteriore del nastro e non sarebbero state pertanto visibili. Introducendo un mezzo giro sulla parte posteriore, vale a dire, costruendo un nastro di Möbius, questo problema è stato superato dall'artista.

È stato ipotizzato che l'ouroboros simbolo antico che rappresenta un serpente mentre divora la sua stessa coda possa essere una sorta di antenato del nastro di Möbius; in un certo senso entrambi rappresentano il carattere ciclico del tempo.

Nell'illustrazione proveniente dal Chrysopeia di Cleopatra all'incirca contemporanea al mosaico sentinate, si vede un ouroboros, a forma di nastro di Möbius 9.

Fig. 3 - Un ouroboros dalla Chrysopoeia di Cleopatra, III d.C. ca., Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. 299 (= Collocazione 584), XI-XII sec. d.C.
Fig. 3 - Un ouroboros
dalla Chrysopoeia di Cleopatra, III d.C. ca.
Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana
gr. 299 (= Collocazione 584), XI-XII sec. d.C.



Il serpente metà bianco e metà nero rappresenta il bene e il male, perfezione e imperfezione, le due componenti che costituiscono la materia, Zolfo e Mercurio, uomo e donna, Sole e Luna che insieme creano il filius philosophorum o anche la lapis philosophorum (pietra filosofale) a seconda delle interpretazioni.  

Ma dunque gli artisti avevano ben chiare le implicazioni topologiche? Forse è solo un caso, potremmo parlare di topologia ante litteram. D'altronde la scoperta di Möbius, come abbiamo asserito diverse volte, è frutto di una semplice osservazione, niente di più.

                     
                     
                     

Max Bill

Le proprietà di Möbius tuttavia, hanno sedotto molti personaggi del mondo dell'arte. Il famoso pittore, grafico e scultore Max Bill ha iniziato a realizzare nastri senza fine. Lo racconta nel suo articolo del 1972 Come cominciai a fare le superfici ad una faccia unica: «Marcel Breuer, il mio vecchio amico della Bauhaus, è il vero responsabile delle sculture ad una faccia sola. Ecco come accade fu nel 1935 a Zurigo, dove insieme a Emil e Alfred Roth stava costruendo le case di Doldertal che ai loro tempi ebbero grande seguito. Un giorno Marcel mi disse di aver ricevuto l'incarico di costruire, per una mostra a Londra, un modello di casa, dove tutto, perfino il camino, doveva essere elettrico. Ci era ben chiaro che un camino elettrico che splende ma non ha fuoco non è un oggetto dei più attraenti. Cominciai a cercare una soluzione, una struttura che si potesse appendere sopra ad un caminetto e che magari girasse nella corrente d'aria ascendente, e grazie alla sua forma e al movimento, agisse come sostituto delle fiamme. L'arte invece del fuoco! Dopo lunghi esperimenti trovai una soluzione che mi sembrava ragionevole» 10.



Fig. 4 - Max Bill, Nastro senza fine,
Anversa 1953-56
Fig. 4 - Max Bill, Nastro senza fine, Anversa 1953-56


Bill stesso scrive: «Sin dagli anni Quaranta pensavo ai problemi di topologia. Da essi sviluppai una specie di logica della forma. Le ragioni per cui venivo attratto da questo tema particolare sono due: 1) l'idea di una superficie infinita (che è tuttavia finita) e l'idea di un infinito finito; 2) la possibilità di sviluppare superfici che, come conseguenza delle leggi intrinseche , portino quasi inevitabilmente a formazioni che provano l'esistenza di una realtà estetica. Ma sia 1) che 2) indicavano anche un'altra direzione. Se le strutture topologiche esistessero solo in virtù della loro realtà estetica, allora nonostante la loro esattezza, non avrei potuto esserne soddisfatto. Sono convinto che il fondamento della loro efficacia stia in parte nel loro valore simbolico; essi sono modelli per la riflessione e la contemplazione».

René Huyghe, dell'Accadémie Francaise, nel suo libro Formes et Forces: de l'atome à Rembrandt ha dedicato un capitolo intero al tema della continuità e discontinuità, con precisi riferimenti alla topologia nell'arte contemporanea: «Pertanto la scienza, dagli inizi del ventesimo secolo, nel 1905, ha smesso di aggrapparsi al discontinuo ed è stato necessario concepire uno spazio non più piatto come nella geometria euclidea, ma curvo [...] la topologia, la cui dottrina fu enunciata da Bernard Riemann, diventava possibile; con essa venivano finalmente concepite delle realtà geometriche le cui proprietà potevano sussistere dopo una deformazione continua e venivano quindi liberate della servitù delle misure e dei rapporti quantitativi. La continuità prendeva posto nel mondo, fino ad allora fisso della geometria, in cui l'avevano introdotta Eulero con i sette ponti e Möbius con il suo nastro rimasto famoso. Questo stabiliva la coesistenza e la contraddizione di una forma definita, a due facce, e del suo percorso unitario nel tempo, percorso per il quale non presentava che una faccia» 11.


Pensare liquido

Nell' Enciclopedia Treccani fra i neologismi compare la definizione di “società liquida”: «Concezione sociologica che considera l'esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile» 12.

L'idea di modernità o società “liquida” è dovuta, come è noto, a Zygmunt Bauman e rappresenta l'epoca del disimpegno, dell'elusività, dell'evasione facile e dell'inseguimento senza speranza. In questo tipo di società a dominare sono i più elusivi, quelli liberi di muoversi senza dare nell'occhio 13.

Si arriva dunque al nocciolo della questione: in una società che si scioglie inevitabilmente nel liquido, perdendo ogni punto di riferimento solido, caratterizzata da una marcata individualizzazione del singolo e da una incapacità di stare fermi in uno stato di quiete, si apre il sipario sull'architettura. “Ripensata”, come aveva auspicato Zevi, secondo lo stesso infatti «Nel corso dei secoli, una sola lingua architettonica è stata codificata: quella del classicismo 14».

La prima definizione di “architettura liquida” giunge nel 1993 da parte di Markos Novak, «un'icastica chiave di lettura della contemporaneità nella sua accezione di multiforme determinazione dal virtuale al reale» 15.

L'architettura liquida in questo conteso veniva indissolubilmente legata al cyber-spazio, che permette attraverso sistemi software di rielaborare forme architettoniche complesse, rendendole duttili e malleabili, dunque liquide. Le figure generate digitalmente vengono completamente manipolate dai progettisti, ridisegnati secondo la natura formale e la plasticità del contesto. Il cyber-spazio apre a un nuovo universo, realtà virtuale, multidimensionale, creata attraverso le reti della comunicazione globale. Un universo in cui mancano vincoli propri dello spazio e del tempo, un universo non inerziale 16. Novak scrive:

Una architettura liquida nel ciberspazio è chiaramente un'architettura smaterializzata, un'architettura che non si accontenta più solo dello spazio, della forma e della luce, e di tutti gli aspetti del mondo reale. È un'architettura di relazioni mutevoli tra elementi astratti» 17.

Dove trovare allora i germi di questo linguaggio liquido nell'architettura? Arriva prontamente la risposta di Stefano Colonna, il quale fa derivare il concetto di “liquido” dall' “anticlassico” di arganiana memoria. Nel saggio del 1930 Giulio Carlo Argan coglie quelli che Milizia considerava come errori nell'architettura palladiana, come germi, appunto, del codice anticlassico. Definizione oggetto di un'importante monografia dello stesso Argan: Classico anticlassico: il Rinascimento da Brunelleschi a Bruegel edita a Milano da Feltrinelli nel 1984. Da qui si sviluppa il pensiero di Zevi, che con toni provocatori, «riflette sul valore politico dell'anticlassico inteso come rifiuto degli schemi obbligatori imposti dalle dittature nei termini di cogente simmetria e parallelismi architettonici di natura claustrofobica» 18.

Colonna si spinge oltre dopo aver individuato una genesi per l'architettura liquida, prova ad interpretarla, offrendo quattro chiavi ermeneutiche che possano offrire un sistema per la classificazione dell'architettura stessa.

Gli elementi che Colonna individua sono quattro e possono così riassumersi:

  • Labirinti

  • Frattali

  • Specchi

  • Mostri

Proviamo ora a fare luce su ogni chiave ermeneutica, fornendo gli adeguati esempi, affinché il nostro non resti un discorso teorico.

Labirinti. L'archetipo del labirinto ha un riscontro in gran parte della storia dell'uomo e in tutta la sua produzione artistica. Anche quando ci sono stati mutamenti di gusto e di indirizzo culturale, il labirinto è sopravvissuto mutando senza estinguersi, proprio come certi organismi viventi, adattandosi alle nuove condizioni, assumendo nuovi messaggi e connotazioni 19.

Esiste un legame ancestrale tra l'architetto e il labirinto, un legame articolato e arduo da decifrare e classificare. Se, come ha detto Bruno Zevi, l'architettura è soprattutto una questione di “spazio interno”, allora il labirinto è l'essenza stessa dell'architettura, il sogno proibito dell'edificio, una forma di complesso edipico che l'architetto instaura col mito. Il labirinto entra prepotentemente, in quanto archetipo, nei disegni e nei discorsi degli architetti, in quel complesso circuito produttivo di immagini e significati volti a interpretare e trasformare l'ambiente 20.

Il labirinto nel contesto dell'architettura liquida serve all'architetto come “elemento di messa a sistema”, vale dunque come sistema teleologico, ovvero finalistico, che si avvale a sua volta di sistemi scientificamente fondati per arrivare a muovere gli affetti dello spettatore in maniera estetico-percettiva 21.

Frank O. Gehry lo utilizza nel momento così drammatico di contrapposizione fra le “monadi architettoniche” nel Guggenheim Museum di Bilbao. Lo sguardo dello spettatore si inserisce tra gli elementi che compongono l'architettura nel suo insieme ed è costretto a fare continui cambi di visione a causa del moltiplicarsi dei punti di illuminazione, per via dello sfaccettamento delle superfici e del conseguente assommarsi di diversi livelli di chiaroscuro che invitano l'occhio ad una continua ridefinizione del punto di inquadratura, come se fosse impossibile mettere a fuoco solo su una parte. Si può affermare con certezza inoltre che lo studio per la costruzione di monadi in contrasto operata da Gehry a Bilbao sia stata ispirata da studi sulla cinetica e l'ottica, l'idro e l'aereodinamica 22.

Fig. 5 - Frank O. Gehry, Guggenheim Museum, Bilbao, 1997
Fig. 5 - Frank O. Gehry, Guggenheim Museum, Bilbao, 1997

Frattali. La parola frattale è un neologismo coniato da Benoit Mandelbrot nel 1970 che deriva dal latino fractus, che significa interrotto, irregolare. La geometria frattale è nata agli inizi del XX secolo grazie agli studi di Gaston Julia e ha trovato il massimo sviluppo con l'avvento degli elaboratori elettronici che hanno permesso la visualizzazione delle curve e degli insiemi frattali. La geometria frattale aiuta a comprendere le forme presenti in natura. Queste forme presentano infatti delle ramificazioni, delle irregolarità, delle frastagliature, delle ripetizioni della forma su diverse scale 23.

La geometria frattale è presente ad esempio nelle felci, nei rami di pino e ginepro. In essi è evidente sia l'irregolarità che l'autosomiglianza. Nel corpo umano strutture riconducibili ai frattali sono osservabili nei neuroni, nelle fibre nervose, nel muscolo cardiaco, nei vasi sanguigni, nell'albero bronchiale 24.

Questa irregolarità, questo frastagliamento richiama senz'altro l'idea di caos, che secondo gli antichi sarebbe una confusione originaria della materia informe, prima che il mondo sia ordinato 25.

L'esempio più convincente di utilizzo di geometria frattale nell'architettura liquida è il National Museum of Qatar di Jean Nouvel, dove oltre al rimando alle geometrie tipiche del minerale locale, la cosiddetta “rosa dei venti” , si può notare la volontà di costruire forme complesse derivanti dall'intersezione di corpi solidi di forma irregolare. I corpi solidi costruiti da Nouvel sono così complessi che è stato particolarmente difficili reinterpretarli con gli strumenti CAD esistenti e si è dovuto ricorrere a sofisticate implementazioni ed aggiornamenti del software 26.

Il progetto di Nouvel, inoltre, risulta complesso anche da un punto di vista ideologico, fondendo sia le componenti indigene del Qatar, ovvero quegli elementi identificativi che devono far sentire ciascun abitante dello Stato arabo in casa propria nel momento della visione, sia le componenti della cultura figurativa europea anticlassica dell'arte del XX secolo 27.

Risponde perfettamente alle architetture liquide descritte da Marcos Novak, essendo infatti un edificio di scultura digitale, nato nel contesto del frenetico spazio contemporaneo “cyber spaziale” 28.



Fig. 6 - Jean Nouvel, National Museum of Qatar, Doha 2010
Fig. 6 - Jean Nouvel, National Museum of Qatar, Doha 2010

Specchi. Nella teoria di Lacan, “Lo Stadio dello Specchio 29” è possibile comprendere il significato che lo psicoanalista attribuisce all'immagine riflessa nello specchio, che definisce la costituzione del punto in cui si genera l'io 30, la coscienza di sé e la costituzione del soggetto. Avviene quindi, l'identificazione di un io, e un riconoscimento che porta allo sdoppiamento tra soggetto reale e la sua immagine ideale 31. Sdoppiamento e quindi “doppio”, l'aspetto che a noi maggiormente interessa in riferimento all'architettura liquida, perché proprio nella veste del duplice è affrontato il tema dello specchio. Si guardi l'opera Rem Koolhaas nell' Ampliamento del Museo Nazionale delle Belle Arti in Québec, architettura del 2013. La scelta del tema dello specchio in Koolhaas deriva da un'oculata riflessione sulle teorie concettuali di Michelangelo Pistoletto, Daniel Buren e Bertrand Lavier, tutti artisti che si sono cimentati sul tema dello specchio in chiave concettuale.

Ad esempio, per Pistoletto, lo specchio rappresenta la metafora della vita, è infatti un dispositivo assai comune che riesce a tenere una serie di contraddizioni: lo statico e il dinamico, l'ordine e il disordine, il costante e il mutevole, il visibile e l'invisibile. Ogni dispositivo, come scrive Deleuze, «è una molteplicità nella quale operano tali processi in divenire, distinti da quelli che operano in un altro» 32.

Ancora l'opera di Koolhas trova un confronto convincente in Côte à côte (2008) di Daniel Buren, oppure Bagatelle (1990) di Bertrand Lavier 33.

In questo senso il tema dello specchio nell'architettura liquida deve molto agli studi della psicologia contemporanea sulla formazione dialettica dell'io. L'architettura di Koolhaas possiede la capacità di far interagire gli spazî interni con gli spazî esterni tramite un uso sapiente e ponderato delle proprietà opacizzanti e riflettenti del vetro. Risulta infatti importantissima la ricchezza delle modalità di fruizione dell'edificio liquido durante le varie fasce orarie diurne e notturne, e sotto le conseguenti e diverse fasi di illuminazione naturale ed artificiale. Inoltre lo sfruttamento delle trasparenze, lucide o opache che siano delle superfici perimetrali permette l'attivazione psichica di significati nascosti, appositamente studiata per fornire un'interpretazione profonda dell'oggetto museale il quale, interagendo intellettualmente con il fruitore, diventa a sua volta soggetto mitopoietico che riesce ad intercettare le istanze culturali del nuovo spettatore liquido 34.



Fig. 7 - Rem Koolhaas, Ampliamento del Museo Nazionale delle Belle Arti del Québec, Quebec City 2013
Fig. 7 - Rem Koolhaas, Ampliamento del Museo Nazionale
delle Belle Arti del Québec
, Quebec City 2013



Mostri. Il mostro, enigma che evoca mistero e stupore, perde, a partire dal XIX secolo, la sua meraviglia per acquisire un nuovo significato e porsi al centro dell'arte e delle speculazioni dei filosofi della natura.

È abbastanza insolito incontrare in un dipinto o in una scultura contemporanea l'aspetto di un corpo che rispetti le leggi di un'anatomia normale. Si prova quasi un distacco imbarazzato nella rappresentazione di un viso e nella rappresentazione di un nudo che obbediscano alle cosiddette regole accademiche. Le forme mostruose che l'arte contemporanea ostenta, saranno considerate al contrario come manifestazioni di un individuo liberato dai suoi limiti, dalle sue alienazioni, dalle sue conformazioni, o persino come simbolo di un'umanità svincolata finalmente dalle catene della ragione e dei canoni che reprimono la bellezza 35.

L' “anomalia” sarebbe soltanto una delle forme della normalità, forse la più ricca, la più avanzata. Essa diviene in arte, come nelle scienze della vita, l'elemento che sembra spiegare per contrasto, la formazione del “normale” 36.

La mostruosità diviene l'oggetto di una scienza naturale in cui il mostro cessa di essere un oggetto particolare per trasformarsi in un soggetto comune d'esperienza.

Un esempio convincente dell'applicazione del tema del “mostro” nell'architettura liquida può essere il Kunsthaus di Graz, realizzato dagli architetti Peter Cook e Colin Fournier, frutto della vittoria del concorso europeo del 1999 37. L'edificio si presenta come un «bozzolo nodoso ma allo stesso tempo dalla pelle liscia 38». Un mostro sì, ma dalle sembianze di simpatico mostriciattolo, tanto da vedergli affibbiato il soprannome di “Friendly Alien”. La forma biomorfica del Kunsthaus presenta degli interessanti precedenti nell'opera dell'architetto, scenografo, artista e scultore Frederik Kiessler. Si rompe con il concetto classico dello spazio cubico per trasformare il suddetto spazio in un luogo aperto alla vita ed eliminare definitivamente la netta divisione fra pavimento, pareti e soffitto della scatola muraria. Vi è l'espressione di forze vitali intensificate fino al punto di un'intrinseca espansione, così guardando il “Friendly Alien” si ha l'impressione di vedere un organismo vivente che respira e sembra quasi che i suoi spazî interni vivano di questi respiri e si modifichino in base alla condizione dell'organismo.

Organismo che in un certo senso riprende anche il Gaudì di Barcellona, così interessato agli esoscheletri di grandi dimensioni in chiave darwiniana 39.



Fig. 8 - Peter Cook e Colin Fournier, Kunsthaus, Graz 2003
Fig. 8 - Peter Cook e Colin Fournier, Kunsthaus, Graz 2003, Quebec City 2013



Le tematiche tuttavia, non sono sempre trattate singolarmente, alcuni temi possono incrociarsi, come il labirinto che ben si abbina al mostro, o lo stesso mostro che può abbinarsi al “doppio” e dunque allo specchio, ripercorrendo l'esperienza di Giona.

Quello che tenteremo di dimostrare nelle prossime pagine è quanto il nastro di Möbius incarni perfettamente tutti e quattro i temi, contemporaneamente, in un continuo rimando. La topologia più in generale, può offrire una via all'architettura liquida?

                      
                      
                      

Si può parlare di architettura topologica liquida?

Di cosa si occupa in sostanza la topologia? Si occupa di studiare le proprietà geometriche che rimangono invariate quando le figure sono sottoposte a trasformazioni continue, anche quelle così profonde da perdere tutte le proprietà metriche e proiettive; ovvero le proprietà topologiche sono proprietà che non cambiano in seguito alle trasformazioni geometriche più generali, ad esempio quando si sottopongono le figure a piegamenti o stiramenti, senza però tagli o strappi. Le figure geometriche conservano le loro proprietà qualitative.

La topologia è anche nota come “geometria del foglio di gomma” poiché ammette tutte le trasformazioni possibili di una figura disegnata su un foglio di gomma quando si deforma a piacere, senza strapparlo o lacerarlo 40.

La nascita ufficiale della Topologia avviene con la pubblicazione nel 1895 del volume Analysis Situs scritto dal matematico francese Jules-Henri Poincaré, nonostante il termine sia in realtà utilizzato per la prima volta nel 1847 da Listing nel titolo del suo libro Vorsyudien zur Topologie e problemi di topologia si possono trovare nei lavori dei matematici Leonardo Eulero, August Ferdinand Möbius e George Cantor.

Verrebbe da chiedersi allora cosa hanno in comune la geometria e l'architettura essendo due discipline distinte e autonome. La geometria tuttavia, è una condizione necessaria dell'architettura in quanto tecnica di rappresentazione dello spazio, strumento di composizione architettonica ed anche valore della struttura formale del progetto. La geometria, nel suo carattere di sistema logico è strumento di definizione della configurazione architettonica; essa consente di disciplinare i processi creativi innescati dall'intuizione, dando all'architettura un terreno di razionalità 41.

L'assunzione della geometria topologica in alternativa alla geometria euclidea si basa sulla considerazione che quest'ultima sia riduttiva e fuorviante, essendo scienza delle figure più che dello spazio 42.

Oggi la topologia esercita fascino e riscuote interesse su vari architetti proprio perché riguarda intuitivamente il concetto di corpo elastico, di corpo deformabile e perché implica la dinamica della forma, ovvero la sua variazione. A livello teoretico l'applicazione in architettura del punto di vista dinamico offerto dalla topologia cambia il modo tradizionale di concepire forme e volumi: abbandonando il mito della forma ideale, la forma viene intesa dagli architetti non in modo platonico cioè come un qualcosa di già dato, di preesistente, ma come il risultato di un'azione dinamica di trasformazione dalla quale essa scaturisce; si tratta di un'idea di forma plastica e flessibile continuamente modificabile secondo una variazione continua 43.

Oggi nel linguaggio architettonico si utilizza il termine “liquido” in riferimento ad una forma fluida, malleabile o anche, in altri termini, ad una massa informe. Ed ancora, la conquista del volume libero implica, poi, in architettura l'emancipazione dallo spazio consueto ortogonale in favore di uno spazio fluido, differenziato, continuo. Le deformazioni curvilinee delle superfici avvengono come si sa nel tempo, implicando oltre che una variazione continua dello spazio anche una variazione temporale e la variazione spazio-temporale in termini fisici significa dinamismo, il che vuol dire che il dinamismo è insito nelle forme stesse che si inflettono temporalmente. E allora, forte motivo di attrazione da parte di taluni architetti per la topologia è proprio l'idea di spazio topologico considerato nella sua accezione di spazio dinamico, di spazio-tempo. Le nozioni topologiche della trasformazione e della continuità si intrecciano con le tematiche architettoniche della flessibilità, della fluidità e del dinamismo 44.

Nelle considerazioni della Di Cristina si ritrovano tutti gli assiomi fondamentali per la concezione di un'architettura liquida. Si “ritrova” il pensiero di Zevi che auspicava una rottura con la geometria euclidea e il suo collegamento all'architettura classica che per niente soddisfa le vere esigenze dell'uomo. Si “rincontra” Bauman, in quanto in una società così incline al cambiamento, alla trasformazione, anche l'architettura deve rispondere a queste condizioni, essendo essa stessa, “traduzione”, per dirla alla Rugino, di “momenti” significativi della storia dell'uomo. Da ultimo e non per ultimo si “ritrova” Novak, in quanto avere l'idea di una forma plastica continuamente modificabile secondo una variazione continua, è in linea con la sua considerazione di architettura nel Cyberspazio, infatti il progettista non guarda all'oggetto in sé, ma alla processualità nella quale questo è inserito, con la sua genesi e le sue successive trasformazioni.

                      
                      

Continuità e discontinuità: Möbius

«In quel periodo provavo una strana avversione inesplicabile per l'abitare in cubi per superfici piane ed angoli, e per le casse da oggetti domestici, alias mobili. Nello svegliarmi e nel fantasticare il mio sguardo si rifiutava di essere ribaltato da muri orizzontali e verticali… cominciavo a progettare case nate dalle mie fantasticherie. Creazioni pazze tanto all'esterno tanto all'interno che però mantenevano sempre l'equilibrio statico, malgrado la più estrema dinamica» 45.

Con queste parole Hermann Finsterlin, esponente dell'Espressionismo tedesco, auspicava ben prima di Zevi, la nascita di un'architettura nuova, slegata da stilemi classici.

Parola chiave che si può dedurre dalle parole di Finsterlin è dunque “continuità”. In architettura la relazione di continuità, secondo l'interpretazione tradizionale, è essenziale per le configurazioni che rivelano una certa fusione degli elementi-massa o degli elementi spazio 46.

Considerando però l'ideale di continuità secondo un'ottica rovesciata rispetto a quella tradizionale di cui sopra, le forme plastiche della curvatura ma anche della torsione e della piegatura, riferibili alla flessibilità della geometria topologica, sono capaci di produrre delle “differenziazioni” all'interno di un continuum. La superficie topologica che si curva o si piega sopra e in sé stessa produce una “Variazione continua della materia”; la manipolazione progettuale del continuo determina una distinzione di zone spaziali senza che queste siano separate 47.

La piega è un continuum topologico che Peter Eisenman ha teorizzato come tecnica compositiva, investigata poi da altri architetti come Greg Lynn, Jeffrey Kipnis e Bahram Shirdel. La piega produce la divisione del continuo. La teoria della piega si richiama al concetto leibniziano di materia intesa come esplosiva e continua e si fonda sulla filosofia di Gilles Deleuze, il quale asserisce che un corpo flessibile o elastico ha parti coesive che formano una piega, così che esse non sono separate in parti di parti, ma sono piuttosto divise all'infinito.

L'Alteka Office Building a Tokyo di Eisenman offre un esempio chiaro della teoria della piega, ma non solo, anche un primo significativo confronto con Möbius. Lo stesso architetto scrive «Supponiamo per un momento che l'architettura possa essere concettualizzata, con un nastro di Möbius, come continuità ininterrotta tra interno ed esterno. Che effetto avrebbe questo sulla visione? Gilles Deleuze ha proposto tale tipo di continuità con la sua idea di ripiegatura. Per Deleuze, lo spazio ripiegato costruisce un nuovo rapporto tra orizzontale e verticale, figura e piano, interno ed esterno» 48

L'idea del paradosso di Möbius, quello cioè di una superficie con una sola faccia, non orientabile e percorribile in modo continuo, cosicché non è più possibile definire se si tratti di un interno o un esterno, sembra aver ispirato Eisenman nell'ideazione del Max Reinhardt Haus di Berlino del 1992.



Fig. 9 - Peter Eisenman, Max Reinhardt Haus,
Berlino 1992
Fig. 9 - Peter Eisenman, Max Reinhardt Haus, Berlino 1992

Un'architettura che letteralmente si ripiega su se stessa in modo da configurare un oggetto che assomiglia ad una sorta di versione tridimensionale del singolo nastro.

Interessanti ai fini del nostro discorso risultano essere i tentativi di Frederik Kiesler, che ancor prima rispetto ad Eisenman e precisamente a inizio degli anni Trenta, tenta di conformare lo spazio domestico sulla base della teoria del correalismo, secondo la quale non esistono oggetti isolati, ma tutto è connesso con tutto. Lo stesso Kiesler definisce il correalismo come una ricerca delle leggi di relazioni fra organismi naturali e artificiali. Nell'Endless House degli anni quaranta, primi anni cinquanta, Kiesler articola lo spazio secondo una forma quadrilobata che è il prodotto della piegatura di un nastro continuo, una sorta di nastro di Möbius che mette in stretto rapporto interno ed esterno, rendendo esperibile e tangibile il concetto di infinito 49.

Fino a qualche anno fa, questi erano progetti utopici, e molti lo sono ancora; gli architetti si divertivano a disegnare progetti. Irrealizzabili, quando non impensabili 50.

Non impensabili, questo è il tratto fondamentale. Ciò che si vuole dimostrare infatti, è che senza la topologia, sarebbe difficile riuscire a parlare di architettura fluida.

Nuove tecnologie digitali, nuove tecniche costruttive, unite all'utilizzazione in architettura di nuove forme mutuate dagli ultimi studi della matematica moderna e contemporanea, hanno profondamente mutato l'idea stessa di architettura.

                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      
                      


Möbius nelle architetture liquide



Fig. 10 - Friederik Kiesler, Endless House, 1958-59
Fig. 10 - Friederik Kiesler, Endless House, 1958-59

Il loop infinito del nastro di Möbius ha ispirato la letteratura, l'arte, la scienza. Ma come si pone in relazione all'architettura? L'architettura è qualcosa di più complesso, in quanto deve soddisfare anche un'esigenza pratica, che sia quella dell'abitare, dell'esporre, del vivere; può essere fruita attraverso gli occhi, ma anche attraverso gli altri sensi. «Ha cura delle cose mortali e sollecitudine per le terrene e non ha nulla a che vedere con gli dèi del cielo» così si legge nel De nuptiis Philologiae et Mercurii, un'operetta enciclopedica e didattica scritta nel V secolo a. C. da Marziano Cappella dove l'architettura e la medicina vengono escluse dalle arti liberali, poiché prime discipline che la cultura occidentale ha riconosciuto come moderne, in quanto sottoposte unicamente al vaglio di una razionalità che non ha alcunché di trascendente, ma che si fonda su una logica del tutto terrena 51.

La valenza simbolica del nastro di Möbius, come abbiamo osservato in precedenza, è molto forte. È possibile dunque trovare Möbius in architetture fluide, ma ancor più nel dettaglio, può essere una chiave ermeneutica (ancor di più la topologia in generale) per la comprensione dell'architettura liquida?

Per rispondere a questi interrogativi, si propongono degli esempi.

Si consideri la Möbius House di UNstudio come capostipite di una serie di progetti in cui la fluidità non è solo interna al progetto, ma si può riscontrare a livello concettuale anche sulla scala interprogettuale.



Fig. 11 - Ben Van Berkel, Casa Moebius (progetto), 1993
Fig. 11 - Ben Van Berkel, Casa Moebius (progetto), 1993



La casa a Het Gooi (1993-1999) prende forma sulla base di un diagramma determinato dal famoso anello di Möbius: una linea continua a forma di infinito in cui le due parti, che in questo caso rappresentano una coppia di intellettuali che hanno ampie sfere di autonomia personale, sono in alcune zone indipendenti in altre intrecciate. Il progetto viene risolto attraverso l'atto di avvolgere su se stesso un nastro.

Il progetto della Möbius House nasce dal voler integrare il programma e gli spazî di una residenza privata con un paesaggio vario e ricco 52.

Gli architetti Ben van Berkel e Caroline Bos di UNStudio discutono l'impatto sull'architettura delle nuove scoperte scientifiche. Le scoperte scientifiche hanno radicalmente cambiato la definizione del termine “spazio” attribuendogli una forma topologica. Anziché come modello statico di elementi costitutivi, si percepisce lo spazio come qualcosa di malleabile, mutevole, e la sua organizzazione, la sua ripartizione, la sua appropriazione diventano elastiche. La casa di Van Berkel ispirata al nastro di Möbius è pensata come una struttura programmaticamente continua, che integra il continuo mutamento di coppie dialettiche scorrevoli che fluiscono l'una nell'altra, dall'interno all'esterno, dalle attività di lavoro a quelle del tempo libero, dalla struttura portante alla struttura non portante 53.

Il tema conduttore della Möbius House è il movimento e il nastro di Möbius ne è il principio ordinatore. Alla base vi è lo studio sulle diverse modalità di fruizione dello spazio domestico durante una giornata-tipo dei committenti, che essendo due entità, si muovono ognuna sulla propria traiettoria, ma condividono alcuni momenti di vita. Essendo la rappresentazione grafica di una giornata di vita familiare, il diagramma ha una dimensione spazio-temporale su cui sono trasposti due diversi modi di percorrere la casa. Le due orbite si intersecano e compenetrano in alcuni punti demarcando i momenti di condivisione del tempo e dello spazio e si allontanano in altri. Alle diverse parti del nastro sono associate le azioni che ognuno dei due utenti svolge, separatamente o insieme, all'interno della casa. Diverse zone del nastro rappresentano i luoghi deputati al sonno, al lavoro e al soggiorno di ognuno dei due occupanti: muovendosi lungo il nastro si susseguono le varie attività in un continuum spaziale.

All'interno di questa struttura unica, gli ambienti sono predisposti per le diverse funzioni, ma possono venir utilizzati in maniera flessibile, infatti lo spazio della casa non è suddiviso e gli ambienti si susseguono in maniera sequenziale e fluida. Le distinte aree di lavoro dei due padroni di casa sono inserite all'interno degli altri spazî abitativi senza soluzione di continuità. Le diciture classiche di camera da letto, soggiorno o studio, vengono sostituite dalle espressioni sleeping, living, working, a sottolineare l'azione che vi si svolge. Il nastro di Möbius si è così trasformato in un modello spaziale e poi trasposto in forma architettonica.



Fig. 12 - La rotonda, il cerchio e l'arco come elementi costituitivi della struttura a nastro di Möbius. Progetto per la National Library, Astana, Kazakistan, 2009
Fig. 12 - La rotonda, il cerchio e l'arco come elementi costituitivi
della struttura a nastro di Möbius

Progetto per la National Library, Astana, Kazakistan, 2009





Fig. 13 - Big (Bjarke Ingels Group), Progetto per la Biblioteca nazionale, Astana, 2009
Fig. 13 - Big (Bjarke Ingels Group), Progetto per la Biblioteca nazionale, Astana, 2009



Il progetto di BIG (Bjarke Ingels Group) per la Biblioteca Nazionale di Astana in Kazakistan è anch'esso significativo ai fini della nostra ricerca. Su una superficie di circa 33'000 mq si inserisce un gigantesco nastro di Möbius, come intersezione di due forme principali: il cerchio e la spirale. L'organizzazione razionale e lineare della biblioteca è unita al loop dell'infinito.

Nelle volontà dei progettisti vengono combinati quattro archetipi:

  • Il cerchio, che vuole riprendere l'antica biblioteca d'Alessandria

  • La rotonda

  • L'arco di trionfo

  • La Yurta, tipica abitazione della popolazione nomade asiatica

Il puro diagramma del cerchio combinato con un percorso “serpeggiante” crea un'istituzione che è rigorosa, ma al tempo stesso giocosa, circondata da un parco che vuole essere “libreria vivente” di alberi, minerali e rocce, per permettere ai visitatori di conoscere il territorio kazako dalla città di Almaty fino ad Astana.

Il volume si compone di una struttura circolare, ben illuminata ed ariosa, ospitante le biblioteche, e di una serie di edifici pubblici che avvolgono l'anello circolare delle biblioteche, dall'interno all'esterno, dal basso verso l'alto, offrendo viste suggestive sul paesaggio circostante e sullo skyline cittadino.

La relazione tra le strutture interdipendenti (il cerchio perfetto delle biblioteche e la spirale degli edifici pubblici) dà vita a un edificio che adotta contemporaneamente un'organizzazione orizzontale, dove biblioteca, museo e attività di supporto sono collocati uno accanto all'altro, ed un'organizzazione verticale, in cui le funzioni sono impilate l'una sull'altra.
La “pelle” della struttura costituisce il terzo elemento significativo del progetto: l'involucro cinge con andamento diagonale e continuo i due elementi architettonici della composizione (cerchio e spirale) e mette in relazione gerarchia verticale e connettività orizzontale.

Il nucleo circolare interno contenente le collezioni della Biblioteca presidenziale è suddiviso in 42 partizioni corrispondenti al numero di lettere dell'alfabeto cirillico kazako. I tre ponti principali del cilindro sono, in linea di principio, uno spazio integrato con circolazione interna che consente un accesso continuo e intuitivo a tutti i supporti memorizzati. Aperta a qualsiasi organizzazione: alfabetica, cronologica o decimale la libreria circolare coniuga la massima flessibilità con la massima accessibilità.

Su tutti i lati, dentro e fuori, l'archivio circolare si interseca con gli spazî comuni, le sale di lettura, le sale studio, gli auditorium, il museo e l'amministrazione, rendendo la biblioteca il cuore programmatico oltre che spaziale dell'istituzione.

La spirale ad anello invece è divisa in due sistemi separati. Una traiettoria continua di servizi e sale aggiuntive come auditorium, sale di lettura, strutture di ricerca, uffici amministrativi, sale riunioni e piccole conferenze, una sezione VIP e la sede presidenziale. La spirale intrecciata consente inoltre un auditorium dal soffitto doppio e strutture per conferenze. La struttura a gradini della spirale circolare offre condizioni ottimali per gli auditorium grazie alla pendenza e combina la chiarezza continua con la variazione spaziale.

Un percorso pubblico corre lungo la spirale circolare dal basso verso l'alto dell'edificio circoscrivendo il nucleo cilindrico dentro e fuori, trasformando il vuoto del sistema a doppia facciata in un atrio continuo che collega visivamente e spazialmente tutti i livelli.

Le piastrelle fotovoltaiche sulla facciata assorbono l'energia dal sole fornendo allo stesso tempo un'ombreggiatura passiva. Inoltre, l'aria circola naturalmente tra lo spazio interno della struttura interna e la zona di comfort climatico naturalmente regolata dell'atrio.

La Biblioteca nazionale dei manufatti culturali si trova in una biblioteca biologica vivente e geografica dei paesaggi del Kazakistan. Una sezione trasversale del terreno kazako da sud a nord, che collega Almaty e Astana, costituisce l'ambientazione dell'edificio. La vegetazione e gli elementi topografici diversi che vanno dalla regione dei monti Altai, al deserto di Betpak-Dala e al lago Balkhash a sud, alle steppe di Sary-Arka e alle foreste di conifere a nord sono distribuiti intorno alla Biblioteca in uno schema radiale. I percorsi di circolazione sono strategicamente intrecciati dappertutto per consentire l'accesso pedonale da tutti i bordi del sito, fornendo anche a ogni visitatore, sia che arrivi a piedi o in auto, un'esposizione completa alla diversità del paesaggio. Il terreno montuoso ridimensionato è integrato nella base dell'edificio creando un canyon naturale che consente l'accesso sotto la facciata a sbalzo. Un visitatore che fa un tour della Biblioteca Nazionale non solo sperimenterà la collezione presidenziale e otterrà un panorama prominente della nuova capitale, ma acquisirà anche un'idea della gamma del paesaggio, della flora e della fauna kazaka.

«L'edificio della Biblioteca Nazionale trascende le tradizionali categorie architettoniche come pareti e il tetto. Come una yurta il muro diventa il tetto, che diventa pavimento, che diventa il muro di nuovo», ha affermato Thomas Christoffersen, capogruppo del progetto firmato BIG 54.



Fig. 14 - Vincent Callebaut, Swallow's Nest, Taichung, 2013
Fig. 14 - Vincent Callebaut, Swallow's Nest, Taichung, 2013





Fig. 15 - Vincent Callebaut, Swallow's Nest, Taichung 2013
Fig. 15 - Vincent Callebaut, Swallow's Nest, Taichung 2013



Lo Swallow's Nest è la proposta spettacolare dello studio Vincent Callebaut Architectures, per il futuro centro culturale, situato nel nuovo "Gateway Park" che si trova sul sito del vecchio aeroporto della città di Taichung, a Taiwan. Lo studio propone una “bioarchitettura”, come afferma lo stesso Vincent Callebaut infatti: «Si deve assistere ad una nuova convergenza tra mondo vivente e mondo della tecnologia per dare avvio a una trasformazione di alchimie complesse. Questa trasformazione spinge l'architetto a diventare savant-adventurer, un saggio avventuriero. L'uomo ha costruito architettura per proteggersi dalla natura distanziandosi sempre più da essa. È giunto il momento di riconciliarsi con essa» 55.

L'ambiziosa architettura organica, presa ora in considerazione procede da una geometria rigorosa e complessa. Callebaut con questo edificio sperimenta con forme matematiche e geometrie complesse. La pianta dei vari piani si sviluppa attraverso la ripetizione dell'anello di Möbius per ben 8 volte, ogni volta incrementando l'angolazione di 45 gradi per compiere un'intera rivoluzione intorno all'asse centrale costituito dal largo patio della costruzione. Queste spirali orizzontali formano tre volumi che svettano, liberando il passaggio sotto di esse, accogliendo i visitatori e direzionando i flussi dei passanti. La pianta è infatti studiata per agevolare l'accesso tra le due aree residenziali di Gateway Park. Il cortile dà l'illusione di una forma infinita, illusoria, esattamente come l'anello di Möbius deve perdersi con lo sguardo ingannato dalle forme delle facciate che si riflettono sul giardino acquatico con un gioco di specchi infiniti. Sostando nel patio lo sguardo del visitatore si apre da entrambi i lati sul verde di Gateway Park. L'ampia piazza offre un riparo piacevole per gli spettatori del teatro con la biglietteria, il bar e i negozi sapientemente inglobati nella struttura, mentre un parco di sculture caratterizza il paesaggio esterno.

L'edificio si appoggia su tre gruppi di pilastri che sorreggono la struttura e la innalzano dal terreno, e che fungono da spazî per i flussi verticali. Queste torri sono ricoperte da vegetazione in modo da creare giardini verticali interni che servono sia per il raffrescamento sia come decorazione (impossibile che l'architetto rinunci al verde in una sua opera). All'interno si prediligono la luminosità, le forme sinuose e colori chiari. I piani sono aperti su tutti i lati, sia nel patio interno sia verso la città. Callebaut gioca tutto sulla trasparenza aumentando l'effetto di spettacolarità dell'edificio. Le facciate intelligenti, ricoperti di vetri e-low e “pixellate” con celle fotovoltaiche per garantire una quantità di approvvigionamento elettrico, controllano l'accesso della luce naturale. Allo stesso modo le celle servono per assicurare una facciata oscurata e possono essere disposte strategicamente per tutelare opere e spazî nell'area museale, oppure fornire ombra dove la superficie della finestra è pressoché orizzontale 56.

I tre pilastri principali sopportano tre enormi volte, che ospitano gli spazî espositivi delle opere d'arte del museo e della biblioteca, veri e propri hub di connessione tra il patio centrale e il centro culturale, la città e il parco. Risultato? Questo concept strutturale permette di liberare completamente il suolo, trasformandolo in un immenso giardino acquatico e floreale.

I pavimenti sono attraversati da strutture verdi: tre giardini verticali che accolgono i visitatori dall'agora centrale. Le pareti di vetro d'e-low glass intelligenti, che integrano mini celle fotovoltaiche, vantano effetti di traslucidità progressiva e un alto tasso d'isolazione termica: l'edificio è previsto ad emissione zero. Questo nido di rondine votato alla biodiversità, vuole essere un progetto pionieristico che simboleggia l'armonia della scienza e della natura. «Ideato all'immagine del nastro di Möbius, è un centro culturale senza fine, che interrogherà, intrigherà e sveglierà i neuroni dei suoi visitatori» spiega il belga Vincent Callebaut, architetto visionario, noto per i suoi progetti futuristici, come ad esempio Dragonfly, una fattoria a New York, pubblicata da Futurix nel 2009.

Ci si è voluti soffermare solo su alcuni esempi in cui il riferimento a Möbius è davvero evidente, in quanto, dà forma all'architettura, tuttavia in molte opere di Frank O. Gehry o di Zaha Hadid è impossibile non cogliere un riferimento alla topologia e più in particolare a Möbius stesso, magari “nascosto” tra volumi sinuosi.

Si ricordi infatti che per la sezione Istallazioni della Biennale di Architettura di Venezia del 2008 fu presentato il progetto di Zaha Hadid e Patrick Schumacher, Lotus, diviso tra una sala delle Corderie e i saloni di Villa Malcontenta, una delle costruzioni più famose del Palladio, sul fiume Brenta, lontano da Venezia. Partendo dalle rigide proporzioni geometriche della villa palladiana, mediante un algoritmo matematico, sono state realizzate forme che «nel mezzo dell'ambiente edificato esistente», sia nella sala delle Corderie sia nella villa, propongono «un sistema di arredi racchiusi tramite cui sedurre e catturare il mondo immediato e quello più distante». Modificando, trasformando le regole, «anziché rappresentare un sistema già addomesticato di norme interne, la sala Lotus seduce attraverso le pieghe dal ritmo ondulato, le sue esclusioni, la sua riconfigurabilità e la sua capacità di restare al di fuori delle categorie 57. Il riferimento a Möbius è particolarmente significativo.

Di nuovo un continuo rimando come in un nastro di Möbius, dall'anticlassico di Palladio, si arriva al liquido, l'installazione si scioglie nell'ambiente occupando lo spazio in maniera topologica.



Fig. 16 - Zaha Hadid & Patrick Schumacher, Algorithm, project Lotus, 11.a Mostra Internazionale di Architettura, Venezia, 2008
Fig. 16 - Zaha Hadid & Patrick Schumacher, Algorithm, project Lotus
11.a Mostra Internazionale di Architettura, Venezia, 2008



Conclusioni

Ripercorrendo la storia del nastro di Möbius è stato così possibile comprenderlo fino in fondo, dalla sua scoperta, alla sua applicazione meccanica, dal suo manifestarsi negli oggetti di tutti i giorni, fino all'invisibilità delle molecole, che pur compongono il nostro mondo.

Una figura duplice, ambigua, che però può riuscire davvero a rendere omaggio pienamente all'architettura liquida. Proponendola come chiave ermeneutica, ci si rende conto di quanto sia in fin dei conti un riassunto delle precedenti chiavi ermeneutiche già proposte finora (labirinto, specchio, geometria frattale, mostro).

Esprime bene la tematica del labirinto, un labirinto unicursale in cui è facile perdere l'orientamento, ben espresso ad esempio nel film di Gustavo Mosquera, in cui un convoglio della metropolitana si disperde nella nuova linea, che ha inconsapevolmente creato un nastro di Möbius, da cui i protagonisti non riescono ad uscire.

Riprende la tematica dello specchio, nella sua accezione di “doppio”, in quanto la duplicità è la caratteristica chiave del nastro, interno ed esterno sono uniti in un inestricabile presente, in quanto superficie non orientabile, impossibili da discernere.

Si collega alla geometria frattale, in quanto loop infinito, ma anche attraverso le trasformazioni di Möbius che oltre ad essere utilizzate in fisica e in matematica, possono essere sfruttate per produrre stupefacenti immagini artistiche di frattali.

Infine ben si sposa con l'idea di mostro in quanto richiama l'ancestrale figura dell'ouroboros, non è un caso se ad esempio una delle prime rappresentazioni del nastro sia proprio sotto forma di questo serpente che si morde la coda nella Chrysopoeia di Cleopatra.

Dunque è possibile che in architettura le superfici ordinarie cedano il passo al nastro di Möbius: un'unica superficie che diviene interno ed esterno. Un solo lato e un solo bordo, in un involucro fluido che piega gli orizzonti in una spazialità liquida. Lo spazio attraversabile diviene una finestra sulla piazza, punto di riflessione, ed istantanea sugli orizzonti del proprio tempo.

Con questo non si vuole dire che nella città del futuro saremo circondati da nastri di Möbius ovunque e per qualunque tipo di edificio, ma che il nastro può offrire una via all'architettura liquida, in quanto contiene dentro di sé una nuova concezione spaziale, ma anche una nuova concezione geometrica, a farla da padrona è senza dubbio la topologia.

L'architettura topologica fluida è una realtà dei nostri tempi. Nuove tecnologie digitali, nuove tecniche costruttive, unite all'utilizzazione in architettura di nuove forme mutuate dagli ultimi studî della matematica moderna e contemporanea, hanno profondamente mutato l'idea stessa di architettura. Da sempre vi è stata una grande relazione tra la matematica e l'architettura, dall'antica Grecia ai tempi moderni. Le nuove idee di spazio e le nuove geometrie hanno contribuito a modellare l'idea di spazio in architettura in maniera completamente diversa. È una lunga storia che continua. È una tradizione radicata nella storia dell'architettura. Dal punto di vista del matematico è una questione di grande interesse, anche se magari tanti architetti, maggiormente legati alla storia e alla tradizione, pensano che la moderna architettura fluida e topologica non sia architettura. Dimenticando che il tradizionale legame tra matematica e architettura cambia come cambia la matematica e l'idea di spazio.

La “fluidità” è una delle parole chiave dell'architettura contemporanea. E senza la topologia, la scienza delle trasformazioni continue, sarebbe stato difficile immaginare queste nuove forme. Il nastro di Möbius dunque offre l'esempio archetipo di utilizzo della topologia nell'architettura fluida.

Ciò che più interessa agli architetti che teorizzano sulla logica della curvilinearità e delle pieghe è il significato di termini come “evento”, “evoluzione” e “processo”, vale a dire, del dinamismo connaturato alle configurazioni fluide e flessibili di ciò che oggi si definisce “architettura topologica”. Per “topologia architettonica” si intende la variazione dinamica della forma agevolata dalle tecnologie digitali, dal CAD e dai software di animazione. La topologizzazione della forma architettonica secondo configurazioni complesse e dinamiche porta il progetto di architettura verso una nuova e spesso spettacolare plasticità, sulla scia del Barocco e dell'Espressionismo organico. Ed ecco cosa intende per “topologia architettonica” uno dei più interessanti architetti “virtuali”, Stephen Perrella, scomparso nel 2008: «La topologia architettonica è la mutazione della forma, della struttura, del contesto e del programma in modelli compositi e dinamiche complesse. Negli ultimi anni, si è sviluppata una sensibilità progettuale grazie alla quale le superfici architettoniche e gli elementi topologizzanti della forma vengono esplorati in maniera sistematica e inclusi in diversi programmi architettonici. Influenzato dall'intrinseca temporalità dei software di animazione, della augmented reality, della produzione industriale computerizzata e, in generale, dell'informatica, lo “spazio” topologico differisce da quello cartesiano perché in esso gli eventi temporali diventano parte integrante della forma. Lo spazio, dunque, non è più un vuoto al cui interno sono contenuti soggetti e oggetti; lo spazio, invece, si trasforma in una fitta e interconnessa rete di particolarità e singolarità che si potrebbe definire “materia” o “spazio pieno”» 58 . Osservazioni in cui confluiscono idee sulla geometria, sulla topologia, sulla computer graphics, sullo spazio–tempo, e si potrebbe continuare. Perché i nessi, i fili di Arianna della cultura nel corso degli anni hanno funzionato: nuove parole, nuovi significati, nuovi legami, nuove influenze, nuove forme, nuovi spazî. In un processo senza fine. In cui le idee della matematica sullo spazio sono parte fondamentale.

                     
                     
                     

NOTE

1 Zygmunt Bauman (1925-2017) è stato un sociologo, filosofo e accademico polacco

2 BONITO OLIVA 2015, p. 72

3 DEFINIZIONE MÖBIUS

4 PICKOVER 2006, p. 29

5 Il vocabolo topologia, formulato da Listing, non è altro che la traduzione greca di quello latino usato da Poincaré. Problemi di topologia furono affrontati da eccellenti matematici, uno dei primi a occuparsene fu Elulero. Egli nel 1736 affrontò e risolse il famoso problema dei “sette ponti di Königsberg”. La città di Königsberg percorsa dal fiume Pregel e dai suoi affluenti, presenta due estese isole che sono connesse tra di loro e con le due aree principali della città da sette ponti. La questione è se sia possibile con una passeggiata seguire un percorso che attraversa ogni ponte una e una volta sola e tornare al punto di partenza. Eulero dimostrò che la passeggiata ipotizzata non era possibile a causa del numero dispari di nodi che congiungevano gli archi (ossia delle strade che congiungevano i ponti). La soluzione di Eulero diede origine alla teoria dei grafi, che si sarebbe poi evoluta dando origine appunto alla topologia.

6 La citazione è di Antoine-Laurent de Lavoisier (1743-1794) chimico, biologo, filosofo ed economista francese.

7 PICKOVER 2006, pp. 19-20

8 CATANI, SILVESTRI 2017, pag. 124

9 MÖBIUS BEFORE MÖBIUS, p. 7

10 BILL 1977, pp. 23-25

11 HUYGHE 1971, p. 236

12 SOCIETA' LIQUIDA

13 BAUMAN 2012, pp.133-140

14 ZEVI 1984, p. 10

15 COLONNA 2014, p. 11

16 MARINI 2016, p. 10

17 Ivi, p. 67

18 COLONNA 2014, p. 11

19 Ivi, p. 41

20 Ivi, p. 79

21 COLONNA 2016 , p. 12

22 Ibidem

23 SALA, CAPPELLATO 2004, p. 15

24 Ivi, p. 33

25 Ivi, p. 20

26 COLONNA 2016, pag. 12

27 SCANU 2014, p. 2

28 Ivi, p. 4

29 J. Lacan nel 1936 presentò la relazione «Lo Stadio dello Specchio» in un congresso della International Psycho–analytic Association, tenutosi a Marienband, in cui con questa espressione descrisse la fase fondamentale dello sviluppo psichico del bambino che si realizza tra i sei e i diciotto mesi. Lacan si riferisce al fatto che esso riconosce la propria identità individuando la propria immagine riflessa allo specchio. Lo psicoanalista attribuiva allo «Stadio dello Specchio» una funzione fondamentale per la costituzione del soggetto, che si attua dall'esterno per mezzo dello specchio e intellettualmente attraverso l'immagine di altri. Il suo insegnamento fu quasi del tutto orale, ma una parte è stata pubblicata nel 1966 in Scritti e Seminari, iniziata nel 1975 e ancora in corso.

Naturalmente le sue opere sono state di grande rilevanza sia per la psicoanalisi, che per lo studio critico di opere d'arte di diversi periodi e tipologie.

30 L'Io in psicoanalisi è una delle tre istanze psichiche, accanto all'Es e Super–Io. L'io è preposto ai rapporti con la realtà ed è influenzato dai fattori sociali.

31 SIMEONE 2009, p. 16

32 Ivi, pag. 339

33 COLONNA 2016, pp. 11-15

34 COLONNA 2014, p. 20

35 CLAIR 2015, p. 141

36 Ivi, p. 142

37 TAVELLA 2017, pag. 2

38 COOK 2003, p. 94

39 COLONNA 2016, p. 13

40 Ivi, p. 11

41 DI CRISTINA 2002, p. 12

42 Ivi, pag. 14

43 EISENMANN 1999, p. 19

44 DI CRISTINA 2005, p. 130

45 RICCI 1982, p. 8

46 DI CRISTINA 2002, p. 24

47 Ivi, p. 25

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CREDITI FOTOGRAFICI

  • Fig. 01: Clifford A. Pickover, Il nastro di Mobius, Apogeo Editore, Brugherio 2006, p. 11.
  • Fig. 02: Link, p. 3 (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 03: Link p. 7 (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 04: Max Bill, Come cominciai a fare le superfici a faccia unica, in A.C. Quintavalle, Max Bill, catalogo della mostra, Parma, 1977, Quaderno n. 38, Università di Parma, Centro studi e archivio della comunicazione, pp. 23-25 (traduzione di G. Pezzini)
  • Fig. 05: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 06: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 07: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 08: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 09: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 10: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 11: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 12: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 13: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 14: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 15: Link (consultato il 10/03/2021)
  • Fig. 16: Link (consultato il 10/03/2021)
    
    
                        
    

    Vedi anche nel BTA: USCITE DI ARCHITETTURA LIQUIDA

    
    
    
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